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Tor Di Valle, situazione di stallo per lo Stadio della Roma

L’amministrazione ha cambiato le proprie condizioni: ora si chiedono alla Roma le opere pubbliche che, però, non sono (più) di pertinenza del privato

07 Giugno 2019 - 08:28

«Le parole sono solo parole, ma contano i fatti». Ed ancora. «È confermata la volontà politica di andare avanti per lo stadio». La prima sarebbe una dichiarazione rilasciata dal vicepresidente esecutivo della Roma Mauro Baldissoni mercoledì sera al termine dell'incontro con il Comune per la stesura della Convenzione urbanistica. La seconda invece è una dichiarazione dell'assessore Daniele Frongia ieri a Retesport.

Le due affermazioni, poco importa se confermate o meno, descrivono pienamente il clima in cui si stanno vivendo queste ore sul fronte stadio. Da una parte il Comune di Roma che insiste nel confermare la propria volontà politica, senza però portare avanti fatti concreti che ne diano conferma, dall'altra la Roma che attende ormai da più di un anno di vedere riconosciuto quello che considera a tutti gli effetti un diritto acquisito. Un diritto che però l'amministrazione di Roma Capitale intende riconoscere solo alle proprie condizioni, che non sono proprio quelle di partenza. Ed ecco le altre parole di Frongia che ha ribadito, appunto, «l'importanza di avere le opere infrastrutturali antecedenti alla realizzazione dello stadio, posizione espressa anche dalla maggioranza 5 stelle».

Insomma va bene lo stadio ma prima le opere pubbliche. Posizione in astratto condivisibile, se non fosse però che le opere su cui si sta discutendo non sono (più) di pertinenza del privato. Dopo la modifica al progetto originale voluta proprio dai 5 stelle nel febbraio del 2017 infatti al privato competono poche opere, su cui nessuno ha intenzione di tirarsi indietro. Quello che i proponenti considerano inaccettabile è legare le sorti dello stadio e la sua apertura al pubblico a interventi importanti (finanziariamente e strutturalmente) come la Roma-Lido o il Ponte dei Congressi, di pertinenza rispettivamente il primo della Regione e il secondo del Comune. Posizione chiara su cui peraltro non ci risulta nemmeno che la Roma ed Eurnova si siano arroccati.

I proponenti infatti proprio nell'incontro di mercoledì hanno avanzato delle proposte che permettano la messa in sicurezza della mobilità e della viabilità anche in caso di ritardi nelle opere succitate, e non sarebbe nemmeno stato escluso un ulteriore investimento (anche se ovviamente non i 40 o 50 milioni che vorrebbe il Comune).

Fatto questo considerato più che positivamente dai dirigenti capitolini. Per ora le posizioni restano congelate, in attesa che i tecnici del Dipartimento Urbanistica valutino concretamente le proposte della delegazione giallorossa e riferiscano poi ai vertici politici, cui spetterà l'ultima decisione. «Entrambe le parti - ha ancora detto Frongia - vogliono arrivare a una decisione congiunta e concordata e per questo si rivedranno entro un paio di settimane». Una mezza verità quella dell'assessore, che nasconde le non poche insidie ancora presenti lungo il percorso da affrontare. Prova ne sono le parole di un altro esponente di maggioranza, il presidente M5S della commissione capitolina Mobilità Pietro Calabrese: «Se loro (la Roma ed Eurnova, ndr) pensano di andare avanti così, credo che la relativa variante urbanistica faticherà a ottenere l'ultimo passaggio in aula Giulio Cesare».

Un messaggio rivolto più che altro al proprio interno, alla sindaca, di cui però è opportuno non sottovalutare la portata. Lo spiraglio per un possibile esito positivo dell'iter, va detto, resta comunque intatto. I tempi sono più che maturi perché la città possa dotarsi finalmente di una così importante opera, che ormai attende il passaggio di quest'ultimo step da un anno esatto. Troppo tempo per chiunque, tranne evidentemente per chi a questo sogno crede ancora fortemente. Il nostro stadio, la nostra casa.

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