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controvento

Con la Roma o contro: la dicotomia è tutta qua

Sì, lo sappiamo anche noi che domenica la Roma non ha sfoderato il suo volto migliore. Ma dateci quanto ci spetta e poi ne riparliamo. Di tutto però

Roma-Milan., di Mancini

Roma-Milan., di Mancini

02 Novembre 2021 - 09:11

Da questa parte. O da quella opposta. Bisogna scegliere. Perché alla fine è tutto qui. In quale lato del bivio imboccare. Semplice, primordiale, banale se si vuole. Ma chiaro. E non c'è modo di sfuggire alla questione. Non esiste disquisizione tecnica o tattica che tenga. Soprattutto non quelle tanto in voga quanto scontate. Sì, lo sappiamo anche noi che domenica la Roma non ha sfoderato il suo volto migliore. Sì, è palese che il Milan sia più avanti. Sì, nei big match manca la vittoria. E via sciorinando tutti gli immancabili pleonasmi che puntuali partono al triplice fischio (a volte perfino prima, quando c'è già il postsufeisbuk bell'e pronto che aspetta solo il clic su "invio") pur di demolire i giocatori della Roma, gli allenatori della Roma, i dirigenti della Roma, gli impiegati della Roma, qualsiasi cosa sia della Roma. Con una semantica che a ogni arbitraggio avverso (e cominciano a essere tanti, in appena undici giornate) somiglia in modo sempre più inquietante a quella dei teatranti di Calciopoli: «Eh, ma bisogna vincere a prescindere dai torti arbitrali». E perché mai? Dove sarebbe incisa questa tavola dei comandamenti di moggiana memoria, pronunciata per anni da chi ha costruito successi proprio grazie a una classe arbitrale complice (a dire poco), oltre che dai relativi accoliti?

Dateci quanto ci spetta e poi ne riparliamo. Di tutto però. Anche delle moviole negate, dei commenti a mezza bocca, degli imbarazzi di chi deve rifarsi una verginità lontana dal romanismo originario. Dei Var postumi che dimenticano certe azioni e ne vivisezionano altre, fino a scovare (presunti, molto presunti) contro-falli per giustificare le irregolarità evidenti non sanzionate. Perché ormai non basta più l'arroganza nel ricondurre i torti subiti all'alibi dei perdenti. È necessario andare oltre, negare l'evidenza, scavalcare i padroni a destra. Bisogna dire che in fondo Maresca non ha inciso così tanto, come prima di lui Orsato, e Guida, e Rapuano, e chissà chi altri dopo. Anzi, di più: che se proprio è successo, alla fine è scaturito un bel pari e patta con gli avversari («torti e favori si compensano sempre» resta un evergreen) o addirittura ne ha beneficiato la Roma. Già: è successo davvero, e non soltanto su media colorati e coloriti che devono compiacere la propria utenza di marca strisciata. Anche da queste parti. Perché vuoi mettere quanto "fa fico" indossare l'abito dell'imparziale? Anche laddove la vera oggettività consisterebbe nel riconoscere quello che uno stadio intero ha visto e sentenziato rivolgendosi in toni non proprio affettuosi al direttore di gara. Certo, condizionato dal proprio tifo (tanto per prevenire la consumata obiezione), ma non per questo folle o visionario. O meno credibile di chi si affretta a schierarsi dalla parte dei fustigatori a prescindere. Tutt'altro. Da quel lato c'è chi cerca il consenso di chi comanda, l'approvazione mainstream, il facile like. Da questo, chi vorrebbe giustizia. E quasi sempre la dicotomia si traduce facilmente. Contro la Roma. O con Lei.

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