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Tatticamente

Scacco matto in 3 mosse. Un’altra laurea per De Rossi

Dalle scelte tattiche iniziali ai cambi obbligati fino alla gestione dell’ultimo slot: le mosse vincenti del nuovo guru romanista

De Rossi durante Roma-Milan

De Rossi durante Roma-Milan (GETTY IMAGES)

20 Aprile 2024 - 08:51

Se la partita d’andata era stata il capolavoro che sostanzialmente ha messo i sigilli sulla decisione che i Friedkin avevano ormai comunque preso di confermare Daniele De Rossi alla guida tecnica della Roma anche per il futuro, la partita di ritorno ha confermato che il calcio italiano si trova di fronte a un nuovo fuoriclasse della panchina. Lì dove può bastare un errore per creare un danno alla tua squadra, Daniele non solo non ha sbagliato nulla, ma - neanche troppo sottile differenza - ha azzeccato ogni mossa mandando così in confusione il più smaliziato avversario e anche i suoi giocatori, straniati e frustrati per l’incapacità di reagire sia alle avversità (il vantaggio iniziale della Roma nella prima e nella seconda partita) sia agli eventi favorevoli (la folle espulsione di Celik ad opera di Marciniak). Merito di una squadra dalle eccezionali potenzialità (adesso, finalmente, si vedono tutte), del suo meraviglioso allenatore, di chi tra 1000 difficoltà l’ha costruita e anche di chi adesso la gestisce con cura, e in questo senso comincia a stagliarsi netta anche la figura di Maurizio Lombardo, braccio destro di Lina Souloukou, fedele dirigente ombra sempre presente a smussare  ogni possibile asperità anche del gruppo squadra. Andando indietro nel film della splendida serata vediamo di isolare i tre punti chiave che hanno determinato la sfida, al netto della partecipazione di uno stadio che ancora una volta si è dimostrato un fattore che conta anche nella fin qui fortunata successione di eventi tra andata e ritorno: come per il Brighton, potrebbe non essere un problema giocare l’andata in casa con il Leverkusen (squadra che attacca e dunque concede e non gioca dentro un catino infernale), ma è stato meglio giocare il ritorno con Feyenoord e Milan all’Olimpico.

Com’era stata pensata

Cominciamo con le scelte iniziali: le solite, cervellotiche, di Pioli e quelle assai più razionali (altro che overthinking) di Daniele De Rossi.La Roma ha sostanzialmente ripetuto l’assetto pensato per l’andata, con El Shaarawy a destra a formare con Celik un doppio sigillo difensivo sempre pronto a ripartire alle spalle dei pigri Theo Hernandez e Leão, con Bove naturale sostituto di Cristante, Pellegrini pronto ad aprirsi a sinistra prendendosi poi Calabria nel suo inutile peregrinare per le vie centrali, con Lukaku e Dybala davanti e la difesa a quattro che ha ritrovato il suo migliore interprete, Smalling, al fianco di un Mancini che merita a questo punto anche un posto da  titolare nella nazionale agli Europei in qualità di miglior difensore italiano del campionato. Poche, stavolta, le indicazioni da assorbire: la Roma era messa bene sia in fase di non possesso sia in ogni ripartenza e ha invece piuttosto tratto vantaggio dall’assetto assai più disordinato del Milan. Pioli aveva infatti provato a cambiare un po’ le carte in tavola presentando una squadra che di base aveva quattro difensori con Calabria teorico terzino destro, un regista, Bennacer, tre centrocampisti offensivi come Musah, Loftus-Cheek e Leão, e due riferimenti offensivi, uno più mobile, Pulisic, uno più statico, Giroud. In fase di impostazione Calabria andava a prendersi il suo nuovo ruolo da regista lasciando la prima linea ai suoi tre compagni di reparto e affiancando Bennacer, mentre Pulisic e Lotus cambiavano posizioni lasciando quali punti di riferimento solo gli esterni Musah e Leão e il centravanti francese. Un tourbillon assai dispendioso con una catastrofica controindicazione: ad ogni palla persa i giocatori del Milan si ritrovavano fuori ruolo e fuori tempo e la Roma ne ha clamorosamente approfittato andando a segnare le sue due splendide reti iniziali puntando tutto sulla superiorità numerica posizionale. Dunque perfetta la scelta di De Rossi di insistere su un assetto che tanto bene aveva fatto nella gara d’andata e sbagliata la voglia di Pioli di stupire, alla luce soprattutto della pigra capacità di applicazione dei giocatori che davvero non sembrano più perfettamente allineati con il loro allenatore.

