Da Sarzana a Roma, forgiato dal giallorosso: la storia di Mannini, punto fermo della Primavera
Cresciuto in Liguria, arriva nella Capitale nel 2020. Poi i trofei, tra cui la Supercoppa, e quell'esordio indimenticabile con Mourinho. Fino al rinnovo

(GETTY IMAGES)
Roma, si sa, ha le braccia aperte, accoglie tutti dentro e lo fa sul serio. Le acque del fiume, le mille fontane. La storia. Tutto abbaglia, conquista. Lo sa bene anche chi fino ai quattordici anni ha vissuto in un paesino ligure, in provincia di La Spezia, di ventimila abitanti e poco più. Altra storia rispetto al "caos" romano a cui ora è abituato Mattia Mannini. Guardandolo, si potrebbe pensare: "È nato e cresciuto qui". Invece no. Però Roma e la Roma gli sono entrate dentro. Senza dubbio. Prova ne è la grinta messa in campo, mista a quell'orgoglio perpetuo provato con la Lupa sul petto. Appartenenza è anche questo e per capirne l'unicità bisogna partire dall'inizio. Da Sarzana. Dove tutto è cominciato.
Dalla Liguria alla Capitale
È lì che l'8 luglio 2006 nasce Mattia Mannini. Nella periferia di La Spezia, seguito dalla costante presenza di papà Omar, ex calciatore, tra le tante, del Cesena, e di mamma Sara. La passione per il calcio è dunque di casa e ad appena quattro anni inizia a prendere confidenza col pallone. Va al Colli di Luni, società di provincia; poi è lo Spezia a notarlo. Lo fa quando lui è cresciuto, anche se non troppo, e ha otto anni. "Sono stato il suo primo allenatore in bianconero", racconta Enrico Barilari, per anni tecnico delle giovanili spezzine, a Il Romanista. "Lo Spezia ha ricominciato dopo il fallimento con la scuola calcio, 'rastrellando' alcuni giocatori da tutte le squadre della zona e prendendo i migliori. E allo Spezia sono stato il primo ad allenarlo e a vederlo crescere".
Mattia Mannini ed Enrico Barilari, primo allenatore del classe 2006 allo Spezia
Tra Sarzana e La Spezia ci sono circa 17 chilometri in auto e poco più di settantamila abitanti di differenza. Non si può parlare della prima esperienza lontano da casa. Della primissima ad alti livelli, sì. Tra le fila degli spezzini, tanti legami indissolubili creati nel corso degli anni. "Abbiamo un gran rapporto", prosegue Barilari. "Sono anche andato a vedere la semifinale Scudetto al Viola Park, quest'anno. Quando sono libero, vado sempre a vederlo. Con lui credo che sia difficile non avere un bel rapporto: è un ragazzo solare, con i compagni e gli allenatori".
Il loro è un affetto che forse va oltre la sfera sportiva. Un dare e ricevere durato anni; sia nelle emozioni, sia nel modo di fare calcio: "Lui è sempre stato un tuttocampista. Era dotato, anche a quell'età lì, di un'intelligenza particolare a livello calcistico, oltre che fuori dal campo". Di aneddoti, poi, ce ne sono a bizzeffe: "Seguiva tantissimo il calcio ed era un appassionato: potevi chiedergli una formazione di una qualunque squadra e la elencava al volo. Era un fanatico, abituato a vedere giocate, si divertiva. Un giorno giocammo una partita contro la Juve, dall'altra parte c'era il figlio di Fabio Grosso. Mattia fece un 'no-look' e mandò in porta Bertolini, ora alla Fiorentina: restammo tutti a bocca aperta".
Mattia Mannini in compagnia di Enrico Barilari, suo primo tecnico nelle giovanili dello Spezia, nel 2023-24
E poi quella voglia matta di fare il bene della propria squadra. Anche quando c'era (e c'è) da prendersi qualche responsabilità in più su calcio piazzato: "Lui voleva sempre tirare le punizioni, io non gliele lasciavo mai tirare perché non aveva forza per arrivare in porta. Qualche anno dopo, quando già era alla Roma, una volta cresciuto, mi disse: 'Guarda che ho segnato su punizione, oggi!'. Stiamo parlando di un ragazzo fantastico".
In piedi, Enrico Barilari e Mattia Mannini
Gli anni d'oro
Circa sei anni allo Spezia. Difficile dimenticare i tanti sentimenti, le battaglie portate avanti. Poi, quando arriva una squadra come la Roma, diventa altrettanto complicato ignorare: "Aveva parecchie richieste. Mi pare ci fosse anche il Genoa. Poi arrivò a Trigoria, non riuscì ad accettare le altre. Andò insieme a Plaia (altro giovane passato per la Primavera, ndr)". E forse, se Mannini ha scelto la Roma, un responsabile c'è. "Diciamo - prosegue Barilari - che gli ho messo io la Roma in testa! Sono un tifoso romanista, ho la foto con Zeman risalente a quando giocammo contro il Pescara, altre con Spalletti, con Ranieri. Lui simpatizzava già, probabilmente".
