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FILA 16

Così Paulo accende la nostra fantasia

Dopo gli infortuni di Zaniolo e Wijnaldum e il pari di Torino, la “Joya” ci fa gioire, tra i tifosi i paragoni si sprecano

Paulo Dybala esulta dopo il gol contro il Monza

Paulo Dybala esulta dopo il gol contro il Monza ((As Roma via Getty Images))

Federico Vecchio
01 Settembre 2022 - 11:56

La convinzione di queste settimane, che è cresciuta, di giorno in giorno, ogni volta che è atterrato un aereo, tra Ciampino e Fiumicino, realizzando desideri che nemmeno al Fantacalcio, nell’ultima di campionato, qualche crepa, anche se appena accennata, ha iniziato a manifestarla. Quel primo tempo di Torino, unito alla vittoria schiacciante di quegli altri, ha fatto pensare, all’abbonato di Tevere, da una parte, che vuoi vedere che hanno ragione quelli che dicono che siamo una squadra che immagina più di quello che può; dall’altra, che, se avessimo avuto Zaniolo, a Torino sarebbe stata un’altra partita e che, se avessimo avuti Gini, altro che pareggio “rubato”, avremmo certamente vinto.

E via con i rimpianti. E la conferma di questa sensazione, leggermente diffusa, si percepisce già dai tornelli. Dove il pensiero ricorrente è legato alla necessità non di vincere, ma di vincere bene. Dove senti parlare, addirittura con una qualche apprensione, di un centrocampo che oppone, a Matic e Cristante, Sensi e Pessina, che "so veloci e sanno giocà a pallone", ed alla nostra difesa, orfana di Smalling, Caprari e Petagna, "che mica so due da buttà via". Una volta in Tribuna ti rendi conto che, stavolta, c’è davvero il tutto esaurito. Quei pochi posti che, contro la Cremonese, erano rimasti vacanti per qualche abbonato ancora a Santa Marinella, oggi sono tutti occupati. Tutti presenti. E, quando inizia la partita, le brutte sensazioni, i brutti pensieri, nemmeno troppo lentamente se ne vanno. Perché bastano davvero pochi minuti e si capisce come stia andando, e come stia andando bene. Bastano due, tre giocate. Bastano, soprattutto, i due gol di Dybala. E, da quel momento, svaniscono tutti i fantasmi. Torino ridiventa due punti persi, "perché se su quel calcio d’angolo alla fine c’avessimo messo un po’ più de cattiveria", e non il punto “rubato” di cui sentivi parlare in fila all’ingresso. 

Iniziano a sprecarsi i paragoni. Qualcuno azzarda un "come Francesco", ma, per verità va detto, rischia l’allontanamento coatto da parte di quattro file di Tribuna insorte come un sol uomo, mentre qualcun altro, più prudente, azzarda un "come Montella, solo che parte da venti metri più dietro", ottenendo almeno l’apertura, sul punto, di un dibattito più sereno.  

Sono bastate quelle due giocate, in cui Tammy c’ha messo del suo, a far dimenticare anche l’ennesimo guaio muscolare, che questa volta colpisce Kumbulla. Anche in questo caso, ma con minore partecipazione rispetto all’infortunio di Zaniolo (perché lì, è evidente, il valore del calciatore aveva comportato la necessità, per tutti i luminari di chirurgia ortopedica presenti in tribuna, di dire la loro) prontissime sono state le diagnosi e le conseguenti prognosi. Anche in questo, va riportata la migliore, che è stata che "s’è fatto ’na contrattura. Stamo ad agosto, fa troppo caldo per fasse ’no stiramento. N’ par de settimane massimo", peraltro ripetuta, con uguale convinzione, anche a fine partita, una volta che El Shaarawy s’è seduto a terra.

E quando inizia il secondo tempo, pronti via e terzo gol mangiato, lì si capisce come la partita sia davvero finita. E, a quel punto, l’attenzione della Tevere si rivolge solo al cronometro ed alla panchina, per capire a che minuto potrà entrare. Da quel momento si apre un nuovo dibattito, con immagini rivolte al futuro, passando dal "vuoi vedere che Josè lo fa giocare insieme a Tammy?", al "no, lo fa entrare al posto di Tammy, così, se capità, je fa tirà pure er rigore". Si procede senza patemi, aspettando il terzo gol che arriva, va da sé, su calcio d’angolo ("’a specialità de ’a casa") e l’ingresso in campo di Belotti, che è la conferma che "semo proprio forti: esce un fenomeno e n’entra n’antro. L’altr’anno n’era così". Il tempo di perdonare a Belotti il gol mangiato ("mejo oggi che quanno serve"), di mettersi le mani nei capelli per l’ennesimo infortunio, che la partita finisce. 

E, a quel punto, la felicità dello scampato pericolo, perché questa era una partita da vincere e basta, viene superata da quel “10” in classifica. Per una sera, difatti, siamo primi, e da soli. Il Milan ha pareggiato, e sta dietro. L’Inter ha vinto, ma sta dietro. Gli altri, tutti, devono ancora giocare. Noi, il nostro, l’abbiamo fatto. E domenica andiamo ad Udine. Una partita alla volta. Non pensiamo ad altro. Una partita alla volta. Però quanto è forte Dybala. Sembra Totti. O forse Montella. Vai a capire te.

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