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L'analisi di Empoli-Roma: la squadra sembra nata per attaccare e pressare

Il calcio italiano non aspetta più: in Serie A sono tutte in difficoltà le squadre che provano solo a gestire, mentre meritano elogi le altre

L'esultanza dopo il gol di Zaniolo all'Empoli (Getty Images)

L'esultanza dopo il gol di Zaniolo all'Empoli (Getty Images)

25 Gennaio 2022 - 15:00

Se due indizi, peraltro così ravvicinati nel tempo, fanno una prova, la Roma dovrebbe aver tratto una lezione dalle sfide con Juventus e Empoli - sia pur nella diversità strutturale dei due impegni - che non si potrà ignorare nell'immediato futuro. Una è stata costosissima, l'altra gratuita. Ma sono state entrambe preziose. Nella costruzione di una squadra solida ed equilibrata appare infatti evidente come la squadra giallorossa sfoggi la versione più brillante di se stessa quando libera la sua mentalità più offensiva, quando aggredisce gli avversari invece di subirli, quando nel seme di ogni azione anche difensiva c'è già la voglia di attaccare più che quella di non subire reti. Insomma, rischiare di rovinare un primo tempo irresistibile come quello del Castellani è di per sé evento nefasto, quasi a prescindere dall'esito finale della gara. Ma sia chiaro che a posteriori la valutazione generale della partita non deve essere troppo influenzata dal tentativo di rimonta dell'Empoli. In sostanza: onore al merito per la vittoria limpida e poca stima per chi invece ha desunto argomenti denigratori tout court per il brutto secondo tempo giocato dalla squadra giallorossa. Quando si va all'intervallo di una partita dominata in questa maniera una delle alternative possibili è proprio quella che ha scelto la Roma: restare bassi, rinunciare al controllo del palleggio e arrivare al 90º senza subire troppi danni, magari tentando qualche sortita in ripartenza. Se il risultato finale avrà confortato la strategia non ci possono essere altre discussioni da fare. L'altra strada, casomai, avrebbe potuto essere di segno opposto: e quindi insistere all'attacco, anzi aumentare l'intensità del pressing, costringere i padroni di casa a considerare il rischio di una goleada infamante e non lesinare energie senza pensare ad altro. Ma chi avrebbe dato la certezza del risultato? Per un pragmatico come Mourinho immaginiamo che non ci sia stata scelta. E comunque la si veda, la Roma ha vinto. Ciò che però adesso proviamo ad analizzare è quanto questa squadra possa rendere di più con un atteggiamento più coraggioso anche in vantaggio, magari in rapporto a quello che accade in Italia.

La svolta italiana

È oggettivo infatti che ormai la serie A sia diventato uno dei campionati più interessanti tatticamente d'Europa proprio in virtù del calcio offensivo che da queste parti ormai si produce. Merito, e su queste colonne lo testimoniano da anni ormai, della svolta giochista data dall'Associazione Italiana Allenatori ai corsi per tecnici. La lezione spagnola è stata recepita da almeno un decennio e ora si raccolgono finalmente i frutti del lavoro svolto. In Italia mancano purtroppo i capitali per attirare le stelle europee, ma non mancano gli allenatori bravi, né le idee. Anzi. È grazie proprio a questo lavoro di semina se l'Italia ha vinto gli Europei con un calcio che con la tradizione azzurra non aveva assolutamente niente in comune, se Inter e Milan sono tornate ai vertici intanto d'Italia, se il Napoli di Sarri ha incantato tutti, se il Real Madrid per affrontare l'Atalanta è stato costretto a cambiare sistema di gioco per coprirsi di più e se la Roma è finita due volte nelle semifinali delle due maggiori competizioni europee (uscendone male, d'accordo, ma arrivandoci con merito). Restando alle cose giallorosse, prima Fonseca e poi lo stesso Mourinho hanno confessato di essere rimasti sorpresi dal livello raggiunto dal calcio italiano. Non esistono più squadre solamente passive anche tra quelle meno strutturate tecnicamente. E, anzi, a soffrire di più sono proprio le formazioni ancorate a vecchi principi conservatori. Pensiamo alle disavventure patite quest'anno da Castori alla Salernitana, Ballardini al Genoa e D'Aversa alla Sampdoria. Mentre grandi elogi hanno meritato lo stesso Andreazzoli a Empoli, Motta a Spezia nonostante le difficoltà iniziali, Italiano l'anno scorso a Spezia e quest'anno a Firenze, Zanetti a Venezia, Dionisi in una piazza già fertile come Sassuolo, ma anche Juric a Torino e Tudor a Verona, per non parlare di Spalletti a Napoli.

Il calo della Roma

Insomma, se la Roma non avesse tirato i remi in barca sul doppio vantaggio con la Juve o sul quadruplo vantaggio a Empoli, e magari avesse affrontato con maggior coraggio l'Inter o il Milan, avrebbe oggi un'identità più definita e, soprattutto, avrebbe qualche punto in più? Vediamo per esempio quello che è accaduto a Empoli: può essere solo merito di Henderson, Bajrami, Bandinelli e Fiamozzi se la Roma è passata dal 52% di possesso palla del primo tempo al 28% (!) del secondo?, dall'86% di precisione di passaggi al 75%?, da 0,53 a 0,18 azioni offensive per minuto?, se la pressione offensiva è passata da 6 passaggi concessi per azione difensiva del primo quarto d'ora agli 84 (!) dell'ultimo quarto d'ora? No, evidentemente è stata la Roma a scegliere di rinunciare all'azione offensiva. E ribadiamo: per portare a casa il risultato ha fatto bene così. La domanda è se nelle prospettive future di questa squadra non ci sia anche quella di strutturare una mentalità più radicata e più offensiva, adesso che gli innesti di Maitland-Niles e Sergio Oliveira e il recupero di quasi tutti gli indisponibili stanno offrendo a Mourinho anche la possibilità di scegliere tra diversi titolari. Per noi la risposta dovrebbe essere sì. Questa squadra sembra nata per attaccare di più, per alzare pressioni più sistematiche, per costringere (quasi tutti) gli avversari ad abbassare le proprie linee di difesa. A maggior ragione quando si affrontano formazioni magari altrettanto offensive, ma di livello tecnico uguale o inferiore. Quando poi si va in casa dell'Inter (e capiterà tra due settimane) o del Napoli si potrà anche valutare una specifica strategia tattica meno "arrogante". Ma difendersi a Empoli, col Cagliari, con la Juve malmessa recentemente affrontata, o col Torino o con l'Udinese o con il Sassuolo, com'è successo all'andata, dopo essere passati in vantaggio, dà certezze o ne toglie?

Corner, croce e delizia

Finalino per le numerose occasioni che si creano nelle partite della Roma sui calci d'angolo. Con il gol di Abraham a Empoli, la squadra giallorossa ha raggiunto Inter e Bologna in cima alla classifica delle formazioni che segnano di più da corner (7 reti), ma per l'ennesima volta ha rischiato di subirne una per uno schema pensato dagli avversari per eludere le marcature a uomo sempre un po' troppo statiche. Forse su questo Mourinho dovrebbe trovare soluzioni (o varianti) diverse.

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