Altro che “Rometta”
In casa dei granata, il 1° novembre 1964, conquistiamo la nostra prima Coppa Italia. Decide un gol dell’ex juventino Bruno Nicolé. Losi alza al cielo il secondo trofeo nel giro di tre anni

(AS Roma Ultras)
Il Torino evoca sempre tanti ricordi: dal testa a testa per il tricolore nel 1941-42 alla dolorosa finale di Coppa Italia 1992-93, passando per le finali invece felici del 1980 e del 1981, senza dimenticare la festa per il secondo Scudetto il 15 maggio 1983. Ma Torino e il Torino ci riportano alla memoria anche la prima Coppa Italia della nostra storia, vinta nel 1963-64 in doppia sfida. Il format, in realtà, prevedeva la finale in gara secca, ma dopo lo 0-0 maturato nei 120’ disputati all’Olimpico il 6 settembre 1964 si rese necessaria la cosiddetta “bella”. La lotteria dei rigori era ancora di là da venire, e il replay venne fissato per il 1° novembre.
Gli avversari
Il Toro era guidato in panchina da Nereo Rocco, il “Paròn” che soltanto un anno prima aveva portato il Milan alla vittoria della prima Coppa dei Campioni della sua storia. Squadra coriacea, quella granata, tosta da affrontare e difficilissima da battere, come testimonierà anche il terzo posto che otterrà nel 1964-65. In campo vola la “Farfalla granata” Gigi Meroni, talentuosissima ala destra che perderà la vita a soli 24 anni, nel 1967, tragicamente investito da un’auto sul Corso Re Umberto. Se Meroni rappresentava la qualità e l’estro, allora la quantità era compito di Giorgio Ferrini, alias “la Diga”, una sorta di De Rossi granata, ancora oggi primatista di presenze nella storia del Torino (566 in totale tra il 1959 e il 1975), espulso dopo 7’ nella famosa battaglia di Santiago dei Mondiali 1962, con la Nazionale. In finale ci erano arrivati eliminando l’Inter ai quarti e la Juventus in semifinale, trascinati (anche) da un grande Joaquin Peirò, che in estate però si era accasato all’Inter. Insomma, la Roma di Juan Carlos Lorenzo si trovò di fronte un’avversaria tra le peggiori possibile, anche storicamente: i granata ci avevano infatti già sfilato il trofeo nella finale del 1942-43, quella persa 0-2 a vita per il calcio all’arbitro che portò alla squalifica a vita (poi revocata) di Amedeo Amadei.
Il protagonista
E la gara fu infatti molto difficile: tesa, combattuta, a tratti molto nervosa. Nel complesso equilibrata, nonostante a fare la partita fu principalmente il Torino: ma il muro alzato da Losi e da uno straordinario Schnellinger impedirono ai granata di trovare la via del gol. La trovò invece Bruno Nicolè, attaccante padovano ed ex juventino, bravo ad approfittare dello sbilanciamento granata in avanti all’85’: sua l’unica rete dell’incontro, quella che permette a Giacomo Losi di alzare al cielo la prima Coppa Italia della nostra storia, e a un giovane “Picchio” De Sisti il Trofeo Dall’Ara, consegnato fino al 2021 alla squadra capace di aggiudicarsi la coppa nazionale.
Nicolè, che si ritirerà nel 1967 a soli 27 anni, rimase a Roma soltanto quella stagione, collezionando appena 22 presenze, con 4 gol. Uno, però, gli permise di entrare per sempre nella storia giallorossa. Lui, giovane stella della Juve a cavallo tra gli Anni 50 e 60, fu poi fermato da continui problemi muscolari e da un fisico perennemente sovrappeso. Eppure, è stato per 55 anni il marcatore più giovane nella storia della Nazionale (superato da Gnonto nel 2022) ed è ancora oggi quello che ha indossato la fascia di capitano azzurro in più tenera età (21 anni e 61 giorni). Quel giorno, come molti suoi compagni, scoppiò in lacrime al triplice fischio dell’arbitro Campanati. «Mi dispiace solo per Rocco - disse dopo la gara ai cronisti presenti - che è stato il mio maestro, ma questa è una gioia immensa».
Sempre sul pezzo
E fu una gioia immensa (ovviamente) anche per Giacomo Losi, “Core de Roma”, che tre anni prima all’Olimpico aveva effettuato il giro di campo mostrando ai tifosi la Coppa delle Fiere vinta in finale contro il Birmingham. Il 1° novembre 1964, al Comunale di Torino, alzò al cielo anche la nostra prima Coppa Italia, che sarebbe poi stata bissata nel 1968-69. Alla faccia di chi tende a chiamarla “Rometta”, la Roma degli Anni 60 porta a casa tre trofei, uno dei quali internazionale: è la Roma in cui militaronmo campioni del calibro di Ghiggia e Schiaffino, Peirò e Angelillo, Da Costa e Manfredini, De Sisti e Cudicini. Una squadra che seppe vendere cara la pelle e che, al netto delle tante difficoltà economiche e tecniche, rese orgogliosi i propri tifosi.
Quel pomeriggio del 1964, a Torino, la Roma scrisse un pezzo molto importante della sua storia, e lo fece dopo una stagione estremamente tormentata, conclusa al dodicesimo posto in campionato. La speranza è che anche domenica prossima, dopo un’annata molto difficile, si possa fare festa per il raggiungimento di un traguardo che soltanto pochi mesi fa pareva impossibile.
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