Vince l’Inter, ma la Roma fa sperare
Una distrazione iniziale tra Celik e Ndicka mette tutto in salita. Poi non basta una grande prestazione

(GETTY IMAGES)
Dieci minuti di sofferenza iniziale e la Roma ha lasciato il gol e la partita alla più forte squadra del campionato, con cui oggi condivide il primo posto in classifica (e il Napoli, sconfitto ieri a Torino, è con loro). Tra Roma e Inter finisce 0-1, gol di Bonny al 6’ con uno sciagurato movimento non coordinato tra Celik e Ndicka e prateria aperta per il sostituto di Thuram che ha battuto Svilar sul suo palo (seconda incertezza dopo il gol di Firenze) e ha scavato un solco che la squadra giallorossa non è stata più in grado di colmare, a dispetto di un numero di conclusioni davvero rilevante. Perché dopo quell’avvio balbettante la Roma si è ripresa, le marcature individuali studiate da Gasperini hanno preso a funzionare, il tasso agonistico si è alzato e a sorpresa la Roma ha tenuto botta fino a giocare l’intero secondo tempo nella metà campo avversaria, sfiorando più volte il gol del pareggio e rischiando il minimo nonostante l’ingresso continuo di rinforzi offensivi, da Dovbyk a Ferguson, da Baldanzi all’esordiente Bailey, fino a disegnare alla fine uno sbilanciatissimo 3421 con Cristante braccetto di sinistra, Baldanzi mediano e Ferguson e Bailey alle spalle di Dovbyk. Uno sforzo erculeo che non ha premiato la Roma e ha fatto diventare oro quel gol all’alba della serata, lasciando in bocca l’amaro sapore della sconfitta, ma anche la dolce sensazione di un livello superiore raggiunto, in qualche modo sancito dall’applauso finale della Curva Sud alla squadra riunita al cospetto dei tifosi. Insomma, la Roma c’è e Gasperini è il suo profeta. Il Milan potrebbe passare avanti a tutti se stasera batterà la Fiorentina, ma in ogni caso è bello trovarsi lì sapendo a questo punto che non è una posizione casuale.
Peccato per quell’avvio choccante: come se tutte le prove antiInter svolte nei quindici giorni trascorsi a Trigoria senza i nazionali, al confronto con la realtà si fossero all’improvviso rivelate prive di qualsiasi consistenza logica. Nei minuti iniziali la Roma si è trovata in difficoltà ad aderire allo scenario tattico immaginato da Gasperini: dopo qualche tratto di partita Mancini si è trovato ad esempio a fare la pressione altissima su Barella al limite dell’area avversaria, lì dove si sarebbe dovuto trovare Hermoso, una delle mosse a sorpresa della Roma. Wesley a sinistra è apparso smarrito, Ndicka confuso da braccetto di destra, con Celik incerto, restituito all’antico ruolo di esterno di centrocampo. Gasp aveva immaginato di proiettare Koné su Calhanoglu, di alzare appunto Hermoso su Barella, con Ndicka inevitabilmente spostato a destra su Bonny, con Mancini ad occuparsi di Lautaro, gli esterni Celik e Wesley rispettivamente su Dimarco e Dumfries, Cristante a vedersela con l’immenso Mkhitaryan, e Dybala falso nove, con Soulé e Pellegrini a reggergli il gioco e a complicare la prima impostazione dei centrali interisti. Tutto al cospetto della grande qualità dei nerazzurri: così ad ogni incertezza giallorossa in quei primi momenti è corrisposta un’azione pericolosa dell’Inter. Già dopo due minuti uno scarico svogliato di Pellegrini ha mandato Barella ad involarsi sulla fascia, ma il suo cross non è stato precisissimo.
