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L'analisi tattica di Spal-Roma: giallorossi senza identità

Da Ferrara altra conferma, le scelte tattiche incidono poco se non si va con la testa o si attacca con poca convinzione. E sono 25 i punti persi con le piccole

, di LaPresse

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18 Marzo 2019 - 13:02

Se ripensiamo a Spal-Roma con la retrospettiva di un'intera stagione caratterizzata da sconfitte magari non sempre meritate nell'economia della partita (anche sabato gli expected goals davano un lieve vantaggio alla Roma, 1,79 a 1,27), ma comunque tutte sinistramente simili, la gara di Ferrara non presenta differenze significative con le altre. Le sconfitte di Bologna e in casa con la stessa Spal, di Udine e di Plzen, e pure i pareggi di Cagliari e Bergamo nonostante i larghi vantaggi iniziali, sono maturate al termine di partite giocate male, condotte nervosamente e caratterizzate da errori di interpretazione tattica collettiva o individuale che hanno indirizzato i risultati nei momenti decisivi delle sfide. Detto questo, come raccontiamo nelle immagini qui sotto, la differenza magari sabato l'ha fatta anche il diverso comportamento difensivo di Karsdorp e Cionek in due azioni quasi in carta carbone nel cuore del primo tempo. Ma c'è ovviamente anche tanto altro.

La confusione tattica

Se la Roma di Di Francesco giocava male, questa nella versione di Ranieri è forse anche peggio. Ovviamente nessuna responsabilità può essere accollata al tecnico trasteverino (mentre delle molte dell'allenatore esonerato abbiamo più volte scritto), però la sterilità offensiva e l'impaccio tattico diventano una conseguenza quasi inevitabile della scelta di rinunciare alle (teoriche) virtù del calcio offensivo in nome di una presunta maggiore compattezza che all'atto pratico viene data peraltro solo dall'allungamento (all'indietro) della squadra. Ma quando poi c'è un break come quello che ha portato all'azione da cui è nato il discutibile rigore del 2-1 (vedi fotogrammi a parte), la difesa giallorossa viene comunque presa in corsa e messa in difficoltà esattamente come ai tempi di Di Francesco. Così oggi la Roma non è né carne né pesce e soprattutto quando è "obbligata" a segnare sembra far parecchia fatica (quantomeno, prima dell'arrivo di Di Francesco era giallorosso il primato dei tiri nello specchio della porta, ora gli score sono diminuiti e la Juve si è affiancata in vetta). L'unico schema riconoscibile adesso, infatti, è il lancione lungo di portiere o difensori centrali verso gli attaccanti: e in un'occasione El Shaarawy a Ferrara ha rischiato addirittura di far gol, al 37' del primo tempo. Il Faraone ha tirato fuori, se avesse segnato magari qualcuno avrebbe avuto anche il coraggio di esaltare il cinismo del calcio di Ranieri...

Che cosa vuol fare Ranieri

In realtà da uomo temprato a tutte le temperature calcistiche, Claudione da Testaccio ha cercato soprattutto di lavorare sulle teste dei giocatori della Roma e ha - quasi di conseguenza - ritenuto di dover rimuovere quegli ostacoli (mentali) che derivavano dalle difficoltà nell'applicazione degli schemi offensivi di Di Francesco, che prevedono sempre grande attenzione e meticolosa concentrazione. In sostanza, è ripartito dall'a-b-c, come ha detto lui stesso: basta pressioni esasperate con la squadra proiettata sempre in avanti, stop alla costruzione della manovra dal basso che manda in depressione i difensori che non riescono ad impostare, baricentro basso, abolizione dei fuorigioco (almeno come conseguenza della difesa alta: zero fuorigioco avversari nelle ultime due partite), meglio correre all'indietro che chiudere in avanti sugli avversari e basta con i ricami offensivi e con i giocatori impegnati sulle fasce con i piedi invertiti (i mancini a destra e i destri a sinistra: anche se poi Zaniolo è stato spedito a destra). Forse ci si dimentica troppo spesso che questa squadra senza i migliori Manolas e De Rossi (per non parlare dell'apporto che avrebbero dato altri assenti cronici, come Ünder e Lorenzo Pellegrini) ha anche evidenti difficoltà tecniche. E alla fine chi fa vincere le partite sono i calciatori, non gli allenatori.

