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Totti Days - Contro l'Inter e la Sampdoria due opere d'arte

A San Siro il pallonetto d'oro a Julio Cesar. A Marassi, un anno più tardi, il numero dieci diventa "van Basten al contrario"

21 Gennaio 2018 - 14:23

Deve averci pensato e ripensato più volte anche Francesco Totti. A qual è stato il suo gol più bello. Si sarà girato e rigirato nel letto più volte, qualche sera, a ripensarci. O magari mentre era al volante della sua macchina, o mentre faceva il pieno e odorava la senza piombo, sbirciando nel portafoglio del benzinaio. I gol di Totti tornano in mente nei momenti più impensabili, sono dei lampi, scaldano la mente. A mente fredda. Anche Totti deve averci pensato e ripensato. E più li guardi, più scopri dettagli nuovi, come fossero un'opera d'arte. Anzi, come se un'opera d'arte fosse un gol di Totti. Ma quello a San Siro contro l'Inter, il cucchiaio del 26 ottobre 2005 a Julio Cesar, rientra sicuramente nel podio, al massimo nella top five, o negli ultimi petali della margherita. Il più bello o il più bello del più bello? L'ha detto spesso anche lui, «uno dei più belli, forse il più bello».

Un cucchiaio a San Siro, quello stadio che gli ha riservato nella sua carriera dapprima i fischi, da giovane, quando era considerato un bulletto di quartiere strafottente, e poi le standing ovation, da campione consacrato, quando tutti, anche al Nord, si sono dovuti arrendere al fenomeno oggettivo, romano e romanista. A Totti. La Juve (di Calciopoli) è a 24 punti, l'Inter a 18. La Roma del primissimo Spalletti sta andando piuttosto male, è a 9 punti, ben sotto le attese. Ha pareggiato il derby con la Lazio la domenica prima, Inter-Roma si gioca dopo tre giorni, di mercoledì, e finisce 2-3: torniamo a vincere in casa dei nerazzurri dopo 11 anni. Francesco segna il gol del provvisorio 0-2 al 30' del primo tempo. Un cucchiaio che ha avuto una preparazione lunga cinquanta metri, forse cento, o cinquecento. Ecco, una piazza gli dovrebbero dedicare. Una palla persa sbadatamente dall'Inter. Punta Cambiasso, lo dribbla, lo costringe a un inutile tackle, si fa fare una scivolata anche da Zé Maria, che però va a vuoto, e corre verso la porta con la palla incollata al piede. Come alla play station. Superata la trequarti nerazzurra, una prateria in cui i difensori interisti arretrano impauriti, l'ultimo baluardo è Materazzi. Totti arriva quasi al limite dell'area di rigore, ne ha ancora da correre, ma perché correre quando puoi anticipare il pensiero degli altri? Julio Cesar, un gatto fra i pali, ha appena fatto anche un passetto avanti, non capisce fino in fondo perché un treno giallorosso sta correndo ad alta velocità verso la porta che difende e vuole andare a vedere, ora è leggermente fuori. Si aspetta un tiro di potenza da quella distanza e si prepara. Ma è in quella frazione di secondo che Totti decide di fintare la botta e prende lo scalpello per scavare il pallone e scolpire una palombella giallorossa sopra la testa del portiere brasiliano, sopra il palco di San Siro, sopra il cielo di ognuno dei romanisti della Terra. Un arco che arriva alla volta celeste e trafigge le stelle. Gli applausi arrivano da tutti alla Scala del calcio, tutti scioccati. La corsa sotto il settore nostro a braccia aperte, capelli lunghi al vento, biondo quasi come Gesù, sorriso che illumina d'immenso.

«Uno dei più belli, forse il più bello». Forse il più bello, perché poi c'è l'altro cucchiaio a Peruzzi nell'1-5 al derby o il sinistro al volo di Genova. Quel cross di Cassetti, sempre di 26, ma a novembre, dell'anno dopo. È un'altra Roma, seconda a meno quattro dall'Inter. Perché la Juve non c'è, è in serie B per demeriti antisportivi. La Roma di Spalletti, che s'è inventato il Dieci finto nove proprio a Genova contro i doriani l'anno prima, vince 4-2 sul campo dei blucerchiati e il Capitano ne fa due. Al 74' è la perla, l'altra standing ovation di tutti, giocatori, tecnici, addetti ai lavori, tifosi amici e avversari. Un cross, anzi un cambio di gioco, del numero 77 giallorosso che dalla trequarti la mette sull'altro lato, dove appena entrato in area, praticamente sulla linea esterna, più vicino al calcio d'angolo che al dischetto del rigore, Francesco di sinistro sfida le leggi della fisica e diventa Netsab Nav, Van Basten - in Olanda-Urss dell'88 - al contrario. Dall'altro lato e con l'altro piede. Scaglia una pezza di collo sul palo lontano. Berti, in porta per la Samp, deve averla vista solo in fondo al sacco, quella palla.
Insomma una sfilza di magie, tra potenza e soft lob, vabbè "scavetto", che racchiudono in pochi secondi l'essenza del gioco più bello del mondo prima del calcio, cioè essere tifosi della Roma.

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