AS Roma

L'esempio di Eusebio

Dopo il 4-1 subito al Camp Nou arrivarono forte pressioni su Di Francesco per tenere i titolari per la sfida successiva di campionato con la Lazio. Che per fortuna non ci cascò

Di Francesco durante Roma-Barcellona

Di Francesco durante Roma-Barcellona (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
08 Maggio 2024 - 07:00

La designazione dell’arbitro Makkelie per la gara di domani sera a Leverkusen è un altro piccolo segnale da cogliere. Indirettamente, il fischietto olandese fu tra le cause scatenanti della più emozionante rimonta riuscita alla Roma nella sua storia: quella del 10 aprile 2018 all’Olimpico contro il Barcellona, battuto 3-0 nella gara di ritorno a ribaltare il pesantissimo 4-1 subito all’andata. A determinare il quale fu anche il pessimo arbitraggio di Makkelie. Così sul Romanista del 4 aprile, il giorno dopo la gara d’andata, raccontammo la partita sotto il titolo Orgoglio e Pregiudizio: «Due autogol, due rigori negati, la Roma va ko 4-1 al Camp Nou e quasi non sa perché. Ha pesato il blasone blaugrana (anche sull’arbitro) e la nostra inesperienza a certi livelli. Resta una gara giocata con dignità. Ora cerchiamo di essere più forti e provare a batterli. Malgrado tutto». A crederci, a dispetto di ogni pronostico, fu soprattutto Eusebio Di Francesco, capace di caricare i suoi giocatori sia dal punto di vista mentale sia dal punto di vista tattico in una maniera eccezionale, tanto da far dire qualche tempo dopo al capitano giallorosso Daniele De Rossi: «Quell’impresa porta soprattutto la firma di mister Di Francesco. Con un altro allenatore non ci saremmo riusciti». Sono diverse le similitudini di quella sfida con quella che la Roma giocherà domani sera alla BayArena. Anche allora, come oggi, la Roma si sta giocando la qualificazione alla Champions League in campionato con l’allenatore che si ritrova a gestire le forze non illimitate della rosa e con la prospettiva di un derby da giocare quattro giorni dopo decisivo ai fini della corsa al terzo posto (allora ultimo gradino utile per giocare la più prestigiosa competizione continentale l’anno successivo). Stavolta c’è l’Atalanta ad attendere i giallorossi domenica sera e come allora c’è chi più o meno esplicitamente invita De Rossi a risparmiare le forze migliori proprio per il campionato.

Nella conferenza stampa prepartita, Di Francesco disse più o meno così: «Questa partita va affrontata con i migliori, poi penseremo al derby. Dobbiamo cercare di fare qualcosa di importante, con amore e passione e dando il massimo per i colori che mostriamo. È l’occasione per meritare di conquistare qualcosa di importante. Abbiamo conquistato qualcosa che nessuno si aspettava, ma perché non credere al miracolo fino alla fine? Siamo sotto di tre gol, ma abbiamo il dovere di provarci e di dare il massimo, con la miglior formazione possibile. Solo dopo penseremo al derby». Per la partita studiò uno schieramento tattico inedito, provato peraltro pochissimo in allenamento, con tre difensori (da destra a sinistra Manolas, Fazio e Juan Jesus), quattro centrocampisti (Florenzi, De Rossi, Strootman e Kolarov), due mezze punte con funzioni diverse (Nainggolan e Schick) e Dzeko come terminale offensivo. Soprattutto studiò un sistema di pressioni offensive altissime tali da bloccare ogni iniziativa tecnica degli avversari che furono infastiditi prima e completamente inibiti poi rispetto al gioco che solitamente si permetteva loro di svolgere. Il Barcellona arrivò imbattutto (nella competizione) a quella sfida, ma subì una delle sconfitte più umilianti della sua storia. La Roma poi affrontò in semifinale il Liverpool di Klopp e Salah (che al turno precedente avevano eliminato il primo City di Guardiola), perdendo malamente all’andata (5-2) e sfiorando un’altra miracolosa rimonta al ritorno (4-2 il risultato finale). Così sul Romanista celebrammo la partita della Roma e soprattutto le scelte di Di Francesco: «Sono un pazzo», dice di sé Eusebio Di Francesco con gli occhi lucidi a fine partita, mentre i 60.000 dell’Olimpico sono ancora tutti al loro posto a cantare e ballare, ad asciugarsi le lacrime per ritegno, come se ci fosse da vergognarsi per aver vissuto una serata da Barcellona di fronte al Barcellona, o almeno a quel che ne rimane dopo questo umiliante confronto con la Roma. Quanto ci piacciono i pazzi così, che conoscono lo sport e lo onorano con tutti i mezzi (leciti) possibili, decidendo di attaccare il Barcellona in maniera diversa da com’era stato fatto al Camp Nou, sapendo che il destino non può mettersi sempre di traverso». E ancora: «Ora dobbiamo pensare alla Lazio», insiste ancora Di Francesco negli spogliatoi, quasi a sottolineare la sua diversità con chi pretendeva che ci avrebbe dovuto pensare già ieri pomeriggio, scegliendo magari le seconde linee e lasciando al Barcellona il palcoscenico dei migliori. Ora sì che ci si può e ci si deve pensare, con gli occhi gonfi di emozione e l’anima piena di gioia per le cartoline che abbiamo spedito al mondo dall’Olimpico».

E ora qualcuno vuole provare a convincerci che stavolta però è diverso e dunque De Rossi dovrebbe davvero pensare più all’Atalanta che alla sfida di domani? De Rossi in campo quel 10 aprile c’è andato. Lui quelle emozioni che ognuno di noi ha provato le ha vissute sulle sua pelle. Guardatelo negli occhi stasera quando risponderà alle domande dei cronisti prima della partita, e se avete coraggio provate a chiederglielo voi. Noi non lo faremo.

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