E dopo sei è arrivata la frittata che ha indirizzato subito la partita: dopo un’insistita azione offensiva romanista, Barella si è trovato a gestire un pallone sulla sua trequarti senza alcuna pressione - perché Hermoso si era attardato su una marcatura preventiva non richiesta (ma necessaria a volte, nei dispositivi gasperiniani, se salta un meccanismo), ed è uscito tardi - e da lì ha servito un bel movimento di Bonny in profondità, con Ndicka e Celik indecisi se seguirlo o lasciarlo in fuorigioco, e come spesso accade in questi casi, nell’indecisione hanno fatto la scelta sbagliata, cioè restare fermi tenendo però in gioco l’attaccante che si è trovato così da solo nella metà campo avversaria, con Dimarco solo dall’altra parte ad invocare il pallone e Ndicka impegnato in una disperata rincorsa all’indietro, quasi riuscita peraltro, ma al momento decisivo il francese ha calciato addosso a Svilar che stavolta non è riuscito a respingere e la palla gli è sfilata sotto le braccia. La corsa verso la metà campo dell’assistente di Massa, Meli, ha confermato il sospetto che l’incubo si stesse subito materializzando: dopo tanti giorni di speranza, in pochi minuti l’Inter era già in vantaggio perché Bonny era in posizione regolare e la sensazione era che i nerazzurri potessero tracimare. Pellegrini, con una bella discesa personale terminata con un tiro deviato in corner, e poi Cristante, incornando il relativo calcio d’angolo alto di poco sopra la traversa, hanno dato una boccata d’ossigeno ai romanisti in apnea, ma un nuovo errore di Ndicka al 14’ (palla persa per tentare un dribbling su Bastoni in zona pericolosa) ha mandato ancora Mkhitaryan al tiro, per fortuna altissimo. Gasperini predicava calma, la Roma l’ha seguito e pur tenendo altissima la tensione agonistica a poco a poco si è ritrovata ordinata nelle sue pressioni e l’Inter si è progressivamente ridimensionata. Al 30’ Wesley con un bel cross di destro da sinistra ha invitato alla conclusione Celik e Soulé, ma entrambi sono arrivati in ritardo di un soffio, al 31’ Acerbi si è inventato una sceneggiata dopo essere stato sfiorato da Celik in area, mentre al 36’ e al 44’ Dumfries è stato graziato due volte da Massa, con Ndicka (ammonito su Bonny) e soprattutto Mancini a chiedere spiegazioni.
Nella ripresa gli allenatori non hanno cambiato niente e Ndicka ha rischiato grosso colpendo da dietro Lautaro a centrocampo, ma anche in questo caso Massa non è intervenuto. Al 5’ un altro errore di Pellegrini ha aperto una voragine su cui si sono fiondati Bastoni e Dumfries, il cui tiro stavolta è stato disinnescato da Svilar. Ma è stato un attimo, uno dei pochi momenti della ripresa in cui l’Inter si è affacciata nella metà campo romanista. Perché poi la Roma ha alzato i giri del motore, mostrando intanto una preparazione atletica in netta crescita, e sono fioccate le occasioni. Già al 7’ uno splendido taglio di Dybala nel cuore della difesa è stato assecondato da Koné e il sinistro dell’argentino da posizione un po’ defilata è stato intercettato col gomito da Sommer, con la palla terminata sull’esterno della rete a dare la sensazione del gol a buona parte dello stadio. Sul relativo corner Pellegrini ha colto a centro area Hermoso, ignorato dagli interisti, ma la sua schiacciata è stata stemperata da Sommer, sulla respinta la palla è finita a Koné che ha calciato da fuori area, ma la traiettoria è stata deviata con un braccio da Acerbi, per la conseguente punizione a cura Dybala, ancora una volta bloccata da Sommer, tornato ai suoi livelli Prime. Gasperini ha allora tolto Pellegrini e Ndicka per inserire Dovbyk e Ziolkowski, e la Roma ha continuato a macinare. Al 14’ una percussione quasi muscolare di Dybala ha consentito a Celik di trovarsi la palla buona sul destro da dentro l’area, ma Acerbi in scivolata gli ha negato la gioia del gol.
E sul corner stavolta Mancini ha fatto la torre per Dovbyk che ha incornato dal basso verso l’alto mandando la palla oltre la traversa. Anche Chivu è corso ai ripari: dentro Pio Esposito per lo spento Lautaro e Frattesi per l’esaurito Calhanoglu. Ma la Roma ha continuato ad attaccare: al 19’ Mancini è andato in dribbling in mezzo a tre prima di servire Soulé che è entrato in area e ha tirato purtroppo col piede debole, il destro, cercando la precisione in diagonale, ma trovando ancora le mani protese di Sommer. Bastoni ha allentato l’assedio spaventando Svilar, così Gasperini ha provato le ultime carte, inserendo Bailey per Dybala e addirittura Baldanzi per Hermoso, e poi Ferguson per Soulé, per un assetto iperoffensivo. E Chivu ha risposto coprendosi ulteriormente, e dopo aver tolto Bonny per Sucic, ha terminato con Zielinski per Barella e Carlos Augusto per Dimarco, per un 361 iperdifensivo. Nel finale l’Inter ha sfiorato il raddoppio in contropiede (incertezza di Cristante, palla da Frattesi a Mkhitaryan e destro fuori di pochissimo), mentre la palla del pareggio l’hanno avuta prima Dovbyk, che s è girato in area calciando addosso a Sommer, e poi ancora Cristante di testa su punizione laterale di Bailey, ma ancora alta di poco. Peccato.
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