Cogito Ergo Sud

La nostra epoca Toro

Contro i granata vinciamo una Coppa Italia che segna non solo l’inizio di un decennio ma quella del sogno della Roma più forte di sempre. Vinciamo ai rigori, l’Olimpico s’infiamma

PUBBLICATO DA Tonino Cagnucci
08 Settembre 2025 - 06:30

Era un canto, non ricordo quando è nato ricordo che in finale contro il Torino lo cantava tutto lo stadio: “Coppa Italia sarà!”. Ritmato, convinto, sognato. Era il 17 maggio 1980, un anno dopo l’arrivo di Dino Viola, al termine della prima stagione di Viola, la Roma tornava a giocare per un trofeo. E non c’era la sensazione fosse un approdo, ma un posto da dove guardare altri paesaggi…

È verso sera, lo stadio bianco di marmo all’imbrunire si illumina di centomila fiammelle e sembra davvero un’astronave: sopra c’è la Curva Sud e la Roma che vince. Il 17 maggio 1980 la Roma, undici anni dopo e per la prima volta nella sua storia a casa sua alza al cielo la Coppa Italia. Anglo Italiano dei nostri ragazzi-beat a parte, era dal giorno della Coppa delle Fiere che la Roma non vinceva a Roma (anche se formalmente campo neutro, tanto è vero che su 16 raccattapalle 8 erano con la tuta della Roma e 8 con quella del Toro). La partita non è finita quasi con lo stesso punteggio solo perché si sono sbagliati 7 calci di rigore ai calci di rigore. Sotto la Nord.

 
Se Pruzzo i tifosi della Roma lo hanno imparato ad amare dal 17’ della ripresa di Roma-Atalanta, Franco Tancredi i romanisti se lo sposano adesso. Una cerimonia che va raccontata questa sequenza. Dopo due pali della Roma in 120’ finisce 0-0. Sorteggio, si tira sotto la Nord, la Roma per prima. Va Paolo Giovannelli (che a marzo ha segnato uno dei suoi gol più belli, il 2-1 alla Lazio). Tira e sbaglia, tocca a Mandorlini tira e segna. Si parte male. Si continua rimettendosi su un binario di “normalità”, cioè di possibilità: va Bruno Conti. Go. Ma Mariani fa altrettanto. 

Se già pesa l’errore di Giovannelli, come definire la situazione quando Michele De Nadai sbaglia? Appare talmente compromessa che Carlo Ancelotti comincia ad avviarsi verso gli spogliatoi. Va Greco. Com’è? Parato. Franco Tancredi tiene la Roma sotto solo di uno e adesso va Di Bartolomei. Agostino è uno che i rigori non li sbaglia mai, solitamente quasi da fermo, una botta, una fotografia e via. Ma Di Bartolomei stavolta prende una strana lunga rincorsa e Terraneo glielo para. Quattro tiri per la Roma e un gol, stavolta come fa a non essere finita? Va Ciccio… (odiosa, dolorosa citazione). Per il Torino va a tirare Graziani e se segna non è più un’ipotesi altamente probabile, ma matematica: il Torino vincerebbe la Coppa Italia. È  ancora un condizionale. Graziani tira alto! Siamo ancora in vita anche se restarci vuol dire una specie di un altro miracolo: tu devi segnare il tuo e sperare che sbagli il suo il Toro? Quante volte l’abbiamo persa questa Coppa che tra poco vinceremo?. Va il Capitano, Sergio Santarini, per tenere in vita il coro (“Coppa Italia sarà”), vedere accendere le fiammelle, partire con l’astronave: segna. 

Adesso l’impresa è ancora tale, ma sarà che siamo sopravvissuti già 2-3 volte dentro questa sequenza, che in fondo dirci “basta che pariamo un rigore e si continua” ci appariva una cosa altamente possibile. Tancredi uno lo aveva già parato, l’altro lo aveva fatto sbagliare. Tancredi va in porta portato da un coro “Tancredi! Tancredi!”. Sono tutte ripetizioni. In maglia granata c’è un grande calciatore, Eraldo Pecci, basta piazzarla e finisce. Basta, ma non la piazza. “Tancredi! Tancredi!” la para!! Sì due esclamativi ci stanno tutti, come il nome ripetuto: “Tancredi! Tancredi!”.
 L’Olimpico è uno stadio argentino, brasiliano, un vespaio, l’Olimpico è uno stadio romanista. Rocca si va abbracciare Tancredi che però sa che l’Opera non è finita. Si va a oltranza, come se noi non ci stessimo dal primo sbaglio di Giovannelli. Chi tira il sesto? Chi tira il primo di questo nuovo ordine mondiale? Carlo Ancelotti, il “Bimbo” che Turone era andato a recuperare mentre andava negli spogliatoi convinto di aver già perso. Quello che sarà l’allenatore più vincente della storia del calcio sta per vincere il suo primo trofeo della vita segnando con un tiro forte e centrale. Ma manca Renato Zaccarelli. Manca l’ultima incornata del Toro. Un mostro sacro del tremendismo granata, un grande giocatore. Allo stadio, però, si sente solo una cosa: “Tancredi! Tancredi!” che vola alla sua sinistra e prende la palla. Parata. Coppa Italia. Parata. La Roma vince la Coppa Italia. La prima Roma di Viola, la Roma di questi primi mesi degli Anni 80, della maglietta Pouchain, di Tancredi, Rocca, Conti, Ancelotti, Di Bartolomei, Pruzzo… Nils Liedholm vince una coppa che per i romanisti ha un sapore profondissimo e persino più dolce, ma che non inebria, sprona. Si apre un varco nuovo, una strada da percorrere. Si va nell’infanzia di questo decennio con la convinzione di un adulto.   Credo che la vittoria fosse destinata da questo canto. “Coppa Italia sarà”. Io credo al canto dei poeti e dei popoli. Da dopo questa partita in Curva Sud si comincerà a cantare “Tricolore sarà”. In fondo per raggiungerlo bisognava cambiare una parola, alzare un canto al cielo e aspettare le stelle cadenti il 10 agosto. Anzi, una sola.

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