Primavera, il 1º tecnico di Lulli: "Già a 7 anni arava la fascia. Con lui era una festa"
Dalla convocazione di Gasperini con la Roma ai 2 gol col Monza, parla Stefano Versari: "Ha sempre fatto la differenza. La sua luce può accendersi ancora di più"
(MANCINI)
Niente paura, tu corri. Pure se quel tiro non va. Ma non è questo il caso: stavolta, la traiettoria partita dal piede di Emanuele Lulli è terminata in rete. Non una, ben due volte, contro il Monza Primavera. Incisivo lì davanti, sfrecciante sulla fascia destra. Quella scia su cui è tornato a seminare il panico. Classe 2007, talento e ambizione da vendere. E un occhio di riguardo da parte di Gian Piero Gasperini. A Il Romanista, il suo primo allenatore Stefano Versari lo ha raccontato. Spaziando tra passato, racconti, impressioni del numero 27 della Roma Primavera.
Dove vi siete incontrati?
"Con Emanuele ho lavorato tre anni, era piccolino e ho tanti bei ricordi. Abbiamo iniziato insieme. Era il 2013, a Palestrina, il suo paese di provenienza. C'era Roberto Tota come responsabile della scuola calcio, anche lui ha contribuito nel suo percorso. Alla fine del terzo anno è andato alla Roma Academy, per poi passare alla Tor Tre Teste e tornare alla Roma nel 2021".
Come era al tempo?
"Già a 6 anni era bravo, faceva la differenza in campo. Facevamo un esercizio complicato e lui capiva subito come svolgerlo. Dicevo sempre agli altri: 'Guardate quello che fa Emanuele'. Aveva una coordinazione motoria già affermata".
Era un leader?
"Assolutamente sì. Perché se non c’era lui in partita, i suoi compagni erano tristi. Arrivava lui e compariva il sorriso sul volto degli altri bambini! E ne parlo emozionato. Con lui era una festa".
Più leader tecnico o mentale?
"Per l’età era completo. Tecnicamente parlando era rapido, poi sapeva già muoversi. Capiva a chi passarla, capiva i movimenti degli avversari. Proteggeva palla già allargando il braccio sul corpo dell’avversario. Sapeva fare tutto. Ed era soprattutto intelligente: non aveva problemi nell’agire anche più arretrato, oppure a centrocampo".
Oggi è 2º nel Campionato Primavera per dribbling riusciti. Questa sua dote spiccava già al tempo?
"Raccoglievamo alcune statistiche e lui era sempre lì, puntuale. Era molto diligente: faceva qualsiasi cosa gli si chiedesse di fare. Era già bravo nel dribbling e, molte volte, prendeva palla e arrivava davanti al portiere. Gli dicevo: 'Una volta lì, passala ai compagni di squadra!'. Lui lo faceva e tutti erano contenti. Eseguiva, senza problemi. Riusciva a superare l’avversario, a temporeggiare… A 6 anni sapeva come attaccare l’avversario senza piantarsi per terra e farsi superare".
Eppure, alla Roma non è mai stato protagonista fisso.
"Lui rimane modesto, è nel suo carattere. Quando andò alla Roma, gli scrissi un messaggio di incoraggiamento: 'Continua a metterti a disposizione dei tuoi compagni. Con umiltà'. Gli dissi anche: 'In ogni caso, cerca di fare una giocata speciale. Anche se il mister ti limita'. Va sempre all'occhio di chi sta vedendo. E ricorda che c'è sempre qualcosa in più da dare'. Spesso ci si sente appagati. Non deve essere così".
E c'è qualcosa su cui può lavorare, avendoci lavorato insieme, per migliorare?
"Gioca spesso alto, è il laterale di oggi per antonomasia. Lo vedo più dietro, permettendogli comunque di ricoprire tutta la fascia. E ha tanta resistenza fisica, oltre a un gran cervello: corre tutta la fascia e lo faceva anche a 7 anni. Ma può giocare ovunque: libero, laterale, a centrocampo... Da lui si può ancora raccogliere molto: ha tanto da dare.".
Che cosa hai provato quando è andato alla Roma?
"Fu un'emozione grandissima. Ne fui contentissimo. Forse sono riuscito a trasmettergli qualcosa! (ride, ndr)".
Ricorda aneddoti di campo?
"A fine esercitazione, invitavo i bambini a raccogliere il materiale. Era l'unico o uno dei pochi a fermarsi... gli altri scappavano! (ride, ndr) Dicevo loro: 'Ricordatevi di Emanuele, da grandi!'. Io rubavo spesso con gli occhi dalle altre grandi squadre. E davo consigli a Lulli. 'Vai a battere il calcio d'angolo: ti faccio venire un giocatore incontro e ti faccio ridare la palla. Tu fai finta di tirare. Vedrai che l'avversario si girerà e riuscirai a raggiungere la porta'. Così fece e segnò. Con facilità".
Ora alla Roma c'è Gasperini. Può essere uno dei 'suoi' giovani?
"È una domanda per esperti. Ma bisogna puntare sui giovani. Me lo giocherei, magari in una partita tranquilla: credo che abbia il carattere per fare un passo del genere. L'ho conosciuto a 7 anni e già era 'quadrato', sapeva quello che faceva in campo. E oggi lo seguo a distanza: guardo gli spezzoni di partita in cui c'è lui, controllo se ha giocato e che cosa ha fatto".
Nell'intervista post-Monza ha detto: 'Posso migliorare nelle soluzioni'.
"Fa spesso il doppio passo, la stessa finta, e a superare l'avversario di turno. Una situazione che si verifica spesso. Dovrebbe lavorare sul sinistro: l'ho visto tirare, a volte, e non è andato bene. Ma può battere su quella caratteristica. L'importante è essere convincenti. Piano piano sta emergendo e la sua luce può accendersi ancor di più".
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