I meriti della Spal

Mettiamoci pure che ormai il livello tattico del campionato di serie A è altissimo e ogni allenatore studia a perfezione la squadra avversaria e la Roma qualche difetto in questi mesi lo ha palesato. L'idea - basica, peraltro - dei cambi di gioco che finiscono sempre per mettere in difficoltà la difesa romanista quando è costretta a rincorrere in inferiorità (o in parità) numerica, ha spinto anche Semplici ad alzare traversoni estremi che ad esempio in un paio di minuti nel primo tempo hanno portato prima Fares a segnare (chiudendo da "quinto", attaccando il terzino romanista) e poi Kurtic a battere a rete dal limite, senza fortuna. Una volta, insomma, le squadre tecnicamente meno dotate lasciavano la scena alle avversarie più forti, adesso c'è la Spal che nel primo tempo raggiunge il 60% del possesso palla, mette in fuorigioco due volte i romanisti (contro zero) e alla fine ha praticamente lo stesso numero di passaggi della Roma (all'andata furono invece 555 contro 322).

Quei 25 punti persi

Del resto il calcio non è uno sport in cui i valori assoluti trovano rispondenza nei singoli risultati. Basti pensare che se oggi la Roma nella classifica del campionato si lascia alle spalle quindici squadre, i punti persi finora contro queste stesse squadre sono addirittura 25. Significa che pur perdendo contro Juventus e Milan e pareggiando con Inter e Napoli (e Milan al ritorno), se la Roma avesse fatto il suo battendo le squadre che stanno sotto in classifica sarebbe sopra al Napoli lanciata all'inseguimento di Cr7. Ma ovviamente è un discorso puramente teorico, che semmai fa aumentare le responsabilità del gruppo giallorosso.

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???? TATTICAMENTE ???? Di @danielelomonaco Quando ci si interroga sui motivi di una sconfitta e ci si inerpica sugli impervi sentieri delle spiegazioni tattiche, tecniche, fisiche, mentali e chissà che cos'altro, a volte si dimenticano i dettagli che già da soli cambiano il destino di una partita. Nel cuore del primo tempo di Spal-Roma, tra il 22' e il 27' minuto, ci sono stati due cross pressocché identici mandati in area da due difensori che sono stati protagonisti sia nel bene sia nel male, sia in fase offensiva sia in fase difensiva, delle due azioni. Nel primo caso (fotogrammi 1 e 2) Cionek dalla fascia destra, neanche una decina di metri fuori dall'area, crossa sul destro forte sul secondo palo, con la difesa della Roma perfettamente schierata, in particolare con Fazio in marcatura di Antenucci e Karsdorp su Fares (quinto di centrocampo della Spal). Quando la palla arriva (fotogramma 2), succede però che Fares dava in elevazione a saltare mentre Karsdorp ci pensa un po' e quando prova è ormai sovrastato, così resta mezzo metro sotto rispetto all'avversario (più basso di un centimetro). Nel secondo esempio, quattro minuti più tardi, Karsdorp dalla fascia destra, neanche una decina di metri fuori dall'area, crossa sul destro forte sul secondo palo, con la difesa della Spal non perfettamente schierata, e un po' in affanno perché proprio Cionek deve occuparsi di due avversari (El Shaarawy e Schick). La differenza però la fa proprio la determinazione del brasiliano (naturalizzato polacco) che va a duellare con un avversario più alto di due centimetri e, di fatto, pur non riuscendo ad arrivare alla sua altezza, con la sua elevazione arriva a chiudergli la visuale migliore per colpire a rete, e infatti la parabola finirà alta. Invertite l'ordine di comportamento dei difensori in queste due azioni e probabilmente Spal-Roma finirà in maniera opposta

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