Cobolli tra i più grandi: ora ci indica la strada
17-15 al tie-break del 3’ set: Flavio ci porta in finale e ci fa sognare
(IPA)
Hanno spostato persino il Tg1 per permettere a tutti gli italiani incantati davanti al teleschermo di continuare a tifare per Flavio, impegnato nella gara della vita contro un bestione belga che non voleva saperne di arrendersi. E alla fine ce l’ha fatta, vincendo 17-15 il tie-break del terzo set, dopo 3 ore e 4 minuti di battaglia, dopo aver annullato sette match-point a Bergs, portando l’Italia (che già era in vantaggio per la netta vittoria di Berrettini contro Collignon) in finale di Coppa Davis (domani, con la vincente della semifinale tra Germania e Spagna di oggi), iscrivendo bello grosso il suo cognome – COBOLLI – nel pantheon dei più grandi, davanti agli occhi di Edoardo Bove che provava a darsi un tono asciugando le lacrime di Guglielmo, il fratellino di Flavio.
E alla fine è stata una festa incredibile, per il pubblico di Bologna, per il padre (e coach) Stefano, per il presidente Binaghi, per tutta la squadra azzurra e per ogni italiano incantato dalla partita, e ovviamente per tutti i romanisti che ad ogni scambio vibravano per Flavio, impegnato fino all’ultimo spasmo per non sprecare la chance di vivere davvero questo sogno. Ogni muscolo teso allo sforzo, a tendere i tatuaggi dedicati alla Roma impressi indelebilmente sulla sua pelle e dentro la sua anima: il lupetto di Gratton sul bicipite sinistro, la scritta omaggio a De Rossi sull’altro (“Sei tu l’unica mia sposa, sei tu l’unico mio amoR”), sulla coscia la coreografia della Curva Sud nella semifinale di Conference col Leicester (“Fino alla vittoria”, appunto), e pure una maglia di Bove, il suo amico d’infanzia, presente anche ieri sugli spalti. A suo modo Flavio ha indicato la strada che dovrà seguire - proprio negli stessi momenti in cui il primo tennista azzurro scenderà in campo per la finale, alle 15 di domani - la Roma di Gasperini che allo Zini affronterà la Cremonese, per perpetuare il suo di sogno, che poi è quello di Flavio, il nostro, e di Edoardo, e di tutti. È strano, ma forse è davvero possibile sognare.
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