I cento passi: perché ci sarà da soffrire, perché si deve investire
Paradosso Roma: l’urgenza di realizzare 100 milioni di plusvalenze entro giugno 2026 la costringe ad investire

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Il paradosso sta nel fatto che la situazione finanziaria è talmente complicata che la Roma oggi è praticamente “costretta” a fare investimenti sulla rosa. Perché tra un anno la mole di plusvalenze da garantire per ottemperare alle indicazioni del Settlement agreement con l’Uefa in ossequio alle rigide regole del Fair Play Finanziario è mostruosa: 100 milioni di euro. Sì, non è scappato uno zero. 100 milioni è più o meno la cifra - di sole plusvalenze - che la società dovrà iscrivere a bilancio entro il 30 giugno del 2026. Ed è il motivo per cui nessuno oggi a Trigoria può permettersi di dormire sonni tranquilli. Non può farlo Dan Friedkin che ha investito praticamente un miliardo di euro e non ha avuto neanche la soddisfazione fino ad oggi di confrontarsi con altri presidenti di club europei in Champions League; non può farlo Gasperini che ha accettato con entusiasmo la proposta della Roma ma ritiene che senza giocatori di alto livello in attacco difficilmente potrà competere per i primi quattro posti, e quindi comprensibilmente “frigge”; non può farlo Ranieri che si trova nello scomodo ruolo di garante dei tifosi e consulente dei Friedkin, ma prima di essere apprezzato nel suo nuovo compito da una parte e dall’altra sa che deve contribuire a far vincere qualche trofeo e contemporaneamente rendere gestibile il club a livello finanziario, favorendo il lavoro del ds; e non può farlo Massara che è quello che ha davanti l’impresa più complicata di tutti, ai limiti dell’impossibile: appena arrivato ha dovuto infatti cercare di rispettare le indicazioni dell’Uefa sulle plusvalenze al 30 giugno 2025 e per via soprattutto della mancata cessione di Angeliño ha sforato per 18 milioni (a oggi non è ancora dato sapere quali saranno le sanzioni per questo sforamento) e ora sa che ha dieci mesi per produrre 100 milioni di plusvalenze a prescindere da ogni altro possibile virtuosismo finanziario (quella cifra non cambierà neanche se arrivassero gli stessi soldi in sponsorizzazioni, per dire) e deve accontentare un allenatore che chiede altri rinforzi di qualità e rendimento, in un mercato in cui anche per il cartellino del più scarso tra i giocatori trattabili oggi ti chiedono minimo 30 milioni di euro.
Paradossalmente, dunque, la precaria condizione è proprio il motivo per cui la Roma si trova nella necessità di procedere a nuovi investimenti. Perché della rosa attuale sono pochissimi i giocatori in grado di garantire importanti plusvalenze. In pratica, solo in tre: Svilar, il cui contratto è stato appena rinnovato proprio per non doverlo cedere a cifre inferiori al suo valore (l’offerta massima arrivata prima del rinnovo, quando aveva il contratto scadenza, era sui 20 milioni di euro), Ndicka, per cui però non risultano offerte irrinunciabili, e Koné che è stato appena tolto dal mercato da Ranieri e Friedkin perché l’operazione che si stava mettendo in piedi con l’Inter a pochi giorni dall’inizio del campionato sarebbe stato un segno di rassegnazione tecnica inquietante e avrebbe “sporcato” l’immagine del club. Ma il problema così si è rimandato, non risolto. Perché se questi soldi non sono entrati oggi nelle casse, dovranno entrare comunque a gennaio o entro il 30 giugno prossimo. E 100 milioni oggi li fai solo sommando la vendita di tutti e tre, ammesso che ci siano acquirenti comunque generosi. Così la Roma cerca disperatamente i nuovi Alisson, Marquinho, Lamela, in modo di poter avere altri elementi da rivendere che consentiranno così al club di scegliere, tra quasi un anno, chi sacrificare e chi tenere.
C’è una responsabilità in tutto questo? Sì e va ricercata nelle gestioni non sempre oculate degli scorsi anni e di chi non ha saputo vigilare sulle operazioni sia dal punto di vista tecnico sia da quello finanziario. Ma è inutile piangere sugli euro versati (male). La struttura al lavoro oggi - la triade Ranieri-Massara-Gasperini - è la miglior garanzia per poter sperare in una ripartenza tecnica ed economica. Ma è giusto che i tifosi sappiano che ci sarà comunque da soffrire e che presto o tardi qualche partenza non preventivata bisognerà accettarla. Nel frattempo, però, non bisognerà sbagliare nulla. Che si lavori, dunque, con serietà.
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