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L'Olimpico sdegnato prima, poi e durante

La Roma imbambolata da Fabbri e dal Sassuolo, sostenuta da un pubblico che ha “capito”

Lo Stadio Olimpico durante una partita della Roma

Lo Stadio Olimpico durante una partita della Roma (GETTY IMAGES)

13 Marzo 2023 - 10:04

La Sud non ha mai smesso di cantare, la Nord l’ha seguita, lo stadio ha mormorato spesso, ma ha capito. Non senza trascurare i sentimenti di rabbia e amarezza per la sconfitta con il Sassuolo, maturata in condizioni del tutto particolari e non nuove quando gioca la Roma. Un misto di componenti che conferma la regola che ha segnato l’ennesimo appuntamento fallito con uno step di crescita, il secondo aggancio mancato al secondo posto in classifica che si è frantumato davanti a una compagine in salute e senza pensieri come quella guidata da Dionisi. Ma soprattutto davanti alle solite provocazioni di Berardi, graziato dall’arbitro Fabbri, un altro dei soliti noti che magari domenica possima ritroveremo in Serie B o sul divano, ignaro però del calcio rifilato a Kumbulla, dopo la poco accurata, o accuratissima - fate voi - selezione delle immagini  Var. Viste, come avviene in tempi moderni, dopo pochi secondi, da tutti sugli spalti. Ma non da Fabbri. Giudicate in tv "malizia" dall’esperto arbitrale di Dazn in un’analisi sfortunatamente senza contraddittorio né difesa (la Roma è in silenzio stampa).

È finita cantando un "alé alé Roma alé" che non finisce più. E con la squadra sotto la curva applaudita, anche con quel sentimento di rassegnazione davanti all’imponderabile, all’arcinoto scherzetto sistemico di un vento che assomiglia da un lato al tanto famigerato Ponentino, ma dall’altro anche a un vento gelido per niente romano né romanista. "Chiunque difende i colori di Roma è nostro alleato. Daje Mourinho", ha scritto la Curva Sud prima del fischio di inizio. "Con Mourinho a difesa della Roma", "Più colpite, più combatteremo" e "In campo 11 Mourinho" sono invece gli striscioni comparsi in Tevere, da dove è partito il via all’attesa pañolada. Lo sventolio di fazzoletti bianchi c’è stato: non di 60.816 persone, cioè quelle presenti ieri all’Olimpico per il ventisettesimo tutto esaurito dell’era Friedkin-Mourinho, ma di una buonissima rapprestanza per una manifestazione del pensiero a cui certo in Italia non siamo abituati.

Anche il minuto di silenzio per il naufragio di Crotone disposto dal Coni ha atteso la fine di “Roma Roma”, la cui parte finale viene ormai cantata sempre a cappella dallo stadio per via delle tempistiche della lunga procedura cerimoniale di inizio gara. Ma il destino di Roma-Sassuolo è sembrato scritto fin dai primi minuti, con il signor due pesi e due misure Fabbri protagonista di cartellini a doppia velocità e con la squadra imbambolata. A poco è servita la luce di Dybala e i lampi dei primi gol in giallorosso di Zalewski e Wijnaldum. 

Con la squadra sempre costretta a rincorrere, la testa è andata presto anche sugli spalti al derby (continui i cori sul finale), anche se qualcuno ha avuto forse troppa fretta nel dimenticare la trasferta di San Sebastian di giovedì, che con questi chiari di luna in Serie A diventa un po’ più importante di prima.

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