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Società, allenatore, squadra: tutti colpevoli. E qualcuno dica alla Roma che la sosta è finita

Non vediamo innocenti. Anzi sì, ci sono, nel settore ospiti della Dacia Arena tutto colorato di giallorosso. Per il resto colpevoli, tutti

Schick e Fazio alla Dacia Arena, di LaPresse

Schick e Fazio alla Dacia Arena, di LaPresse

25 Novembre 2018 - 08:14

Non vediamo innocenti. Anzi sì, ci sono, nel settore ospiti della Dacia Arena tutto colorato di giallorosso. Per il resto colpevoli, tutti. Dopo una sosta, ed è una aggravante, per l'ennesima volta è tornata la Roma dei giorni peggiori. Con un'idea di gioco che intuiscono solo i rabdomanti, una mancanza di cambio di marcia che è sotto gli occhi di tutti, una vis agonistica che devono riservare chissà a che altro, un'assenza di personalità che è un problema che ci portiamo dietro più o meno dal 1927, a parte tre eccezioni che conosciamo tutti. L'immagine, purtroppo, che ci porteremo dietro di questa amarissima trasferta che complica ulteriormente la rincorsa a un posto valido per la prossima Champions, è quella di Under a pochi minuti dalla fine. Quel turchetto che, fin qui, anche negli errori, avevamo sempre visto con la voglia di correre e mangiarsi il pallone. E invece ieri, quel pallone in area, se lo è guardato come se non fosse una cosa che lo riguardasse, consentendo al difensore dell'Udinese di anticiparlo e buonanotte ai suonatori.

A questo punto la domanda da farsi è: ma non sarà che abbiamo valutato la Roma migliore di quella che è? Oggi la risposta potrebbe essere solo sì, ma noi crediamo che il problema sia ancora più complesso. Ovvero: non sarà stata costruita una squadra sbagliata? Una squadra che come la giri comunque è difficile da mettere insieme? Una squadra troppo uguale a se stessa? In questo senso il fatto che Di Francesco abbia «tradito» il suo quattro-tre-tre scegliendo un altro modulo, è un indizio piuttosto indicativo, al di là di qualsiasi considerazione sui giocatori che ieri erano assenti per infortunio (De Rossi, Pastore, Perotti, Olsen, Manolas). L'immagine che questa Roma ci ha sempre dato, anche nelle partite che alla fine si sono concluse con una vittoria, è quella di una squadra monopasso, incapace di accelerazioni non solo con il pallone tra i piedi, ma anche nella transizione del pallone stesso perché come diceva quel maestro che è stato Nils Liedholm, è sì importante che i giocatori corrano, ma lo è ancora di più che lo faccia il pallone. Di Francesco si sta incartando nel tentativo di costruire una squadra inseguendo quel suo gioco che però, caro Eusebio, chi scrive ha sempre fatto una certa fatica a vederlo.

E qui non può non essere chiamata in causa la società. Soprattutto se, come si mormora, starebbe puntando a un mercato di gennaio senza effetti speciali. E no, cari signori, di cui non discutiamo buona fede e competenza, a questa Roma, alla vostra e nostra Roma, occorre come il pane un cambio di marcia, ormai gli indizi che qualcosa non funzioni sono talmente tanti che costituiscono non solo una prova ma un capo d'accusa per il quale la difesa potrebbe chiedere solo le attenuanti generiche. Uno, meglio due, giocatori in grado di garantire elettricità, cambio di passo, personalità, soprattutto anima. Perché questa non ce l'ha.

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