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La partita

L'analisi tattica di Milan-Roma: San Siro insegna, chi difende subisce

I rossoneri non hanno mai dominato la gara, il terzo difensore centrale inserito da Pioli ha dato forza agli uomini di Josè Mourinho

Una foto di Dybala

Una foto di Dybala (GETTY IMAGES)

10 Gennaio 2023 - 12:38

Ci sono temi per almeno quattro macro-aree che possono essere trattati, anche se non con la necessaria profondità (per ognuno di loro si potrebbero scrivere dei trattati senza neanche una pagina noiosa), dopo la partita di Milano, finita con un punto per uno che però, a sentire molti commenti di tifosi delle due parti, è piaciuto a pochi. Da una parte, quella milanista, c’è magari la soddisfazione di aver controllato il gioco, ma col rammarico del doppio vantaggio sfumato nei minuti finali, dall’altra le critiche si appuntano sulla scarsa qualità del gioco offerto per quasi tutta la partita, nella quale secondo le teorie più in voga la Roma avrebbe subito l’ininterrotto dominio degli avversari. E non è così. Proviamo dunque ad entrare nello specifico dei macrotemi, elencandone intanto i titoli: le scelte tecniche, la strategia tattica, la gestione della partita da parte degli allenatori e lo sfruttamento delle palle inattive.


Le scelte tecniche


Mourinho ha sorpreso un po’ tutti scegliendo contro il Bologna una formazione teoricamente più coperta con due mediani di ruolo, Pellegrini a dividersi con Dybala e Zaniolo l’onere dell’attacco, con Abraham relegato inizialmente in panchina. Con il Milan ha invece scelto di alzare il tasso tecnico della squadra, schierando tutti insieme contemporaneamente i cosiddetti quattro tenori mostrando così un coraggio che Pioli ha dimostrato di temere, mandando in campo la formazione già utilizzata per la vittoria in trasferta di Salerno con degli accorgimenti tattici, però, che hanno denotato grande rispetto per le caratteristiche offensive della Roma. E qui passiamo alle strategie.


La strategia di gara


In questo caso c’è una chiara spiegazione rispetto allo stallo tattico che si è visto per quasi tutta la partita. Non inganni il dato del possesso palla milanista. La maggior parte del palleggio dei giocatori rossoneri è avvenuto nella propria metà campo o comunque in quelle zone centrali che difficilmente rappresentano un pericolo concreto per la difesa avversaria. È vero che il Milan ha gestito la palla per gran parte dell’incontro, ma l’ha fatto più per una scelta strategica della Roma che per una reale capacità di dominare l’incontro dei giocatori di Pioli. Emblematico l’esempio dei terzini, quasi costantemente bloccati nella propria metà campo, inchiodati alle marcature preventive tese ad impedire le temute ripartenze romanisti nelle transizioni negative. Di contro, anche Mou ha fatto la scelta di non pressare alto, di abbassare i suoi giocatori dietro la linea della palla quasi a ridosso della metà campo, con Dybala centrale ad indirizzare le pressioni sull’esterno, Zaniolo chiamato a tenere basso Theo Hernandez e Pellegrini che lasciava la linea mediana con Cristante per uscire dalla parte opposta sul più intraprendente dei rossoneri chiamati a condurre la palla, che si trattasse di Calabria o di Bennacer. Grande densità, dunque, si è prodotta nella metà campo romanista ma per almeno mezz’ora non c’è stato neanche uno squillo. Quando il Milan ha trovato il varco, non a caso approfittando di un batti e ribatti sulla propria tre quarti sulla zona sinistra mal gestito dai romanisti, è arrivato fin nei pressi dell’area di Rui Patricio con una progressione di Theo Hernandez e successivo tiro di Diaz alzato in angolo dal portiere giallorosso. Dell’esito del calcio piazzato discuteremo più avanti. Ciò che ci interessa sottolineare è il tipo di scelta degli allenatori. In questo, per quanto ognuno possa avere il suo ideale di calcio, è inutile avanzare lezioncine tattiche a gente che nel corso della propria carriera ha dimostrato di saper far fronte a qualsiasi esigenza. Sia Pioli, sia Mourinho non hanno certo bisogno di lezioni da nessuno. Se in certe partite fanno determinate scelte è perché ritengono che siano le più convenienti per la propria squadra, non per incapacità di proporre cose diverse. E questo vale per il gioco poco spumeggiante dei romanisti e anche per le scelte poco produttive del milanista, di cui parleremo più avanti. Semmai la lezione di San Siro è che se pensi solo a difendere è più probabile che prendi gol. C’è poi sicuramente una cosa che nella Roma ha funzionato all’improvviso dopo 87 minuti di apparente vuoto: che la capocciata di Ibañez ha centrato la porta invece di finire magari ai lati dei pali. Il gol ha rinvigorito le speranze dei romanisti, dopando la loro mentalità fino all’estasi del raggiungimento del pareggio. Questo perché si continua ad ignorare quanto la partita abbia un’anima che molto spesso prescinde dalla volontà di giocatori e tecnici. 


La gestione degli allenatori


Straordinario è quel tecnico che riesce a far passare con i propri giocatori un messaggio tale per cui i singoli episodi non incidono, o incidono in maniera superficiale, sulle loro capacità espressive e di interpretazione del gioco. Una grande squadra lo è essenzialmente per questo: che vada sotto 2-0 o sia in vantaggio per 2-0 nulla cambia negli input mentali dei suoi giocatori. Questa è una capacità che ha sempre avuto Mourinho e che quasi sempre è riuscito a trasmettere ai suoi ragazzi. Questa è una responsabilità di cui domenica avrà sentito il peso Pioli, ad esempio, colpevole di aver trasmesso il messaggio che si poteva abbassare il baricentro e gestire ogni circostanza con un difensore in più. Mentre Mourinho aumentava il numero dei giocatori offensivi. E non è stata felicissima anche la scelta di togliere Giroud, uno che nelle concitati fasi di fine partita sarebbe stato utilissimo da utilizzare sui calci piazzati. 


Le palle inattive


Così arriviamo anche all’interpretazione soprattutto difensiva di angoli e punizioni. L'attenzione del singolo giocatore in caso di marcatura a uomo è fondamentale per il buon esito dell’azione difensiva. Guardate il diverso atteggiamento di Smalling ed Ibañez su due calci d’angolo per il Milan del primo tempo e avrete una risposta. L’inglese è sempre praticamente perfetto nell’attenzione, nella concentrazione e nella postura in base alle circostanze che si determinano. Il brasiliano, potenzialmente destinato a diventare un top in Europa, non ha ancora le stesse capacità. Ma anche chi marca a zona non è esente da errori soprattutto se le disposizioni sono poco efficaci (De Ketelaere secondo a zona sulla punizione di Pellegrini...) e l’interpretazione non è massimale (ognuno è responsabile dello spazio tra sé e il collega davanti). I milanisti in quel finale si sono proprio consegnati agli avversari.

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