Interviste

Il direttore del St. Kevin's racconta Ferguson: "È sempre stato di alto livello. E quei 2 gol al Barça..."

Ken Donohoe racconta l'innesto della Roma: "Non è sempre stato un attaccante, da piccolo spiccava per il suo fisico. Fu il miglior giocatore nel nostro torneo"

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Lorenzo Paielli e Sergio Carloni
05 Agosto 2025 - 16:24

Gli inizi in Irlanda, l'arrivo al Brighton. Poi la parentesi al West Ham e la Città Eterna. Tutte le strade portano a Roma, d'altronde. E una di queste collega la Capitale a Dublino e il St. Kevin's. Lì, a più di 1800 chilometri in linea d’aria dal Colosseo, Evan Ferguson ha mosso i primi passi nel calcio, sotto gli occhi, tra i tanti, di Ken Donohoe. Non uno qualunque, ma il direttore dell'Academy, che a Il Romanista ha raccontato aneddoti e curiosità. Oltre al talento dell'attaccante irlandese.

Che tipo di ragazzo era Evan? 

"Era molto tranquillo, molto educato. Ed è sempre stato un buon compagno di squadra. Si è sempre comportato bene con tutti gli altri giocatori ed era sempre disposto ad accettare informazioni e consigli dai suoi allenatori, anche quando era solo un ragazzino".

Come avete reclutato Ferguson? Ha praticato anche altri sport prima?

"È arrivato al St. Kevin's quando aveva solo 4 o 5 anni. Suo padre e suo nonno hanno giocato al St. Kevin's prima di lui, quindi era 'scontato' che sarebbe venuto al St. Kevin's quando ha iniziato a giocare, da piccolo. Ha iniziato in un piccolo campionato per ragazzi di quattro, cinque e sei anni, che noi chiamiamo 'Little Saints Academy' e ha giocato lì fino a quando, a sette anni, ha iniziato ad approcciarsi al vero calcio".

È sempre stato un attaccante? Oppure ha sperimentato altri ruoli prima di affermarsi come centravanti?

“No, non ha sempre giocato come attaccante. Ha iniziato giocando in quel piccolo periodo in cui c'erano solo sei o sette giocatori, quando incoraggiavamo i ragazzi a giocare in tutte le posizioni. Quindi, quando ha iniziato, ha giocato in tutte le posizioni. Ha iniziato a giocare come attaccante solo undici anni fa".

Sono passati diversi calciatori irlandesi importanti per il St Kevin's, come Robbie Keane. Crede che Evan abbia dimostrato fin da subito di poter essere il più grande talento passato per l’Academy?

"Sì, quando era giovane faceva parte di una squadra molto forte. Quattro o cinque, forse sei di loro hanno continuato a giocare e hanno fatto carriera nel calcio. Lui era il più 'importante', spiccava per il suo fisico imponente, era più alto degli altri ragazzi. Si vedeva il potenziale che aveva quando ha iniziato a giocare a calcio a sette e a nove, quando aveva circa dieci o undici anni. Il suo potenziale era innato e sapevamo che, se avesse continuato ad allenarsi, sarebbe diventato un ottimo giocatore".

E parlando proprio di lavoro: era un ragazzo che si allenava di più rispetto al resto dei compagni?

"I ragazzi si allenavano tre volte alla settimana, mentre lui frequentava anche un corso privato di perfezionamento, un pomeriggio alla settimana. Quindi, quando aveva dieci, undici anni, si allenava quasi quattro volte alla settimana insieme agli altri ragazzi perché, come ho detto, faceva parte di una squadra molto, molto forte. Si allenava ed era sempre molto, molto puntuale. Lavorava molto duramente quando era con noi".

Quando ha capito che Evan avrebbe potuto avere un futuro importante?

"Quando aveva undici o dodici anni. Abbiamo sempre organizzato un torneo per molti anni, fino al 2020, quando è scoppiata la pandemia dovuta al Covid. Ma avevamo creato un torneo che si chiamava 'Academy Cup'. Il nostro club, il St Kevin's, organizzava l'Academy Cup ogni anno. E ogni volta avevamo squadre provenienti da tutta Europa: Barcellona, Lione, Ajax, le squadre di Madrid. Tutte squadre di altissimo livello. E Evan ha giocato questo torneo nel 2016, quando si trovava nell'Under 14. L'anno successivo ha giocato nella stessa categoria contro squadre come il Brighton, il Barcellona, il Deportivo La Coruña, il Genk; ed è stato il miglior giocatore del torneo, segnando due gol nella finale contro il Barcellona. Era evidente che sarebbe diventato un giocatore di alto livello. Sapevamo già allora che sarebbe diventato un grande calciatore".

Poi è arrivato il Bohemians. Prima degli irlandesi, è arrivata qualche proposta da parte di club inglesi importanti?

"Tutti i nostri giovani giocatori potevano andare a fare dei provini in Inghilterra già all'età di dodici anni. E lui ha fatto dei provini in tutti i club più importanti d'Inghilterra: Manchester United, Arsenal, Liverpool... Ha fatto dei provini in tutti quei club che erano interessati a ingaggiarlo, ma quando è arrivato il momento di prendere una decisione, o quando lui e suo padre hanno deciso di andare, ha scelto il Brighton perché lì c'erano già alcuni giocatori irlandesi e pensava che lì avrebbe potuto sfondare più rapidamente rispetto al Manchester United, all'Arsenal o al Liverpool".

Qual è il suo rapporto con Evan? Vi siete sentiti nel corso degli anni? Magari quando il Liverpool era fortemente interessato a lui, gli ha dato qualche consiglio...

"Io ero il vice-direttore. In quelle occasioni, se avessi potuto, avrei parlato con tutti i giocatori, sì; ma dal punto di vista dell'allenamento diretto e della gestione della sua squadra, nel corso degli anni, ci sono state altre personalità che lo hanno guidato, allenato, istruito e, ovviamente, persone che si occupavano dei dati, che facevano capo a me o che mi riferivano ciò che andava riferito. Lui avrebbe sempre scelto l'Inghilterra, prima di tutto. Quindi la decisione alla fine sarebbe stata sua e della sua famiglia, ma noi lo avremmo guidato e gli avremmo parlato. Oppure, magari, lui sarebbe venuto a parlarci delle preoccupazioni che avrebbe potuto avere o se stava prendendo la decisione giusta e cose del genere".

Che consiglio darebbe all'Evan di oggi? Pensa che possa trovarsi bene alla Roma e in particolare nel calcio italiano?

"Ha avuto un paio d'anni di infortuni, ha iniziato molto bene e ha brillato. Per molti giocatori, quando iniziano o iniziano a fare colpo quando sono molto giovani, l'esperienza diventa più difficile nel secondo e terzo anno. E ovviamente ha avuto alcuni infortuni che hanno rallentato il suo sviluppo. Senza infortuni, penso che avrebbe avuto molto successo in qualsiasi squadra. Spero che abbia davvero successo lì alla Roma: penso che ce la farà. Credo che si renda conto che non sarà facile come calciatore professionista. Probabilmente, quando è entrato nella squadra del Brighton da giovane pensava che tutto sarebbe andato bene. Che l'esperienza calcistica sarebbe stata fantastica per il resto della sua vita. Ma non è così, il calcio non funziona in questo modo. Quindi se ne è reso conto. Questa è un'opportunità per lui, per poter fare bella figura in un club molto famoso. E, come ho detto, se non si infortuna, sicuramente segnerà gol e avrà successo alla Roma".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONSIGLIATI