Mkhitaryan: "Avrei voluto ritirarmi a Roma, ma il club non fu chiaro con me"
Le parole del centrocampista dell'Inter, in giallorosso dal 2019 al 2022: "Nella Capitale sono rinato. Con Mourinho un rapporto diverso nel 2021-22"

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Nel corso del Festival dello Sport che si sta tenendo a Trento, Henrikh Mkhitaryan ha parlato della sua esperienza con la maglia della Roma. Ecco le dichiarazioni del centrocampista.
Quando ti sei trasferito alla Roma, su di te c'era anche il Milan?
"Tutto iniziò ad agosto, nel 2019. Mino (Raiola, ndr) mi disse che dovevamo cambiare, perché non ero felice. Mi chiese se preferissi Milan o Roma, io non sapevo cosa scegliere. Il Milan si stava concentrando su Tyson dello Shakhtar, così dissi a Mino che preferivo andare alla Roma. Per 5 giorni non ebbi novità. Poi arrivammo al 30 agosto, si giocava il derby Arsenal-Tottenham. Mezz'ora prima della riunione tecnica Mino mi disse: 'Cosa fai?'. E io: 'Vado a giocare'. E lui: 'Ah, va bene, ma subito dopo la partita hai il volo per Roma, dobbiamo firmare il contratto'. C'era il volo da Londra alle 7 di mattina. All'aeroporto una guardia mi chiese: 'Hai firmato? Sono romanista'. Da lì è nato il mio rapporto con la Roma".
Che cosa ricordi della passione dei tifosi della Roma?
"Da quel giorno in cui sono arrivato, ho visto un'accoglienza pazzesca. Ne avevo sentito parlare solo sui giornali. Sono molto grato alla piazza: la gente lì è pazza nel senso buono, ho vissuto 3 anni in cui mi sono divertito. Ho ritrovato la felicità ed il piacere di giocare a calcio. Dal primo giorno è andato tutto benissimo".
Ti senti più romano o milanese?
"Italiano. Ho passato 3 anni bellissimi a Roma, sono al quarto a Milano. Sono entrambi posti speciali per me. Uno dei miei figli è nato a Roma, l'altro a Milano".
Come hai fatto a ritrovare unità con Mourinho?
"Abbracciandoci a Tirana gli ho detto: 'Lo abbiamo rifatto'. Al mio terzo anno alla Roma, quando è arrivato José, abbiamo avuto un rapporto completamente diverso rispetto a Manchester. Magari è cambiato qualcosa in me, che ormai avevo 33 anni. Magari iniziavo a capire meglio il suo comportamento verso i giocatori. E lo ringrazio, forse ha visto che non ero più quello di Manchester".
Quindi era cambiato anche lui?
"Sì, era cambiato. Quanti Mourinho esistono? Solo uno, lo 'Special One'. Ho visto un Mourinho diverso, ma anche lo stesso che mi ha dato tanto e con il quale ho vinto anche a Roma un trofeo che si aspettava da tantissimo".
Il tuo trasferimento all'Inter è arrivato in ritardo rispetto a un anno?
"Tutto è iniziato dopo il secondo anno a Roma. Ricevetti una chiamata da Ausilio, mi disse che mi voleva all'Inter. A me andava bene, ma volevo che si chiudesse entro il 31 maggio, perché avevo l'opzione per il rinnovo. Lui mi disse che doveva prima vendere due giocatori. Io non volevo aspettare senza sapere. Non ci siamo più sentiti. Dopo la terza stagione parlai di rinnovo con Tiago Pinto. Lui sapeva che volevo chiudere la carriera a Roma. Magari non mi capirono o non credettero in me; magari volevano fare tutto a modo loro. E allora dissi di no: 'Per me l'importante è sentirmi importante per voi'. Mi offrivano un contratto di un anno più opzione. Giocammo poi contro l'Inter e io segnai a San Siro. Ausilio mi richiamò e mi dice che a quel punto erano sicuri e che Simone Inzaghi mi voleva. Dovevamo ancora giocare la finale di Conference League, ma dissi di sì perché la Roma non era stata molto chiara con me. Mourinho in questo caso non sapeva niente secondo me, o magari a lui dicevano che era tutto a posto. L'allenatore mi voleva, ma al contempo sapevo che Mourinho non poteva rimanere tutta la vita a Roma. Così decisi di andarmene. Mourinho mi disse: 'Parla con me, non con lui così facciamo le cose per bene'. Ma gli dissi che era già troppo tardi".
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