Punto e virgola

Ora la Roma ha una struttura (quasi) perfetta. Con un anno di ritardo

Con Massara alla direzione sportiva giallorossa si completa un organigramma a tre teste che fa stare tranquillo ogni romanista razionale, anche se l’annuncio è arrivato con un anno di ritardo

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
20 Giugno 2025 - 06:00

Con l’arrivo di Ricky Massara alla direzione sportiva della Roma si completa un organigramma a tre teste che finalmente fa stare tranquillo ogni romanista razionale, anche se l’annuncio è arrivato con un anno di ritardo. La fantasia dei tifosi s’è già scatenata con l’acronimo MaGaRa, un modo come un altro per incarnare Massara, Gasperini e Ranieri nella figura indimenticabile di Carlo Mazzone, noi ieri sul Romanista abbiamo citato Troisi strillando il nostro Ricomincio da tre, qualcun altro ha sfoderato i tre amigos e addirittura scomodato il “buono” (Massara), il “tutto” (Ranieri) e il “cattivo” (Gasperini).

Si scatenano i grafici, i social si riempiono di meme. Tutto molto bello, chioserebbe un altro indimenticabile cantore di cose calcistiche, Bruno Pizzul. Ma stavolta c’è di più. Stavolta l’erba nostra sembra più verde di quella del vicino. Perché questo non è il prato finto steso su una superficie marcia, inaridita dai vermi. Stavolta si stanno piantando semi che lasceranno radici profonde, a patto però che sul terreno si alterneranno raggi di sole e abbondanti innaffiamenti senza lasciare a nessuno la possibilità di rovinare tutto con qualche raid barbaro improvviso e violento, come accaduto nel più recente passato.

Ricky Massara era l’uomo cercato e fortemente voluto da Daniele De Rossi (Burdisso l’alternativa) più di un anno fa, quando il giovane tecnico ancora sperava di poter incidere nella costruzione di una Roma in grado di competere nel breve termine, ma soprattutto di crescere in prospettiva. Sognava di potersi confrontare sul mercato con lui per dotare la rosa di quegli emergenti di prospettiva evocati oggi da Gasperini e invece gli misero accanto un giovane francese di buona volontà, strappato al Nizza in virtù dell’algoritmo di Retexo, che non parlava italiano e poco pure l’inglese, e chiaramente non poteva conoscere niente del mercato di casa nostra. Così Massara si accordò col Rennes, giusto il tempo di venderci Le Fée su sollecitazione proprio di Ghisolfi.

Il mondo al contrario, insomma. A dirigere le operazioni c’era ancora Lina Souloukou, un’altra giovane manager strappata stavolta all’Olympiakos, forse non dall’agenzia di Gould, ma - peggio - direttamente da Friedkin, che l’aveva apprezzata alle riunioni dell’Eca.  Morale: quando De Rossi conobbe le inevitabili difficoltà tattiche nell’assemblamento di una squadra ovviamente imperfetta, non solo Souloukou e Ghisolfi non fecero niente per proteggerlo, ma infierirono su di lui. E Dan prese l’improvvida decisione di licenziarlo, dopo appena quattro giornate e, cosa assai più grave, dopo appena due giorni di allenamenti con la rosa al completo. 
Ecco, una cosa di cui possiamo essere certi è che a Ranieri e a Massara non verrà mai in mente né di suggerire né di autorizzare il licenziamento di Gasperini nel caso in cui nelle prime quattro partite del campionato la Roma dovesse perdere col Bologna e pareggiare con Pisa, Torino e Lazio (risultati che un bookmakers potrebbe persino quotare in maniera equilibrata, così come non c’era di che stupirsi per i tre punti nelle prime quattro un anno fa).

E se Friedkin procedesse lo stesso con l’esonero per esercitare il suo potere, siamo certi che Ranieri e Massara lo lascerebbero solo con le sue responsabilità, invece di goderne pregustandone chissà quali vantaggi.
Con Massara alla direzione sportiva, Ranieri al coordinamento generale e Gasperini alla guida della squadra la Roma oggi ha una struttura (quasi) perfetta. Mancherebbe un Ceo di ispirazione sportiva, un Marotta romanista. E chissà se Dan Friedkin ci stupirà ancora. Per ora ci accontentiamo della promozione di Ranieri (e gli effetti già si vedono: sua la scelta di Gasperini, suo lo zampino per il ritorno di Massara) e del ritorno di un altro figliol prodigo che non se n’era andato per superbia, ma umiliato da un altro presidente americano che aveva scambiato la sua serietà per un segno di scarsa personalità. Peccato per quest’anno di ritardo, ma ci consola l’idea che senza tutti quegli errori non sarebbe forse mai arrivato Claudio Ranieri.

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