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La più bella a Torino

Siamo primi a puri punti con i granata a poche giornate dalla fine, la Roma domina, segna due gol con Amadei che ne fa anche un altro ingiustamente annullato. Finisce 2-2

PUBBLICATO DA Tonino Cagnucci
24 Maggio 2025 - 07:00

Da «Il Littoriale», l’11 maggio 1942, scrive nell’articolo La Roma gioca contro il Torino la più bella partita della sua carriera (2-2): «La Roma doveva vincere almeno per 3-1. È veramente la squadra campione. Il Torino è esistito appena un quarto d’ora nel secondo tempo». 
Per capire quanto fosse importante la gara che i giallorossi si accingevano a disputare sul campo granata, basta dare uno sguardo alla classifica della vigilia. Roma e Torino appaiate a 32 punti in vetta, inseguite a 29 dal Venezia di Valentino Mazzola. La vigilia è tribolata.

Schaffer ha qualche problema in copertura e ha deciso di giocare una carta a sorpresa. Giovedì 7 maggio il bersagliere Paolo Jacobini viene convocato dal comandante del proprio reggimento. Gli viene comunicato che è stato autorizzato a raggiungere l’indomani l’albergo “Corona d’Italia” di Asti. «Per fare cosa?», chiede smarrito Jacobini. Il calciatore parte alla volta di Asti, dove non sa che la Roma ha posto il suo quartier generale in attesa di affrontare la gara contro il Torino. Jacobini manca dalla prima squadra giallorossa proprio dalla finale di Coppa Italia disputata contro il Torino il 15 giugno 1941, e non si capacita di cosa si possa volere da lui.

Alla fine del torneo 1940/41 si era a lungo parlato di una sua cessione, poi gli impegni militari lo avevano portato a più riprese a un soffio dalla partenza verso la zona d’operazione (un evento dato per imminente dal «Guerin Sportivo» del 30 settembre 1941). L’enigma si scioglie ventiquattro ore più tardi, quando Jacobini si trova davanti al tecnico Schaffer a sostenere il seguente colloquio che proprio il protagonista ha raccontato in un’intervista dell’aprile 1996:
Schaffer: «Lei giocare».
Jacobini: «Come gioco io? Ma lei m’ha visto a me? Allenato sono allenato perché mi alleno con l’Ambrosiana… però».
Schaffer: «No, no, lei giocare. Perché io conosco bene lei. Servire lei domenica. Ha Menti da marcare. Mi raccomando sempre attaccato perché se con Menti sta lontano… non lo prendi più. Io conosco sue caratteristiche e dico subito che domenica gioca lei».

Arruolato il jolly dell’ultim’ora, i giallorossi si apprestano a scendere nella tana del proprio avversario. L’atmosfera, com’è facile prevedere, è incandescente. Mario Zappa de «La Gazzetta dello Sport» scrive:
“La partita che era stata definita la finalissima di questo torneo, ha avuto la cornice di pubblico che si meritava: tutto stipato sul campo dei granata, tanto semplice e raccolto quanto vibrante di sana passione. Una passione che fa massa, poiché il contatto di gomiti è tale che ogni gesta (ed ogni grido) dell’uno si comunica al vicino, a dieci vicini: fa corpo e ondeggiamento. Dopo nove minuti la gara ha già visto fuoco e fiamme: Amadei ha portato in vantaggio la Roma e Baldi, con un tiro da venti metri, l’ha prontamente riacciuffata”.

È «Il Littoriale» a descrivere il gol del vantaggio romanista:
“Palla sulla sinistra: Coscia è tua. E l’interno sinistro se la lavora con una finezza mezzo da calciatore, mezzo da contorsionista. Un paio di finte di corpo, e un paio di avversari, uno qua e l’altro di là, gli aprono la via della rete. Coscia non aspetta che il varco si chiuda: spara subito e la palla fila verso Bodoira. Fila con direzione centrale, ma che è che non è, si vede la palla mutare leggermente traiettoria, perdere vigore e prendere la via della rete a destra di Bodoira “fermo” (caso classico del contropiede tennistico) e incapace, sbilanciato com’è col corpo e nelle intenzioni, del recupero, che i profani non concepiscono come mai non gli sia riuscito. Che cosa è successo? Semplice: la palla ha incontrato l’interno del piede sinistro dell’accorrente Amadei, subentrato, la decisione che è stata sufficiente a mettere fuori causa Bodoira”.

Passa un quarto d’ora e Amadei ammutolisce lo stadio, come racconta «La Gazzetta dello Sport»: “C’è una punizione a metà campo per fallo di mano di Cadario. Tira Mornese e Amadei, con una mezza rovesciata acrobatica “alla Piola” fulmina a volo nell’angolino a destra dell’incolpevole Bodoira. Gol magnifico, uno dei più belli, certo più limpidi, di quanti visti dai miei occhi in questa stagione. Il Torino è in balia degli ospiti, ed è salvato una prima volta dall’arbitro Galeati, che annulla un terzo gol di Amadei per una fantomatica carica di Borsetti sul portiere, quindi dalla traversa che respinge un bolide partito ancora dal piede del frascatano, e ancora da Galeati, che non convalida un ennesimo gol dell’indemoniato Amadei”. Il pareggio di Petron non muta di una virgola il giudizio che Vittorio Pozzo annota l’indomani su «La Stampa»: “Una cosa emerge al di sopra della mischia, ed è la constatazione, che trova tutti d’accordo, della superiorità dimostrata dalla Roma”. Un mese dopo vinceremo il nostro primo scudetto.

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