Una corsa come firma
La solitudine del n° 1 con la corsa verso la Sud diventa un moltitudine: Mile forse per questo indossa il 99, l'ultimo numero possibile. Almeno fino al 2030

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Per la solitudine e per la teatralità, il portiere era il ruolo preferito di Pier Paolo Pasolini. È insieme fuori e dentro al gioco, ha il privilegio di toccare il pallone con le mani in uno sport che si definisce perché si gioca con i piedi. Ha una maglia diversa dai suoi compagni. È un a parte del discorso del calcio, un unicum, letteralmente un numero uno. Il primo.
Il primo portiere della storia della Roma non è stato Guido Masetti, ma Giuseppe Rapetti, poi Bruno Ballante il portiere del primo (cosiddetto) derby della storia: 8 dicembre 1929, Volk 1-0 per sempre. Guido Masetti in questa storia è più o meno tutto: una vita alla Roma, quando arrivò da Verona lo portarono sopra a San Pietro da dove vide il mare, lì si promise che doveva fare qualcosa di eccezionale per questa città. Vinse lo Scudetto da Capitano dopo che nemmeno un anno prima era stato messo ai margini e aveva scelto di giocare non in A, ma a Colleferro solo per restare vicino a Roma. Bernardini lo richiamò. In quel primo campionato tricolore parò a Venezia un rigore mentre sulla linea di porta, prima del tiro, dialogava in maniera immaginaria con la figlia che stava per nascere. L’8 maggio 1983 era a Genova, quando alle 17.45 di quel giorno la Roma tornava campione 41 anni dopo di lui.
Poi c’è Luigi Albani detto “Palletta” che rimbalzò dalla B alla A nel giorno della promozione a Verona parando tutto. Il pur vigile Panetti, il Ragno Nero Fabio Cudicini campione d’Europa con la Coppa delle Fiere e, malgrado tanto Milan, con la Roma dentro al cuore. Alberto Ginulfi da San Lorenzo, romano e romanista immenso che parò il rigore a Pelé, il baffone Paolo Conti che io me lo ricordo per le papere, ma che prima di lasciare il posto a Franco Tancredi era forte. Tancredi poi per me è il portiere della Roma. Punto. Ha parato tutto, anche se quella notte non è riuscito nemmeno a sfiorare un sogno che avevamo lì tra le sue, le nostre mani. Giovanni Cervone uno (1) che è andato a prendersi il pallone sotto la vetrata della Nord in un (cosiddetto) derby e che ha preso per il bavero Boksic. Julio Sergio che piange appoggiato al palo ma non lascia la Roma a Brescia (daje Julio Sergio super papà).
Doni che a Lione prese pure le stelle della Gerland, Francesco Antonioli che quasi in silenzio ha vinto il terzo scudetto (guardatevi le partite con Vicenza, Bologna e Atalanta) e mille altri. Mile. Svilar è un grande rinnovo per una Roma del futuro che ha dietro tutto questo passato, quella lunga corsa dalla curva Nord alla Curva Sud col Feyenoord è stata la sua firma. La sua corsa verso la folla in cui la solitudine del portiere è diventata moltitudine. È un numero uno che è diventato migliaia, Mile. Forse per questo porta il 99, l’ultimo numero possibile. Almeno fino al 2030. E oltre.
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