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L'analisi di Roma-Torino

De Rossi inventa, ma poi Dybala risolve. E il 3-5-2...

La Joya quei gol li farebbe con qualsiasi sistema di gioco. Quanta qualità da allenatore sta venendo fuori. Con il Monza difficile prepararla

Daniele De Rossi in panchina all'Olimpico

Daniele De Rossi in panchina all'Olimpico (GETTY IMAGES)

28 Febbraio 2024 - 08:41

Nella preparazione delle partite ormai è chiaro che Daniele De Rossi, nel solco della tradizione dei liberi pensatori mondiali della categoria, proprio non ci dorme la notte. Così il primo pensiero che gli è balenato nella mente quando ancora non era finita la partita con il Feyenoord e Smalling era andato a scaldarsi con gli altri deve essere stato molto simile a questo: «Far entrare Chris oggi potrebbe essere un rischio per il tipo di partita che è venuta fuori, lunedì c’è il Toro, lo metto dentro dall’inizio e mi metto a specchio, così a tre con Mancini e Ndicka sarà nella sua comfort zone». Una volta scelto il regista difensivo, quello che probabilmente resta ancora il miglior difensore del pacchetto a disposizione, e una volta deciso il sistema di gioco, restava da capire come affrontare il Torino, come disinnescarne le qualità e come sfruttarne le fragilità. Pensieri sparsi, figli dell’esperienza maturata da chi tante volte si è immaginato il modo per affrontare squadre come appunto il Torino (o l’Atalanta, che in qualche modo dei granata è la bella copia).

Il controgioco del Torino
Tanto per cominciare si può in questa sede ribadire un concetto che i lettori di questa rubrica potrebbero aver già letto: massimo rispetto per le convinzioni di Gasperini da cui sono derivati non solo i successi (di tappa) dell’Atalanta di questi anni, ma anche la scuola tattica a cui si sono iscritti anche Juric, Palladini e tanti altri tecnici; eppure restiamo convinti che una strategia impostata sul controgioco non renda un grande servizio alla bellezza del calcio. Difficilmente le partite contro queste squadre sono partite divertenti, quasi sempre queste sfide sono decise da errori individuali, e comunque molto spesso i motivi per decidere il successo di una squadra sull’altra hanno a che fare con virtù atletiche più che tecniche. Detto questo chi affronta il Torino e l’Atalanta sa che deve adottare alcuni criteri di base: attrezzarsi per cercare di vincere i duelli individuali, correre soprattutto in diagonale per limitare la portata delle strette marcature individuali avversarie, adottare delle combinazioni rapide che prevedano passaggi verticali rapidi e dunque necessità di dislocazione quasi in verticale sul campo e, quando possibile, rapide combinazioni di scarico e verticalizzazione nello spazio approfittando di ogni incertezza mostrata magari da qualche temporaneo marcatore. Sì, perché quando giochi dando tutto sui duelli individuali diventa facile vincere le partite sfruttando ogni relativo errore. Tipo quello di Sazonov, ad esempio, il giovanissimo difensore lanciato nella mischia dopo l’infortunio di Lovato è caduto nel tranello di Azmoun, quel controllo anticipato in area da cui è nato il contatto per il rigore del vantaggio della Roma. Ma anche le altre occasioni della Roma piuttosto significative nascono da altrettanti errori individuali: l’uscita in campo aperto dello stesso Azmoun addirittura su azione da fallo laterale con assist di testa di Dybala (da cui è nato il palo di Kristensen), o il colpo di testa di Mancini in area liberato da uno scatto improvviso in area di rigore come un centravanti a chiudere purtroppo non nella maniera migliore il lungo e tagliato cross da sinistra di Angeliño.

Dybala fa gol in ogni sistema
Discorso a parte meritano le due prodezze di Dybala nel secondo tempo. Ma se la prima non ha nulla a che fare con gli aspetti tattici, essendo un tiro prodigioso da quasi 30 metri nell’angolino più lontano, l’altra ha a che fare con quelle modalità di smarcamento di cui abbiamo scritto all’inizio: partenza in corsa diagonale con verticalizzazione sul centravanti, scarico raccolto a quel punto senza la pressione dell’avversario, nuovo tentativo riuscito di triangolo proprio per la mancata opposizione del marcatore, costretto solo ad inseguire senza mai aver mai la possibilità di intervenire a difesa della porta (fino alla scivolata finale, inutile). Quando giochi di reparto esistono dei meccanismi salvavita che ti aiutano a superare le piccole defaillance dei singoli, quando giochi a uomo a tutto campo un errore ti può costare la partita anche se viene commesso sulla tre quarti campo avversaria (vedi palo di Kristensen ) o sulla trequarti campo tua (vedi appunto terzo goal di Dybala). Poi c’è una teoria secondo la quale il 352 è un sistema che esalta le qualità di Dybala e deprime quelle di Pellegrini, ma qui siamo davvero nel campo delle supposizioni statistiche più superficiali. Dybala quei gol è in grado di segnarli con qualsiasi sistema di gioco e Pellegrini sta giocando bene da quando c’è De Rossi essenzialmente perché ha finalmente raggiunto una buona condizione atletica e perché la nuova modalità di sviluppo esalta le sue caratteristiche. Piuttosto c’è una curiosità nella preparazione della sfida col Monza: De Rossi ha cambiato sistema contro il Torino dopo aver giocato tutte le altre partite con la difesa a 4. Palladino invece dopo aver giocato sempre a 3 da un anno e mezzo le ultime due le ha giocate con la difesa a 4. Per i due tecnici capire le scelte dell’avversario non sarà facile.

L’importanza di Mancini e Lukaku
Con il Torino, De Rossi aveva studiato poi anche il modo per costringere gli attaccanti avversari a correre dietro ai difensori mandati all’attacco e quindi nel corso della partita abbiamo spesso visto Zapata difendere nella propria trequarti e Mancini attaccare, così come Smalling ogni tanto buttarsi dentro e persino Ndicka, solitamente molto timido nelle incursioni offensive. In più, lo spartito tattico ha consentito a Daniele Rossi di provare anche un’ulteriore soluzione per la fascia destra anche quando si tornerà a giocare a quattro: quella di Gianluca Mancini, un gladiatore buono per ogni circostanza difensiva. È vero che di base non è fornito di una grandissima velocità (è forse il più lento tra i difensori del pacchetto di De Rossi), ma è vero anche che il suo piede è più sensibile rispetto a quelli dei tre difensori esterni di ruolo e soprattutto ha anche una certa confidenza con il gol (3 in 25 partite finora), virtù che può essere utile non solo sui calci piazzati ma anche nelle incursioni a sorpresa partendo proprio dalla fascia. Un’altra annotazione si può fare riguardo Lukaku: anche in un’altra partita in cui non ha segnato si è sentita netta la sua importanza quando ha rilevato il posto di Azmoun: rispetto all’iraniano vista la sua struttura ha minori capacità di attacco in profondità sul campo lungo (ecco perché nel primo tempo è stata questa l’arma scelta da De Rossi o quantomeno perché Ddr ha considerato questa la partita più propizia per far riposare Romelu) ma quando poi la palla ce l’ha la Roma nessuno come il gigante belga ti consente di guadagnare metri nell’occupazione degli spazi avversari e il capolavoro del terzo gol ha beneficiato del boost della sua splendida doppia assistenza. E tra una spallata e l’altra è anche uno che fino adesso ti ha già garantito 16 gol. Siamo a poco più di metà stagione e metteremmo la firma affinché tenesse questa media. Significherebbe per la Roma la quasi certezza della qualificazione alla Champions.

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