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La partita

Napoli velata: l'ultimo appello per la Roma

I giallorossi si ritrovano addirittura a difendere il 5° posto. Su un campo storicamente ostico eppure spesso generoso con noi nelle ultime stagioni

L'esultanza di Veretout nella gara d'andata, di LaPresse

L'esultanza di Veretout nella gara d'andata, di LaPresse

05 Luglio 2020 - 08:28

Con il rischio che l'anima dei realisti si sia appiattita con quella dei pessimisti, l'approccio di chi ama i colori più belli del mondo alla sfida di stasera a Napoli per la 30ª giornata del campionato di Serie A (calcio d'inizio alle 21,45) è di quelli decisamente cauti. Quasi nessuno gioisce di quella che in altri tempi sarebbe considerata un'opportunità, quella di giocare immediatamente dopo la cocente delusione sofferta giovedì sera.

Si torna subito in campo, ma di fronte c'è un Napoli che nella stessa serata non ha affatto sfigurato contro la schiacciasassi di Bergamo, pur dovendo alla fine arrendersi all'uno-due firmato Pasalic-Gosens. È una sorta di spareggio per il quinto posto, ben sapendo che dopo la vittoria degli azzurri in Coppa Italia, non c'è differenza pratica ad arrivare quinti o sesti: l'eventuale scivolamento al settimo, costringerebbe la Roma al preliminare, la tragedia dell'ottavo posto costerebbe anche la possibilità di partecipare alle coppe. Il Napoli è là dietro, a distanza di tre punti: il distacco è stato marcato dalla vittoria della Roma all'andata, otto mesi fa, all'epoca di un squadra che macinava chilometri, azioni e avversarie, aveva battuto il Milan e il Napoli a stretto giro, rilanciando le proprio ambizioni in una maniera che sembrava definitiva. Oggi l'atmosfera è completamente diversa. Nessuno guarda più dove sia finita l'Atalanta, nessuno pensa più alla Champions League, nessuno sa dare una spiegazione al fatto che dopo la vittoria di Firenze prima di Natale la Roma avesse 7 punti in più dei nerazzurri (che dovevano ancora giocare la sfida col Milan, poi stravinta 5-0) e oggi sia sotto di 12.

A vedere le partite del postCovid la Roma sembra anche essere la squadra più stanca, o almeno quella peggio preparata. Fonseca ha smentito ieri in conferenza stampa alcune indiscrezioni apparse sui giornali secondo le quali i giocatori gli avrebbero confessato di sentirsi stanchi, svuotati. Ma indubbiamente tra la sfida di Milano e quella di giovedì sera la squadra giallorossa è sembrata a corto di energie. A San Siro faceva molto caldo, è vero, ma per tutte e due le squadre, e chi ha ambizioni di vertice (e il quarto posto è un vertice, con quello che determina e che sposta in termini finanziari) non può scoppiare come è capitato alla Roma nel secondo tempo. La stessa temperatura c'era ieri a Torino, ma la Juventus ha perseguito il suo risultato con forza e nessuno è sembrato risentirne. E lo stimolo sembra lo stesso per tutte e quattro le prime della classifica: perché solo la quinta non dovrebbe averne? Se invece è una questione fisica, al di là delle smentite di Fonseca sui dettagli delle conversazioni con i calciatori, bisognerà capire che tipo di lavoro si è fatto alla ripresa e perché solo a Trigoria questo lavoro non ha dato frutti.

Napoli poi è un campo storicamente ostico, eppure negli ultimi anni è stato spesso generoso con la Roma. Basti pensare che l'ultima sconfitta al San Paolo è arrivata quando in panchina c'era Benitez, novembre 2014. Da allora due vittorie e due pareggi. Gattuso ha indubbiamente rinvigorito la squadra che con Ancelotti si era spenta: nelle ultime quattro partite in casa il Napoli ne ha vinte tre, le quattro precedenti erano state altrettante sconfitte. Ma la Roma di certo non può vantare al momento prestigiosi ruolini di marcia, neanche fuori casa: nelle ultime quattro trasferte sono arrivate tre sconfitte (Sassuolo, Atalanta e Milan), quante ne erano state accumulate nelle venti precedenti partite lontani da Roma. L'aria del San Paolo fa bene a Dzeko, a segno quattro volte in altrettante gare. E la doppia vittoria tra casa e trasferta contro il Napoli manca da tanto, troppo tempo: era la stagione 1997-98, quella del primo Zeman. Arbitra Di Bello, al Var Mazzoleni, quello che al derby tolse dal monitor il rigore sacrosanto su Kluivert: sarebbe cambiato forse il destino del campionato.

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