Punto e virgola

Il torto maggiore è pensarlo per com’era

Questa è la sua grande occasione. Seguiamolo e studiamolo da allenatore. Ci stupirà. C’è il “rischio” che di lui non abbiamo ancora visto niente

Daniele De Rossi in conferenza stampa a Trigoria

Daniele De Rossi in conferenza stampa a Trigoria (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
20 Gennaio 2024 - 08:43

Ventidue minuti netti, molto meno di quello che si pensava/temeva per la prima conferenza stampa da allenatore della Roma di Daniele De Rossi, dodici domande, una cinquantina di presenti (tutto esaurito per la sala Champions di Trigoria), dieci minuti di ritardo all’inizio, due abbracci personalizzati alla fine (con un cronista amico che aveva seguito anche la sua avventura in Argentina e con Luca Valdiserri, a cui Daniele aveva dedicato la sua prima vittoria in serie B con la Spal nei giorni successivi al tragico incidente in cui era scomparso il figlio Francesco), tanti ringraziamenti per le domande e diversi sorrisi elargiti durante o dopo aver terminato le risposte. Sbrigata la pratica, il nuovo allenatore della Roma è tornato a concentrarsi su tutto ciò che c’era da fare di concreto per mandare nel verso giusto la sfida di oggi pomeriggio col Verona, la sua prima partita in Serie A, la prima con la divisa della Roma, esattamente 1700 giorni dopo essersela tolta via - definitivamente - da calciatore.

In mezzo, tra quel giorno e oggi, Daniele non ha fatto altro che lavorare per non farsi trovare impreparato nella nuova vita che l’aspetta, anche quando è andato a studiare in Argentina con la maglia del Boca, ragionando già allora da allenatore. A Ferrara, quando Tacopina lo chiamò per provare a salvare una squadra che il tempo ha dimostrato “insalvabile”, ha solo cominciato un percorso che lo porterà molto lontano e che adesso ce lo fa stare molto vicino, molto più di quanto sia mai stato da calciatore. Per quanto sia difficile, visto l’affetto sconsiderato che ogni tifoso romanista gli ha riversato per ciò che Ddr ha rappresentato quando giocava per la Roma («per chi ho corso?, per chi ho lottato?, per chi sono morto?»), lo sforzo più produttivo che si possa fare oggi è smettere di pensare a quello che è stato e cominciare a valutarlo per quello che da oggi sarà.

In ognuno di questi 1700 giorni trascorsi lontano dalla Roma, Daniele ha sognato ciò che accadrà alle 17,55 di oggi, di entrare con la divisa (con la tuta?) della Roma in un Olimpico pieno di passione (anche la rabbia per questo affrettato saluto a Mourinho dimostrerà passione) per guidare la Roma dalla panchina. E per farlo si è preparato con maniacale attenzione, leggendo, studiando, osservando, parlando, e poi magari poltrendo, viaggiando (con Sara che aveva messo in conto che presto o tardi lo avrebbe avuto un po’ meno per sé), giocando (a padel, nel tempo ha formato con Di Biagio una gran coppia), comunque pensando a un giorno che ha sempre saputo sarebbe arrivato. Non pensava magari così presto. Ma è accaduto. Ed è la sua grande occasione. Seguiamolo e studiamolo da allenatore. Ci stupirà. C’è il “rischio” che di lui non abbiamo ancora visto niente.

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