ASCOLTA LA RADIO RADIO  
cogito ergo sud

Sulle sue spalle

L’immagine di De Rossi con la coppa, di Spinazzola sorridente, di Florenzi e Cristante campioni, oltre che all’Italia fa bene soprattutto a noi. Il Romanismo è ovunque

(Foto Getty Images)

(Foto Getty Images)

13 Luglio 2021 - 14:36

No, non ci accolliamo nessun Europeo. La Roma è sempre un'altra cosa: centrale, prioritaria, non negoziabile, personalmente nemmeno paragonabile (è già di moda scrivere "testa al Montecatini" - che probabilmente sarebbe stato il titolo de Il Romanista in caso di sconfitta - ma è esattamente così) e durante simili manifestazioni certi sentimenti - simpatie e antipatie - non possono essere sospesi.

L'Italia che amo è quella che è stata e quella che dovrebbe essere (la patria del diritto, dell'arte, dell'umanesimo…) ed anche quella che per certi versi è: l'Italia dei comuni, dei campanili, delle contrade. Delle differenze in un mondo sempre più standardizzato. Solo una partita sentita in Curva Sud mi rapisce più di un Palio di Siena o di un Pisa-Livorno o di un Genoa-Samp, di un Cosenza-Catanzaro o... fate voi. C'è in assoluto poco di più passionale e vitale.
A parte tutti gli altri sport (adoro essere e sentirmi italianissimo alle Olimpiadi), nel calcio quando guardo l'Italia innanzitutto guardo ai romanisti e a tutto ciò che potrebbe essere ascrivibile a Roma e alla Roma; per questo un Europeo che finisce col nome nostro in bocca a mezzo mondo ("it's coming Rome" o "it's going Rome" o "it's coming to Rome" o... fate voi) è un bell'Europeo. Perché è così: «Il mio nome è il simbolo della tua eterna sconfitta», vale per tutti e vale sempre. Certo, quando si gioca contro la Francia, la Germania e l'Inghilterra – magari a Wembley – qualcosa di mediamente e genericamente italiano, anche fantozziano, germoglia e c'è anche questa parte di soddisfazione trasversale dopo la partita dell'11 luglio, è vero. Ammetto la "colpa". Però niente a che vedere con le immagini in mondovisione di Spinazzola felice e di De Rossi felice, e di De Rossi che si porta a cavacecio Spinazzola tutte e due felici, mentre corrono felici nei prati Florenzi e Cristante. «La spizza Bryan» signori è il mio commento tecnico da Italia-Turchia a Italia-Inghilterra.

Invece, per altro verso, nel rispetto, peraltro ovvio, di tutte le posizioni, a chi dice che di questo Europeo non gliene frega niente perché conta solo e sempre la Roma, io dico che proprio perché conta e sempre solo la Roma, allora come fa a non essere importante, e bello, e emozionante, vedere Daniele De Rossi con la coppa dei campionati d'Europa per Nazioni in mezzo al campo in immagini che sappiamo tutti saranno trasmesse più o meno quando si potrà e sicuramente ogni 11 luglio nei secoli a venire? Come si fa a non essere contenti per Leonardo Spinazzola, innanzitutto per lui e per il suo sorriso ritrovato da giocatore campione, ma anche egoisticamente per noi perché è lui il giocatore di questo Euro 2020, non solo il terzino sinistro più forte, ma quello che è diventato un coro da cantare a tutta Italia («Olè, olè, olè Spina, Spina») davanti alle telecamere. E lui è romanista. Gioca nella Roma e sono stati costretti a saperlo tutti adesso.

Cristante e Florenzi poi, insieme allo stesso Spinazzola, sono diventati i primi romanisti italiani campioni d'Europa per nazioni (nel 1968 c'era solo Picchio De Sisti, ma giocava alla Fiorentina, gli altri a vincerlo da romanisti sono stati Candela nel 2000 e Dellas nel 2004). Fa storia, fa statistica, aiuterà i ragazzini della Roma a dire «la Roma c'ha avuto questo e quello che…». Perché poi è ovvio che la Roma conta più di tutto e pure dei giocatori, ma – proprio per questo – non può essere una contrapposizione. A me De Rossi campione d'Europa a Wembley, con quel coppone in mano e quel sorriso me fa sta' bene come romanista, perché Daniele De Rossi è la Roma. Come lo è Totti, come lo è Di Bartolomei, come lo è Bruno Conti, come lo è Giacomo Losi e tanti (ma non troppi) altri. La Roma è più grande di tutti loro messi insieme, ma loro sono simboli della Roma. Si chiama sineddoche (la parte per il tutto), vi prego basta con questa contrapposizione. La Roma è sopra a ogni cosa, ma gli uomini, le persone e i giocatori che la incarnano vanno rispettati come la maglia stessa. Perché non è uguale se la maglia della Roma la indossa Agostino o – per esempio, che ne so – Manfredonia, non è uguale se la indossa Totti o Di Canio (spero che giustamente vi abbia dato già fastidio il solo accostamento).

Detto questo, e ribadito a tutti che alle porte c'è il Montecatini, oggi il pezzo vero dovrebbe essere per Zaniolo - per quello che gli è capitato e che alla Nazionale ha dato - e per Pellegrini e Mancini che, diversamente, ma hanno sfiorato la notte d'Inghilterra: saranno pure contenti da italiani e da giocatori che hanno anche contribuito a costruire questa squadra, ma è umano che avranno anche altri sentimenti. Ed è soprattutto a loro che va detto, «sì vabbè l'Europeo è bello, ma testa al Montecatini», cioè alla Roma, perché - non so se lo potete immaginare- ma quella che chiamano gioia a Wembley è un capodanno aziendale rispetto a quello che potrebbe capitare con una vittoria della Roma. Tanto poi se succede - non vi preoccupate - Daniele De Rossi ve porta a cavacecio pure a voi. Sareste sulle spalle di Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA