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cogito ergo sud

Roma-Juve 3-0, 16 marzo 1986: ecco come è nato quel capolavoro

L'idea della coreografia di quel 3-0 nasce dopo i 5 gol di Pruzzo all'Avellino. Le prove a Firenze. Lo sconforto dopo Verona. Poi alle 14.30 la luce

Roma-Juve 3-0, 16 marzo 1986

Roma-Juve 3-0, 16 marzo 1986

26 Settembre 2020 - 12:33

Il giorno dopo Roma-Avellino inizia il capolavoro di Roma-Juventus. Si pensa a qualcosa di mai visto prima in nessuno stadio in Italia e d'Europa. Qualcosa che renda omaggio a quella che, in quel momento, è forse la miglior Roma di sempre, almeno dal punto di vista del gioco; qualcosa che l'avvolga e la sproni, qualcosa che lasci a bocca aperta tutti. Si pensa a uno stadio tutto giallorosso, a una coreografia per tutto l'Olimpico.

Lo slogan per le partite che contavano, nei volantini, nei comunicati, nei passaparola, nel cervello era sempre lo stesso in quegli anni: «Almeno oggi tutto lo stadio come gli ultrà». E partiva sempre almeno una volta il coro dalla curva: «Tutto lo stadio». Era l'epoca in cui si ricercava costantemente comunione. La regia di tutto è di Fausto Iosa e dei suoi ragazzi del Commando Ultrà Curva Sud.

Pruzzo fa 5 gol all'Avellino, il giorno dopo riunione e primo sopralluogo all'Olimpico. Ne seguiranno tanti altri: lo stadio va misurato in tutte le sue dimensioni, settore per settore. Si va. Si va a Firenze dove pareggiamo sotto la pioggia, e c'è una sorta di prova nel settore. Ogni sera una riunione, prove, paure e speranze. La Roma dopo la stecca di Firenze, perde a Verona: fa male, ma chissenefrega. A 5 punti dalla Juve lo Scudetto è praticamente andato, l'idea e la voglia no. La Roma merita il più grande riconoscimento possibile, questa è la nostra partita, di fronte abbiamo "loro".

Bisogna avere ancora tutte le autorizzazioni per una cosa del genere: la società non è un problema, la Questura insomma, di sicuro serve la dichiarazione di "idoneità" dei materiali dalla ditta che li forniva. Il giorno dopo il Bentegodi arriva il camion con i chilometri di plastica colorata. Ma non è ritagliata, le misure non sono suddivise per settore, i rotoli vanno tutti srotolati, rimisurati e ritagliati, in più il rullo che li tiene non va bene perché è impossibile da gestire. Ci saranno nuovi rulli, messe nuove bobine. Si rimisura, si ritaglia, si continuano i sopralluoghi dell'Olimpico, servono i pass per andare nei diversi settori da dove si coordinerà lo spettacolo: Tevere, Monte Mario, Distinti Nord, Sud, curve.. E poi tutti in Sud.

Sarebbe un paradosso che lo spettacolo più grande mai allestito in uno stadio si svolga con la Sud orfana di chi lo ha creato. O forse no. Estremo esempio dell'altruismo di quei tempi: si fanno le cose per la Roma e per gli altri tifosi, non per sé. Le strisce rosse vanno bene, quelle gialle sono indietro nella lavorazione.

E' sabato, bisogna portare tutto il materiale dentro massimo per le 10.30. Alle 8 una decina di rotoli non hanno il cavo tirante, si va comunque, si finirà il lavoro direttamente domenica mattina. Domenica. Quando "sonano" le campane il Commando è già dentro, alle 7.30 ci stanno tutti, coi pass, le istruzioni avute e quelle da dare, i volantini, i megafoni, le raccomandazioni, la Monte Mario sembra in ritardo poi sono le 14.30. Mario Iosa ha un bandierone della Svezia, omaggio a Eriksson, col quale darà il via allo spettacolo non appena dal tunnel sbucherà Agnolin. Eccolo. Guardate. 16 marzo 1986, Roma-Juventus 3-0.

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