L’aggiustamento per Marciniak

Al netto di una estemporanea occasione su cui Svilar è stato aiutato dalla traversa (il tiro di Loftus-Cheek), la prima mezz’ora è scivolata via con la sensazione di una squadra che stesse giocando al gatto con il topo, e il simpatico animaletto stavolta non campeggiava solo su una bandiera in curva sud, ma in campo nelle vesti della squadra ospite. Poi è salito in cattedra Marciniak. E qui la partita è cambiata e si è trattato di fare delle scelte immediate che avrebbero potuto creare più danni di quelle che il semplice effetto dell’espulsione poteva aver creato. D’istinto, Daniele De Rossi ha abbassato El Shaarawy a svolgere le funzioni dell’appena espulso Celik e ha mandato a scaldare Karsdorp e Renato Sanches, visto che anche Bove aveva palesato qualche difficoltà. Il terzino olandese avrebbe potuto essere il sostituto naturale del Faraone, ma il pensiero di togliere Stephan dal campo è stato solo sfiorato di passaggio, troppo grande il rischio che senza il conforto della sua applicazione davanti al terzino si potesse perdere l’equilibrio troppo facilmente. La scelta finale è però ricaduta su LLorente, e così la Roma si è trovata un difensore centrale in più grazie all’applicazione difensiva di El Shaarawy ma anche un terzino con buona capacità di palleggio in fase di possesso: e così il sacrificato è stato Dybala, ma solo al 43’. Ddr avrebbe voluto aspettare l’intervallo per procedere al cambio ed evitare di sprecare un altro slot, il secondo dopo la sostituzione di Lukaku con Abraham. Ma l’inserimento di un altro attaccante nel Milan (Jovic al posto di Bennacer) e la prospettiva di un recupero lunghissimo (sette minuti) gli hanno consigliato di affrettare i tempi, soprattutto dopo un’iniziativa di Leao mal controllata da El Shaarawy. In ogni caso squadra sistemata e ferita almeno curata .

La gestione dell’ultimo slot

Poi però si è trattato di gestire anche il secondo tempo, con il Milan sempre più squilibrato in avanti e con la consapevolezza di avere solo un altro slot, almeno fino al 90’, per riparare eventuali defaillances. Da qui le urla belluina rivolte a Llorente (25’ st) che gli stava riportando le sensazioni non positive insorgenti in Bove con tanto tempo ancora però ancora da giocare prima del triplice fischio. La squadra ha retto, la resa di ogni giocatore è stata vicino al massimo delle proprie potenzialità e il blocco compatto in fase di non possesso ha sterilizzato e frustrato ogni tentativo di incursione avversaria, ritagliando di tanto in tanto anche la possibilità di attaccare per segnare il terzo gol, sfiorato da Spinazzola e da Abraham. Ogni minuto che passava minava le certezze del Milan e consolidava l’epica dei i romanisti. Solo allora, a nove minuti dalla fine del tempo regolamentare, De Rossi ha proceduto alle ultime due sostituzioni inserendo Angeliño (un titolare aggiunto, ormai, per lui) e, a sorpresa, Renato Sanches, un giocatore che ad ogni apparizione nella Roma di quest’anno è sembrato troppo tenero e smarrito, forse non proprio il più adatto a entrare in campo in una partita di tale intensità, e che però alla prova di fatti si è rivelato utilissimo anche lui, proprio come aveva immaginato mago De Rossi. Così la partita è finita in gloria, nonostante lo spavento per i romanisti del gol di gabbia a quattro minuti dalla fine.

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