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Senza i black-out è Roma da vertice: ecco dove si può migliorare

Ha ragione Fonseca, la questione è mentale: la Roma domina i primi tempi e le partite all’Olimpico. I cinque minuti a Cagliari come a Napoli e Bergamo

27 Dicembre 2020 - 12:38

Al minuto 51.16 della partita che la Roma stava dominando con il Cagliari, Cristante ha fatto una cosa da difensore puro andando a sradicare dai piedi di Joao Pedro un pallone pericolosamente lanciato verso la porta di Mirante, ha servito Veretout che ha visto libero davanti a sé Mkhitaryan che ha lanciato nello spazio a quel punto vuoto Pedro. Fermiamo il fotogramma: la Roma sta vincendo 1-0, il Cagliari è alle corde e solo Cragno l'ha salvato più volte dalla capitolazione, lo spagnolo è lanciato da solo verso la porta avversaria, Ceppitelli lo rincorre in ritardo e dall'altra parte c'è Dzeko che lo acccompagna pronto a segnare a porta vuota. Ci sono tutte le premesse per il raddoppio che chiuderebbe virtualmente la partita in anticipo e godersi già il posibile terzo posto in solitaria alla vigilia di un Natale che per tanti altri aspetti non si preannuncia troppo felice. Facciamo ripartire il filmato: Pedro riprende la corsa, ma ora che fa? Ignora Dzeko e, davanti a Cragno, prova a saltarlo con un tocco sotto che però gli esce malissimo, il portiere del Cagliari controlla senza fatica il pallone e rilancia l'azione. Dieci minuti dopo questo episodio, il Cagliari ha pareggiato, ha preso una traversa e costruito altre due nitide palle gol. Eccoli i black-out della Roma. Ecco che all'improvviso la squadra giallorossa stacca la corrente, in campo i giocatori sembrano d'un tratto scollegati uno con l'altro, sui volti si disegnano smorfie di paura: così su un fallo laterale all'apparenza innocuo Joao Pedro salta con una finta Villar e Peres insieme, e pure Kumbulla sullo slancio, serve basso Simeone che sfiora il gol. Sulla rimessa in gioco, Mancini cerca un incomprensibile passaggio orizzontale come non ci fosse davanti Simeone, che invece c'è, prende, incarta, porta a casa e tira: alto. Altri trenta secondi e Cristante butta via un pallone senza neanche guardare, Walukiewicz anticipa di testa Dzeko e rilancia, Oliva anticipa di testa Mkhitaryan e allunga la traiettoria, Simeone anticipa di testa Cristante e la rialza, ancora Oliva anticipa di testa ancora Miky e rimanda avanti dove Joao Pedro anticipa di petto Mancini, si porta il pallone sul destro e appena fuori area scaglia il tiro che s'infila all'angolino: un rilancio sbagliato e quattro contrasti di testa persi, è anche così che non si vincono le partite e magari i trofei. E non è finita: passa un altro minuto e Kumbulla si fa portar via il pallone da Nandez e lo stende, punizione e giallo. Sul cross in area, Simeone va a saltare tra Peres e Villar e svetta, mandando di testa la palla sulla traversa. Una galleria degli orrori che per fortuna si ferma così com'era partita, all'improvviso.

L'importanza dei cambi

Stavolta infatti Fonseca è intervenuto subito. Ovviamente nessuno può realmente misurare l'incidenza delle sostituzioni effettuate dal portoghese rispetto al risultato poi maturato, così come a sensazione a Bergamo il tecnico era mancato nel momento clou del ribaltamento nerazzurro, ma è un fatto che, subito dopo l'1-1 e la successiva traversa, ha tolto dal campo Pedro (stanco e approssimativo) e Kumbulla (appena ammonito) inserendo Pellegrini e Ibanez, due "titolari" che hanno ridato un po' di fiducia alla squadra. Sta di fatto che da quel momento il Cagliari non è più stato pericoloso fino agli ultimi minuti, quando poi ha ottenuto il rigore del 3-2, dopo che la Roma aveva segnato con Dzeko e Mancini i due gol della tranquillità sfiorandone un altro clamoroso con Borja Mayoral. A che si devono dunque questi black-out che potevano costar carissimi anche col Cagliari dopo aver determinato le sconfitte di Bergamo e Napoli? Probabilmente si tratta di un mix tra una condizione psicologica (senti sfuggirti sul più bello un traguardo che avevi tanto desiderato) e una condizione fisica (la stanchezza per i tanti impegni ravvicinati che si fa sentire tutta insieme quando per l'appunto la mente obnubilata non libera più l'endorfina necessaria al proprio benessere psicofisico). Le grandi squadre sono più o meno immuni da questi sbandamenti proprio perché riconoscono in anticipo certe sensazioni e sanno porvi rimedio. Alla Roma ancora questa consapevolezza non c'è e il panico, al verificarsi di queste precondizioni, comincia a diffondersi liberamente.

Questione di personalità

Eppure senza questi black-out la squadra giallorossa sarebbe da vertice: è la squadra, ad esempio, che ha fatto più punti di tutti nel primo tempo, almeno per media gol, come dimostrano le classifiche specifiche che pubblichiamo qui a fianco. Il rendimento dei secondi tempi, invece, è deficitario: è al decimo posto, dietro Bologna e Benevento. Si potrebbe presupporre che sia dunque anche un problema di condizione fisica, ma a ben pensarci questo è stato evidente solo nella partita di Bergamo, contro una squadra che però quando dimostra tutto il suo potenziale psicofisico ha dimostrato in questi anni di poter strapazzare chiunque. E ci può stare al termine di un ciclo di nove partite ad alto livello giocate in 27 giorni di poter mollare qualcosa. Ma c'è un altro dato che smentirebbe la questione fisica ed è quello relativo alle classifiche scomposte tra rendimento casalingo e rendimento in trasferta. Anche in questo caso, il campionato della Roma denuncia comportamenti incoerenti: se, infatti, la squadra giallorossa all'Olimpico ha una media punti da scudetto (2,43: cinque vittorie e due pareggi in sette partite), lontana da Roma crolla miseramente (media 1,43 punti, tre vittorie, un pareggio e tre sconfitte in sette partite: hanno fatto meglio non solo tutte le grandi del campionato, ma anche Verona, Benevento e Sampdoria). E considerando il fatto che gli stadi sono vuoti, non ha incidenza evidentemente la pressione esterna, ma solo questioni che hanno a che fare con la consuetudine di muoversi nella propria comfort zone. Insomma più che nelle gambe è dalle parti della testa che Fonseca deve lavorare. Perché se è normale che i tanti giocatori inesperti che fanno parte della spina dorsale della squadra (i vari Karsdorp, Ibanez, Mancini, Kumbulla, Villar, Pellegrini) in certi momenti possano andare in confusione, è anche vero che il sostegno dei giocatori più maturi (Mirante, Smalling, Dzeko, Pedro e Mkhitaryan) dovrebbe essere più incisivo. La Roma giocherà in casa sei delle prossime sette partite: se si continuerà a far punti con questa costanza, ci sarà tempo anche per migliorare questi aspetti. E se crescerà l'autostima allora davvero il 2021 potrà essere sorprendente. Gli esempi al riguardo non mancano: chiedere alla Lazio l'anno scorso e al Milan in questo.

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