Cogito Ergo Sud

Scordati di me

A me basta che da questo 17 giugno oltre a ricordare quel gol dall'oro in bocca di Totti, segni l'inizio di una squadra che abbia voglia di lavorare, lavorare, lavorare. E lavorare

PUBBLICATO DA Tonino Cagnucci
17 Giugno 2025 - 06:30

Ricordare il 17 giugno non esclude per niente rivolere un altro 17 giugno. Non solo perché non c’è futuro se non si ha memoria del passato, ma proprio come sprone: esempio vivo e non stantio omaggio. Le radici profonde non gelano scriveva Tolkien, ma dopo 24 anni e col caldo di giugno se non le innaffi sì. È il momento di alzare l’asticella, ma alla Duplantis: il Napoli ha vinto due Scudetti in tre anni, perché la Roma non può farlo? Almeno la Roma deve mirare a quello. Il Napoli non ha uno stadio di proprietà, non ha fatto tutti i sold out che facciamo da quattro anni, il merchandising non è mai stato il suo punto di forza, nell’anno del primo campionato vinto da Spalletti ha venduto Fabian Ruiz, Koulibaly, Mertens, Insigne, poi quest’anno per il bis con Conte, Osimhen, Zielinski, Kim e a metà stagione Kvara. Hanno vinto con Juan Jesus, Politano, Spinazzola e Lukaku… E non continuiamo così, perché bisogna cominciare a farci del bene. 

Non stupida e velleitaria ambizione, ma doverosa e obbligata necessità di saltare più in alto di quello che finora abbiamo immaginato (Europa a parte). Gian Piero Gasperini non era un pensiero previsto, il solo accostarlo alla Roma come idea è stata un’idea forte, coraggiosa. A me della simpatia di Gasperini non frega molto, anzi sì: spero che sia il più antipatico possibile, soprattutto agli altri. “Io amo essere odiato” cantava il poeta. Odiosissimo. Per quanto riguarda polemiche, veleni, precedenti più o meno verosimili contro di noi, mi basta che per la Roma abbia lasciato l’Atalanta, la Champions e pensare al rosicamento degli atalantini, e pure che per la Roma abbia  detto di no alla “sua” Juventus. A me basta che da oggi questo 17 giugno oltre a ricordare quel gol dall’oro in bocca di Totti, segni pure l’inizio di una squadra che abbia voglia di lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare, lavorare. Senza null’altro finale.

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