Cogito Ergo Sud

Auguri Roma, nonna bambina

Chi tifa la Roma sente che sta avendo a che fare con il cuore di questa città. È sempre stata una grande passione popolare che arriva dritta, scavalca ogni cosa, non si ridimensiona

PUBBLICATO DA Tonino Cagnucci
22 Luglio 2025 - 06:00

Per me la Roma c’è sempre stata e c’è ogni volta che ti ricordi quando eri ragazzino, quando senti l’odore della sera di Roma, la notte di coppa che brilla con le luci sul ponte, le saracinesche come porte, il pallone vero che era quello duro, la scritta UR sul muro. C’è stata pure quando l’abbiamo messa da parte per le cose della vita, stava là che ti aspettava o a volte invece ti ha aiutato proprio nei momenti più infami che ti riserva la vita, se la vivi.  Donna, madre, moglie, amante. Soprattutto mamma per Pasolini e per Fellini

Auguri Roma, nonna bambina. Che mi hai insegnato la sostanza delle cose. Cruda. Nuda. Pronta. Sacra. Vera. La Roma per me è sempre stata un’enorme prova di sincerità, di veracità talmente grande da superare qualsiasi orpello, qualsiasi messa in ghingheri, qualsiasi strumentalizzazione volta a sminuire questa quasi arrogante prova di sentimento che è il romanismo. Pure se sfortunatissima, è capace di vincere la sfortuna e l’ingiustizia degli eventi, non perdendosi come tratto, come identità, come sentimenti. Cioè, gli altri possono acchittarsi tutto o mettersi in mostra o vincere sempre, ma la Roma arriva dritta, scavalca ogni cosa, non si ridimensiona con niente. E quando arriva ti travolge, ti affascina, ti innamora. La Roma è un’altra cosa. La Roma è sempre stata veramente una grande passione popolare, talmente grande da superare opportunismi, particolarismi, interessi, risultati. La Roma è sempre stata la Roma. 

Forse questa città millenaria, papale, regale, puttana, ministeriale, unica, troppo grande, provinciale, ignorante eppure sinonimo di cultura, eterna, ha trovato in una squadra di calcio un modo per coltivare anche in tempi così dispersivi e alienanti la propria identità: chi tifa la Roma sente che sta avendo a cuore il cuore di questa città. A volte fa male, ma è così forte e tenero tutto questo. È così forte e tenera la storia di Fabio Ridolfi che mi sono accorto di non aver mai scritto in un articolo. A 46 anni, dopo 18 passati a letto per una tetraparesi, e tanti a lottare per avere la revoca delle cure, Fabio quando finalmente ha ottenuto quello che voleva, ha chiesto di aspettare. Un attimo. Una sola cosa prima di…: vedere la finale di Tirana. Quando se ne è andato Fabio accanto al letto aveva la bandiera della Roma e il fratello ha detto che era felice perché la Roma aveva vinto. Oggi che la Roma nasce, voglio ricordare di come un uomo ha scelto di morire: tifando la Roma come ultimo atto della sua vita. L’ultima goccia di splendore. La Roma, la nostra smisurata preghiera.

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