Cambia il vento, ma noi no
Abbonarmi alla Roma significava sposarla, giurarle amore incondizionato e avere la possibilità di andarla a vedere ogni domenica, tutte le domeniche: sempre.

Più di quaranta abbonamenti alla ROMA, uno dopo l’altro come un effetto domino che porta dritto al cuore.
Ricollegando l’estate del 1984 a oggi, la stessa linea temporale senza mai alzare la penna dal foglio. Ero al mare e, mentre giocavo a tennis, aspettavo mio padre con la poetica impazienza che hanno i bambini all’idea di riabbracciarlo dopo una settimana di lontananza perché lui era rimasto in città a lavorare. Quello che non mi aspettavo, invece, era quel blocchetto di foglietti – le tessera all’epoca erano fatte proprio così – che faceva sventolare nella mano.
D’istinto lanciai la racchetta e corsi da lui saltandogli in braccio, stringendolo così forte da lasciargli, probabilmente, i segni addosso. Io la felicità di quel momento non me la sono mai dimenticata, non la dimenticherò mai: ce l’ho addosso ancora oggi che una scena del genere l’avrebbero ripresa con chissà quanti telefoni scarnificandola della naturalezza che, invece, quell’abbraccio aveva.
Abbonarmi alla ROMA significava sposarla, giurarle amore incondizionato e avere la possibilità di andarla a vedere ogni domenica, tutte le domeniche: sempre. Roba da non dormirci la notte, altro che sabato del villaggio: la festa, qui, era iniziata due mesi prima. In una estate che ci avrebbe visto salutare Agostino Di Bartolomei e che avrebbe portato in giallorosso Ruben Buriani e Roberto Antonelli: l’estate di “Self Control” di Raf e “Sincerità” di Cocciante, dell’addio a Enrico Berlinguer e delle Olimpiadi di Los Angeles. L’estate dei ghiaccioli colorati, delle camicie a quadri, dei motorini “Sì” in due senza casco e di quel cuore di panna che ancora prima di un gelato era lo stato d’animo delle comitive dei ragazzi sui muretti a consumare chiacchiere, sigarette e baci.
Quell’estate, ad arricchire il campionato più bello del mondo, arrivarono Maradona, Briegel, Junior, Wilkins, Socrates, Stromberg, Souness, Rummenigge e chissà quanti altri. Rileggeteli questi nomi. Uno dopo l’altro. Protagonisti di un calcio dall’uno all’undici, un solo orario, due cambi e la corsa a casa dopo lo stadio per vedere 90’ minuto.
Ero un ragazzino, tutto sembrava magico e tutto, adesso, sembra cambiato. Sembra, però. Perché di Magica c’è ancora lei. E io, come tanti, ROMA MIA non mi sono mai mosso di qui.
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