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Il vero problema è la Supercoppa Italiana all'estero

Oltre alle barriere di genere, il 16 gennaio a Jeddah ci saranno anche quelle economiche che impediranno a molti tifosi di seguire la propria squadra

Il King Abdullah Stadium di Jeddah, in Arabia Saudita

Il King Abdullah Stadium di Jeddah, in Arabia Saudita

04 Gennaio 2019 - 10:00

Per alcuni la Supercoppa Italiana sarà la prima competizione internazionale a cui potranno assistere le donne in Arabia Saudita, per altri sarà la prima partita italiana con settori vietati alle donne. Questione di punti di vista. Quel che Micciché si è sentito in dovere di spiegare, da presidente della Lega Serie A, è anche abbastanza ovvio: non sarà una partita di calcio a cambiare la cultura di un paese; se l'Arabia Saudita è il principale partner commerciale italiano nel medio-oriente non è colpa nostra; anche le altre principali federazioni giocano partite all'estero; eccetera. Ed è difficile, dal suo punto di vista (quello di fare l'interesse economico dei club), dargli torto: perché mai, se la Fifa ha scelto di disputare un Mondiale in Qatar, dove gli stadi che useremo nel 2022 sono tirati su con un sistema simil-schiavista denunciato (tra i tanti) da Amnesty Internation, dovremmo noi farci problemi a giocare in Arabia Saudita, dove tutt'al più ci imporranno dei settori gentlemen only? Se poi si scoprirà che un giornalista oppositore del regime è stato ucciso nel consolato saudita di Istanbul, ci si fermerà a riflettere e poi si tirerà dritto.

Quando è uscita la notizia dei settori per soli uomini, il coro di indignazione è stato univoco e bipartisan. Così univoco che ormai risulta quasi facile schierarsi contro la discriminazione (di questo si tratta) che sarà attuata al King Abdullah Stadium di Jeddah. Il vero problema, però, è a monte. È nella decisione di esportare una competizione giocata da squadre italiane in un altro paese in cambio di denaro, come se questo aiutasse in maniera concreta a risolvere i problemi del calcio italiano. È nel costringere tifosi milanisti e juventini ad accollarsi un lussuoso viaggio in Asia, o a dovervi rinunciare proprio perché troppo lussuoso. È nel mettere sul piatto dello scambio, assieme alla competizione, quei valori che - per lo meno a parole - si è detto di voler rappresentare: unione, uguaglianza, lotta alle discriminazioni. Concetti difficili da portare avanti in paesi dove basta aprire Wikipedia per sapere che c'è qualche problema col rispetto dei diritti umani. Il 16 gennaio le barriere, allo stadio di Jeddah, saranno molteplici. Ci sarà quella di genere che separerà il settore misto da quello riservato agli uomini, ma ci sarà anche quella economica che permetterà ad alcuni tifosi di andare dall'altra parte del mondo e a molti altri no. Ma in fondo, la Lega Serie A non è tenuta a tenere conto dell'interesse dei tifosi, che del resto nemmeno sono rappresentati in Figc. E allora il problema, forse, è molto più a monte.

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