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L'analisi tattica di Lazio-Roma: fragilità in difesa, questione di testa

Come con Fonseca. Gli svarioni che hanno portato al doppio svantaggio nel derby sembrano gli stessi dell’anno scorso: il problema è mentale

José Mourinho durante il derby (As Roma via Getty Images)

José Mourinho durante il derby (As Roma via Getty Images)

28 Settembre 2021 - 14:11

Non è possibile, aveva detto Mourinho dopo la partita di Verona, segnare due gol in trasferta e perdere la partita. E invece è successo di nuovo e stavolta non solo segnando due gol, ma toccando il numero più alto di expected goal di tutto questo primo scorcio di stagione, 2,76, tirando 19 volte verso la porta avversaria, di cui 8 nello specchio, e arrivando a concludere addirittura da dentro l'area di rigore per 15 volte, proprio come nel giorno della goleada di Salerno. I numeri possono ingannare, ma è più facile che ad ingannare sia un risultato. La sostanza dice che la Lazio non ha meritato la vittoria contro la Roma, a meno che non si stabilisca che sbagliare tanto in difesa equivalga anche a rendere immeritato l'eventuale risultato finale positivo. In questo caso sì, la Roma ha sbagliato tanto, troppo, quasi come ha fatto l'arbitro Guida, e allora avrebbe anche meritato di perdere.

La fragilità mentale

Ma senza indulgere ulteriormente sulle questioni arbitrali, qui ci concentriamo sugli aspetti tattici, anche se siamo sempre più convinti, vista la ripetitività di certi errori con allenatori diversi, che a determinare certe distonie in fase di non possesso sia un processo mentale che evidentemente ha a che fare con le aspettative della città e forse con la fragilità caratteriale di alcuni dei giocatori della rosa della Roma. Non si spiegano altrimenti gli errori in serie commessi dai giocatori giallorossi per portare la squadra biancoceleste nel doppio vantaggio maturato in appena 20 minuti. Come spiegare, a questi livelli, le disattenzioni che portano Cristante ad ignorare un inserimento, Mancini a non assorbire un movimento, Karsdorp a sbagliare i tempi di un riallineamento? E come valutare il clamoroso disinteresse per un eventuale sviluppo centrale di un'azione che un avversario, Immobile, sta portando sul fronte mancino, tanto defilato da rendere improbabile una sua conclusione? Eppure la Roma questi errori li commette. Con la mente sembra di riandare al derby perso da Fonseca lo scorso anno, il tre a zero dell'andata, gol di Immobile e Luis Alberto in 20 minuti, dopo due svarioni difensivi. Perché succedono queste cose, perché sempre nel derby? Possiamo pensare che Fonseca e Mourinho non abbiano lavorato con attenzione, ognuno con i suoi tempi e con le sue modalità didattiche, per far capire a professionisti che di questo vivono cosa è più conveniente fare in certe situazioni? Sia chiaro, questa non è un'attenuante nei confronti dei tecnici. Fonseca l'anno scorso e oggi Mourinho hanno di che rimproverarsi per questi atteggiamenti sin troppi disinvolti dei loro giocatori e di questo devono rispondere loro in primis. Ma resta un inestricabile quesito a ronzare nelle nostre teste: dal punto di vista mentale, questi giocatori sono all'altezza del compito che gli viene richiesto?

Le scelte tecniche

C'è poi una valutazione che riguarda anche le scelte tecniche fatte dall'allenatore: in queste prime sei gare di campionato Mourinho ha impiegato solo 15 calciatori, record negativo della serie A condiviso con l'Udinese. Il tecnico ha spiegato il motivo alla vigilia del derby, in una implicita risposta sul tema: «Se ne avessi schierati tanti di più - ha detto al giornalista che lo interrogava - mi avresti rimproverato magari perché avrei trascurato un aspetto fondamentale, quello di ricercare la compattezza nelle prime giornate di una stagione che è caratterizzata da un nuovo allenatore». Eccola, dunque, la motivazione: Mourinho ha preferito affrontare la prima parte della stagione con lo stesso gruppo di giocatori per garantire loro la possibilità di abituarsi l'uno all'altro nel più breve tempo possibile. Forse però ha esagerato. Senza per fortuna andare incontro a infortuni muscolari di particolare entità, e già questo è un successo che andrebbe registrato almeno per quello che si è visto finora, è indubbio che però l'allenatore abbia chiesto tanto sempre allo stesso gruppo di calciatori, trascurando il contributo e probabilmente le potenzialità di elementi differenti per passo e qualità (e non necessariamente in negativo). Che Diawara, Villar, Smalling o Borja Mayoral non abbiano avuto la possibilità di partire mai titolari in campionato o comunque far riposare di tanto in tanto i loro compagni più spremuti resta un mistero di cui nessuno avrebbe chiesto conto al tecnico se le cose fino a oggi avessero funzionato perfettamente. Invece in alcuni momenti il logorio, anche mentale, di alcuni calciatori pare evidente e forse ha inciso anche sul risultato di alcune partite.

Cristante, ad esempio, sembra uno dei giocatori più stanchi: e magari la questione ha un peso quando si valuta ad esempio il suo comportamento sui primi due gol della Lazio. La non brillantezza potrebbe aver inciso anche nell'eccessiva fallosità mostrata dai giocatori della Roma, ovviamente sempre al netto delle curiose interpretazioni arbitrali di cui, come già specificato, non ci occupiamo in questa sede. Ma nelle ultime due partite c'è stata un'impennata di falli commessi, addirittura 22 contro l'Udinese, 13 domenica a cui hanno corrisposto sette gialli e un rosso, quello di Pellegrini. Fermo restando il fatto che Rapuano abbia sbagliato completamente la sua valutazione e che lo stesso Guida sia stato approssimativo nelle sue scelte, resta da capire perché una squadra tecnica come la Roma debba ricorrere tante volte ad interventi scomposti che determinano poi dei vantaggi per gli avversari.

Se perde, si gioca meno...

A proposito, infine, di Guida, segnaliamo come ancora una volta non siano stati fatti rispettare i tempi di gioco più naturali. Era già successo a Verona, arbitro Maresca, e si è ripetuto domenica. I minuti di gioco effettivo sono stati alla fine 49 e 13 secondi, 4-5 minuti in meno di quanto mediamente si gioca ormai nel campionato italiano, mentre resta una chimera l'obiettivo di 60 minuti di gioco che si potrebbe facilmente raggiungere con l'introduzione del tempo effettivo, altra innovazione regolamentare che aiuterebbe ad eliminare le furbizie a cui ricorrono spesso le squadre che vincono per far trascorrere più velocemente il tempo residuo di gioco. Curiosamente, però, quest'anno alla Roma è capitato solo due volte di giocare così poco: le uniche due partite in cui è uscita sconfitta. Sarà un caso.

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