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Rocchi ammette: "Avrei dato il rigore". Ecco perché è (anche) una questione di protocollo

A fine partita il direttore di gara ha confessato a un dirigente giallorosso che se il Var lo avesse avvisato del fallo avrebbe dato il rigore

Le proteste con Rocchi durante Roma-Inter, di LaPresse

Le proteste con Rocchi durante Roma-Inter, di LaPresse

04 Dicembre 2018 - 07:00

La strada dei comportamenti corretti nel rapporto con l'istituzione arbitrale la Roma l'ha tracciata nel 2011, nel primo anno dell'era americana, e non l'ha mai rinnegata. E anche stavolta, dopo il clamoroso torto, stavolta ecumenicamente ritenuto tale da ogni singola componente del mondo del calcio (tranne forse Spalletti e il commentatore tifoso della seconda telecronaca di Sky), combinato dal mancato intervento del Var Fabbri rispetto alla decisione presa sul campo da Rocchi sul fallo di D'Ambrosio su Zaniolo, non ci sono state clamorose proteste o infuocate telefonate (peraltro vietate dalle norme federali), ma solo civili confronti nell'immediato post partita e le ironiche ancorché rigorose parole di Francesco Totti alle varie televisioni. Con la postilla di un'ammissione che invece di far digerire il boccone amaro, l'ha reso ancor più indigesto.

La posizione della Roma

Ma andiamo per gradi. La posizione della Roma è stata subito chiara: grandissima delusione per il mancato intervento del Var in un caso reso così trasparente dalle riprese da varie angolazioni e enorme rammarico per il secondo errore quasi consecutivo di questo tipo dopo il rigore ingiustamente assegnato a Firenze (e non rivisto al Var: in quel caso sarebbe stato tolto). Allora come domenica la Roma ha pareggiato partite che sarebbero potute finire anche in maniera diversa e, vista la situazione di classifica, questi mancati punti potranno incidere notevolmente sul futuro e sugli investimenti a breve termine della società. Non a caso, lo stesso Pallotta si è detto profondamente turbato da quel che era accaduto e non ha mancato di sottolinearlo a chi tramite sms gli ha chiesto a caldo un parere dall'Italia. Ma con gli arbitri direttamente è giusto toccare solo gli aspetti sportivi nella speranza di migliorare l'applicazione del protocollo Var, e quindi di correggere gli errori, e questa è stata la linea tenuta dalla Roma sia con Rizzoli, in occasione del recente incontro istituzionale (per la Roma partecipò il ds Monchi, che era anche stato l'unico eletto a parlare nel caldo dopopartita a Firenze), ed è quello che è stato ribadito domenica a Rocchi e Fabbri nei rituali saluti prima che gli arbitri lasciassero l'Olimpico.

Una questione di protocollo

Stona in particolare il curioso utilizzo del cosiddetto Home Field Review. Vero che è il Var segue un rigido protocollo imposto dalla Fida, ma di sicuro nessuno avrebbe rimproverato a Rocchi o al Var Fabbri l'"errore" di procedere ad una visione più approfondita dell'episodio. Questo, in fondo, chiede la Roma: il legaccio del "chiaro errore" quale conditio sine qua non per procedere ad una revisione rischia di diventare il paravento dietro al quale nascondere considerazioni molto meno nobili del rispetto del regolamento. E quindi, gli arbitri al Var dovrebbero coinvolgere maggiormente i loro colleghi in campo, senza condizionamenti di sorta: che si tratti di un collega più celebrato (al quale diventa difficile far notare l'errore commesso, leggi Fabbri con Rocchi) come di uno magari più antipatico (al quale per esempio si può far notare quasi con piacere la necessità di tornare sui propri passi), il Var deve poter fornire tutti gli strumenti necessari per evitare certi errori. Questo, almeno, finché non sarà rivisto il protocollo attualmente esistente: quello che oggi induce ad intervenire solo in caso di "errore chiaro ed evidente". Basterà in futuro indurre alla revisione già in caso di "ragionevole dubbio". Ci si fermerà qualche volta di più, ma le partite andranno come vorrà il campo, senza altre influenze.

L'ammissione di Rocchi

Perché poi al danno si aggiunge anche la beffa. E qui torniamo al discorso dell'ammissione fatta da Rocchi ad un non meglio identificato (o almeno, così è opportuno definirlo) rappresentante della Roma a fine partita. Senza troppi giri di parole, dopo aver rivisto l'errore nelle immagini televisive, l'arbitro toscano ha ammesso che se Fabbri l'avesse chiamato alla revisione del video a bordo campo, il rigore lo avrebbe assegnato perché il fallo era stato evidenziato dalle telecamere in tutta la sua evidenza. Dunque, il colpevole è Fabbri ed è contro di lui che saranno assunti i provvedimenti di cui ha parlato il capo degli arbitri Nicchi.

Una possibile spiegazione del perché Fabbri non abbia richiamato Rocchi alla revisione, non volendo prendere in considerazione l'ipotesi della deferenza nei confronti del collega più noto, l'ha fornita ieri Lorenzo Fontani di Sky, nella sua rubrica di approfondimento dei casi da moviola: «Probabilmente Fabbri ha dedicato la sua attenzione a qualche inquadratura e non a tutte quelle che invece andavano in televisione». Ma anche così, la storia non sta in piedi. Fabbri dovrà essere fermato. Nel silenzio della Roma che preferisce non aggiungere altro.

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