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L'analisi di Empoli-Roma

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La svolta di Guardiola, l'intuizione di Gasperini (seguita da Verona, Torino e ora Cremonese): in Italia si è diffusa una nuova modalità di gioco e in tale contesto la Roma cerca la sua strada

Mourinho e Dybala

Mourinho e Dybala (GETTY IMAGES)

14 Settembre 2022 - 11:26

C’è una questione generale riguardo al calcio che si gioca oggi in Italia e ce n’è una particolare che riguarda come gioca la Roma in questo momento storico. La partita di Empoli ci fornisce l’opportunità di tratteggiare entrambi gli argomenti grazie anche al contributo come al solito brillante fornito da Mourinho, prima in campo e poi fuori. L’allenatore portoghese oltre essere stato uno dei protagonisti assoluti degli ultimi 20 anni del calcio europeo - secondo per prestigio, riconoscimenti e risultati ottenuti forse solo a Guardiola - ha sollevato pubblicamente al termine della partita di Empoli un tema che altre volte è stato trattato in questa rubrica: la grandissima e crescente qualità degli allenatori e dei club professionistici del calcio di oggi. Lo Special One ha fornito la sua personale interpretazione sulla diffusione così capillare delle più sofisticate tattiche di gioco dovuta, secondo lui, alla globalizzazione dei metodi condivisi soprattutto attraverso internet. In pratica, sostiene, «oggi non esistono più segreti e tutti gli allenatori del mondo possono informarsi e conoscere persino nel dettaglio attraverso un clic i metodi di allenamento dei più bravi del settore».  

L’evoluzione di Mou

Mourinho magari ha omesso un passaggio che resta centrale nella contagiante voglia di proporre calcio proattivo che si è così diffusa ad ogni livello. Nel calcio moderno, l’iniziatore di questa nuova esaltante onda è stato innegabilmente Pep Guardiola, suo storico antagonista soprattutto negli anni in cui si sono ritrovati entrambi sulle panchine dei due principali due club spagnoli, Real Madrid e Barcellona (al riguardo, ci permettiamo di suggerire a chi fosse sfuggito che un magnifico libro di Paolo Condò, I Duellanti, ha lasciato in letteratura una imperdibile testimonianza che resterà a disposizione a memoria futura). Mourinho in quel periodo ha rappresentato in qualche modo l’ultima resistenza reazionaria ad un principio di gioco rivoluzionario. E quando con il tempo è stata finalmente spazzata via la superficiale teoria per cui quel tipo di gioco sarebbe stato possibile adottarlo solo avendo in squadra giocatori del calibro di Xavi, Iniesta e Messi, il miglioramento della qualità si è diffuso a qualsiasi livello.

Non avrò Iniesta, ma se gli faccio prendere lui a modello forse il mio più modesto centrocampista avrà un’evoluzione migliore di quella che un tempo gli veniva prospettata («nel dubbio, prendi palla e gambe»). La forza di Mourinho, a differenza di tanti presunti santoni della vecchia guardia che non hanno avuto il coraggio o l’intelligenza di adattarsi all’inesorabile cambiamento, è stata proprio quella di aprirsi alle novità. Oggi cominciare l’impostazione con la costruzione dal basso nella reinterpretazione sempre diversa della Salida Lavolpiana, non significa adeguarsi ad una moda stupida che ci fa prendere gol più facilmente, ma evita ad una squadra di consegnarsi ad avversari più sofisticati. 

La crescita della Serie A

Per reazione, per ora nel campionato italiano e grazie alla brillante intuizione di Gasperini, si sta diffondendo poi un’altra modalità di gioco che in qualche modo si rifà alla vecchia tradizione all’italiana della marcatura a uomo in ogni zona del campo, ma che è stata rivisitata in chiave offensiva e ha avuto nell’Atalanta di questi ultimi anni la più efficace testimonial, poi seguita dal Verona, dal Torino, ora dalla Cremonese. E non ci stupiremmo se anche all’estero si dovesse diffondere questa modalità sicuramente un po’ più ostruzionistica e meno spettacolare, ma allo stesso tempo altamente produttiva.

Vedremo. In questo senso vanno indubbiamente sottolineati i meriti del Settore Tecnico di Coverciano che, grazie alla lungimiranza di Ulivieri e all’impulso di tecnici preparati come Sacchi (preziosissimo è stato il suo contributo nei suoi anni da direttore) e magnifici teorici come Viscidi, ha formato negli ultimi anni senza troppi proclami ma con costanza tutta una serie di nuovi allenatori che vogliono incidere nei destini delle squadre che allenano fornendo ai giocatori gli strumenti migliori per vincere le partite, partendo sempre da un’idea offensiva che ha sta cambiando il calcio italiano alle radici. E quando anche le società torneranno a far volare i fatturati, allora sarà possibile tornare a veder dominare le nostre squadre anche in Champions.

Dove va la Roma?

Come si innesta in tutto questo discorso il dibattito sul gioco della Roma? Anche ad Empoli la squadra di Mou è stata criticata e il tecnico in qualche modo ne tiene conto: «Per noi è stata una vittoria fantastica - ha detto in sala stampa alla fine - ma per qualcuno di voi è stata tristissima». Al di là delle polemiche ambientali, è chiaro che dall’arrivo di Mourinho a oggi la Roma sia chiaramente cresciuta. Dal punto di vista della purezza del calcio giocato, Spalletti, forse Di Francesco e anche Fonseca hanno saputo dare nel tempo alle varie Roma che hanno allenato caratteri estetici migliori di quelli della Roma di Mourinho di oggi, ma poi nessuno di loro è riuscito a portare a casa un trofeo, facile o difficile che fosse, e tutti si sono rifugiati nelle più ovvie giustificazioni per spiegare i loro insuccessi, anche in anni in cui non sarebbe stato così complicato portarsi a casa almeno la Coppa Italia. Lui invece c’è riuscito e non puntando tutto sulla costruzione dal basso o sulle pressioni più alte, ma cercando di costruire una squadra magari meno sofisticata nella ricerca ossessiva del palleggio, ma molto più dinamica e costruita soprattutto intorno ad un’idea di solidità mentale e muscolare che ha portato i risultati che conosciamo.

Nell’università della serie A c’è un’impressionante qualità di maestri di calcio, da Alvini a Mourinho. A modo loro hanno tutti ragione, ciascuno con le armi che ha nel proprio arsenale. E restiamo convinti che se da una parte è giusto stimolare Mourinho sulla qualità generale del gioco della Roma, dall’altra sappiamo che dal punto di vista delle conoscenze specifiche della materia non c’è quasi nessuno al mondo che ne sappia più di lui. E dunque affidiamoci e speriamo. Poi per migliorare c’è sempre tempo. Lui stesso si rammarica, lo ha fatto anche nel dopopartita di Empoli, se la squadra smette di pressare come piace a lui. Lì è la chiave di tutto. Se riuscirà a trovare il modo di farlo con maggior costanza, con il rientro di Zaniolo e l’ambientamento di Camara in attesa di Wjinaldum, il futuro potrà essere davvero roseo.

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