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Amarcord

Coppa delle Fiere: cinquantotto anni fa il trionfo della Roma contro il Birmingham

L'11 ottobre 1961 la vittoria di Losi e compagni contro gli inglesi. I giallorossi restano l'unica squadra italiana ad aver vinto il trofeo, antenato della Coppa Uefa

11 Ottobre 2019 - 08:43

Sul tetto d'Europa: l'11 ottobre 1961 allo Stadio Olimpico la Roma conquista la Coppa delle Fiere, antenata della Coppa Uefa, e diventa la prima squadra italiana a conquistare un trofeo continentale (escludendo la Coppa dell'Europa Centrale, limitata a quattro Paesi). Al termine di una cavalcata durata un anno intero - la prima gara i giallorossi la giocano il 4 ottobre del 1960 - la squadra guidata da Giacomino Losi in campo e da Luis Carniglia in panchina batte 2-0 il Birmingham City dopo il 2-2 dell'andata in terra inglese e alza al cielo il prestigioso trofeo.

È la Roma di Pedro Manfredini e Francisco Lojacono, la Roma che veste la polo rossa con i numeri bianchi tagliati a mano e cuciti sulle spalle, la Roma di Anacleto Gianni e Vincenzo Biancone, che si rialza da un decennio - quello degli Anni 50 - non facile e dimostra al resto d'Italia di poter competere ai massimi livelli. I giallorossi lo dimostrano già in campionato, battendo la Juve campione d'Italia (che si confermerà tale) e fermando il Milan di Cesare Maldini, Trapattoni e Nils Liedholm. In quel giro di campo di Losi con la Coppa al cielo, dopo averla ricevuta dalle mani del presidente della Fifa Stanley Rous, c'è la rivalsa di un'intera città. «A casa ho una miniatura del trofeo che custodisco gelosamente - ha raccontato Losi al nostro giornale - La davano solo ai capitani della squadra vincitrice. La gente era impazzita, perché Roma, quando festeggia, festeggia veramente: la città era tutta un corteo, una gioia irrefrenabile che andò avanti per giorni».

Botte da orbi

Con il Grande Real dominatore assoluto in Coppa dei Campioni (Di Stefano e compagni vinceranno le prime cinque edizioni del torneo), la neonata Coppa delle Fiere offre la possibilità di imporsi a livello continentale. In corsa ci sono squadre di assoluto valore, a partire dal Barcellona che si è aggiudicato l'edizione precedente. E poi l'Inter, gli ungheresi dell'Ujpest, il Colonia e la Stella Rossa di Belgrado, tanto per citarne alcune. La Roma, sotto la guida tecnica di Foni, elimina in sequenza i belgi dell'Union St. Giloise, il Colonia e l'Hibernian, raggiungendo la finale. Nel frattempo in panchina l'avvicendamento porta nella Capitale l'argentino Luis Carniglia: proprio lui ha conquistato due delle cinque Coppe Campioni dei Blancos, prima di essere cacciato da Santiago Bernabeu per aver lasciato fuori un acciaccato Puskas nella finale del '59. Dopo il 2-2 maturato a Birmingham il 27 settembre (data evocativa, in casa giallorossa), si replica all'Olimpico l'11 ottobre. La partita è combattuta, ben oltre il sano agonismo: gli inglesi le danno di santa ragione, Angelillo e compagni non stanno certo a guardare e rispondono per le rime. Ma quando, al 56', la Roma passa in vantaggio grazie all'autorete di Farmer, i biancoblù abbandonano definitivamente la loro (presunta) signorilità e iniziano a menare come fabbri. Tanto che Carniglia, esasperato dalle entratacce subite dai suoi, si rivolge all'allenatore avversario Merrick e gli dice: «O i tuoi smettono di picchiare, o ti prendo a pugni. Battiamoci noi due, e lasciamo che i ragazzi giochino».

Giocano decisamente meglio i ragazzi in giallorosso: galvanizzati dal vantaggio e spinti dai circa cinquantacinquemila sugli spalti, Lojacono e compagni diventano totalmente padroni del campo. Le difficoltà vissute nella gara d'andata svaniscono. Sotto un sole estivo (si gioca alle 15 in una delle più classiche "ottobrate" romane), la Roma nasconde la palla agli avversari e va a caccia del raddoppio: lo sfiora all'88', con Manfredini che colpisce il palo, quindi lo trova all'ultimo minuto. Pestrin riceve palla da Lojacono e dai trenta metri lascia partire un gran tiro su cui il portiere avversario Schofield non può nulla. È il tripudio, sugli spalti, in campo e in città. Lojacono abbraccia il connazionale Carniglia, la Coppa finisce nelle mani affidabilissime di "Core de Roma", sul cui volto è finalmente visibile la stanchezza: del resto, la Roma appena tre giorni prima ha giocato contro il Venezia. Esplode la festa. Di lì a qualche anno, in bacheca entreranno le prime due Coppe Italia della nostra storia. Alla faccia di chi, ancora oggi, sostiene la teoria della "Rometta": la Roma era, è e sarà sempre la Roma, senza "etta". Come si può usare un qualsiasi diminutivo per una cosa grande, enorme come la Roma?

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