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Tra Fabbri e Pairetto

Fischi e fiaschi

Gli elementi del trappolone c’erano tutti: le due grandi partite appena giocate, le due sfide topiche, la meno appetitosa in mezzo da affrontare con tante assenze

Fabbri durante Roma-Sassuolo

Fabbri durante Roma-Sassuolo (GETTY IMAGES)

13 Marzo 2023 - 09:22

Gli elementi del trappolone c’erano tutti: le due grandi partite appena giocate, le due sfide topiche nella settimana che sta entrando, la meno appetitosa in mezzo e da affrontare con tante assenze. Forse troppe per rinunciare dall’inizio anche al miglior giocatore della rosa. Ma qui finiscono le carenze inflitte dalla sorte e da qualche scelta azzardata. E cominciano le zavorre appioppate dall’esterno. Con un prologo ben preciso, a 48 ore dal Sassuolo: la conferma della squalifica di Mourinho. Nonostante la precedente sospensione, il deferimento di Serra, il suo chiarissimo labiale provocatorio e tutto il resto della storia che ormai si conosce a memoria, ma che la giustizia sportiva ha ritenuto opportuno mettere da parte. Senza alcuna arte. Per il capolavoro a quattro mani si è attesa l’occasione più propizia. Ovvero la prova del campo, con la Roma priva del suo mentore e la protesta civile delle tribune dell’Olimpico. Pensi: con queste premesse peggio di così non si può fare, mica si azzarderanno? E invece ti rendi conto quasi subito di quanta ingenuità si annidi in quell’idea. Che i fatti superano di gran lunga già in avvio, quando un pallone carambola fortuitamente sul braccio di Smalling e Fabbri - il carneade mandato a dirigere (?) l’apparentemente innocuo match, lontano da tensioni e attenzioni planetarie - su chiamata dei neroverdi fischia il fallo (in ritardo) per poi estrarre il giallo. Così, tanto per mettere subito in chiaro il tipo di conduzione. Che diventa palese non un’ora dopo, ma a un solo giro di lancette, quando un mani (quello sì, volontario) di un giocatore ospite non viene sanzionato col cartellino. Prodromi di una gestione irritante, che trova il culmine nell’episodio dirimente: Berardi prima provoca, poi assesta un calcetto a Kumbulla dove non batte il sole. L’albanese non gradisce e reagisce ben oltre le righe: giusto il rosso, assurdo non punire anche l’avversario (basta l’intenzione, ma lui è andato oltre), grottesco il rigore che non tiene conto delle premesse. Surreale il replay del Var che le cancella. Sarebbe perfino comico, se non ci fosse da piangere, il commento televisivo dell’ex arbitro di turno a fornire la giustificazione della malizia all’attaccante emiliano, paragonata poi a quella di Mancini con Kean. Per il delitto perfetto serve anche la narrazione romanzata. La partita ampiamente indirizzata e l’intervallo riportano alla realtà. Fanno perfino riaffiorare il pensiero iniziale: come potrebbe andare peggio di così? Nemmeno piove, se non qualche altro fiasco spacciato per fischio. Ci pensa di nuovo l’abbagliata coppia Fabbri-Pairetto, prima perdonando e poi dando un giallo “di consolazione” all’intervento killer di Ruan su Abraham. Stessa punizione assegnata a Matic per un non fallo, per dire. Prima dell’altro non fallo fischiato nel recupero al limite dell’area di Consigli a Ibañez, per dire ancora. La Roma ha scelto invece di non farlo già da prima e mai scelta si è rivelata più oculata, considerato l’effetto sulla classe arbitrale delle parole di Mou. E se la classe non è acqua, figurarsi la casta.

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