È nel 2020 che il club giallorosso si affaccia. In piena pandemia Bruno Conti lo chiama, lui non esita. Nonostante la distanza da casa. Lì sboccia l'amore. Anzi, era accaduto ancor prima, durante un torneo Under 14 a Gallipoli: "In quell'occasione me ne sono innamorato. Appena ho avuto la possibilità di poterla indossare, ho pensato: 'Voglio giocare con quei colori addosso'!", dirà durante un'intervista ai microfoni del club. Parole forti. Anche perché per ambientarsi non impiega molto. "Non gli ho mai chiesto delle differenze tra una piazza e l'altra", spiega Barilari. "Ma ho notato che Mannini ha sempre mantenuto quel suo modo di fare molto umile che lo contraddistingue. E non è un caso che adesso lui parli il romanesco! Il cittadino romano ha un accento che colpisce e lui lo parla stretto, si è adattato rapidamente. Questa è la sua forza, quella di inserirsi nell'ambiente".
Grandi responsabilità
Portare quei colori è unico e allo stesso tempo difficile. Per il peso della maglia, ovvio. Aumentano le responsabilità, col passare degli anni. Inizia nell'U15 a sfoggiare il suo talento, agendo a più riprese come terzino, a volte come mezzala e altre da esterno di centrocampo. Su entrambe le fasce. Perché la duttilità è il suo punto forte, oltre al carattere. E tutto esce fuori nel 2022, a fine anno: lui è in Under 16, in panchina c'è Gianluca Falsini e la squadra, il 25 giugno, è chiamata alla finale Scudetto. Da vincere. Anche un po' per colmare il vuoto causato dal ko della Primavera con l'Inter, sempre all'ultimo atto. Ma per Mannini e compagni va diversamente. In positivo. Termina 1-0, la Roma può fare festa. Anche Mattia gioisce. È solo l'inizio.
D'altronde, parallelamente all'avventura romanista c'è una carriera con la Nazionale da portare avanti. Parte in Under 16 nel 2021 e appena un anno dopo accade qualcosa di unico. È il 15 dicembre e mentre è a scuola lo 'disturbano': "Sei stato convocato dalla Nazionale". Sì, quella Nazionale. Quella dei grandi. Si tratta 'solo' di un raduno, un'osservazione. Resta un momento da ricordare, reso indelebile dal post condiviso sul suo account Instagram: uno scatto col Ct dell'epoca, Roberto Mancini. Da quella prima presenza, passando per la fascia al braccio agli Europei U17 che giocherà nel 2023 e la qualificazione ai Mondiali successiva con l'Under 20, ne è passata di acqua sotto i ponti. Anzi, sotto il Tevere. E lì, nella Capitale, prosegue a gonfie vele il viaggio.
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Nel 2022-23, oltre alla sigla sul primo contratto da professionista, Mannini è protagonista in Under 17 e Under 18. Qui gioca la maggior parte delle gare; ma è coi più piccoli che porta a casa il suo secondo trofeo in giallorosso. Ancora lo Scudetto. Che arriva il 23 giugno 2023: davanti c'è l'Inter, la Roma di Ciaralli rimonta nel segno di Feola e Nardozi. L'assist del definitivo 2-1 non può che essere suo. "L'abbiamo alzata al cielo, Roma campione!". Firmato Mattia, sui social. Non sarà l'unica coppa tra le sue mani. Perché oltre ad accoglierlo per la prima volta in assoluto nel 2022-23, la Primavera gli regala un'altra gioia in apertura della stagione 2023-24: la Supercoppa Italiana. Così, in data 22 agosto, scende in campo al Via del Mare, contro il Lecce. Gioca 90', lotta in lungo e in largo e, al triplice fischio, esulta ancora. Mentre si avvicina ai più grandi, la smania che lo porta via sta crescendo. Il bello deve ancora venire.
"Se puoi sognarlo, puoi farlo"
È la frase che compare sotto un post di Mannini. Non un post qualunque: uno scatto di una stretta di mano con José Mourinho, risalente al 17 luglio 2023. La preparazione vede anche lui, anche se marginalmente. Mentre si appresta a iniziare una nuova stagione, la prima in Primavera con Guidi. E in prima squadra. "Se puoi sognarlo, puoi farlo". Detto, fatto: l'esordio in prima squadra arriva ancor prima che possa compiere i 18 anni in quel freddo Roma-Sheriff del 14 dicembre 2023. 4' più recupero in campo per assaporare l'Olimpico dal campo e abbracciare Niccolò Pisilli, suo grande amico, dopo il primo gol romanista. Notti magiche. Notti da Romanisti.
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"Chi lo ha fatto esordire non è una persona qualunque...!", racconta ancora Enrico Barilari. "Mannini mi ha parlato di Mourinho, lo ha fatto con accento romanesco spiccato: 'Non ce potevo crede! Non puoi capire come è Mourinho... Mi ha fatto entrare'. Era entusiasta, non trovava le parole". Si tratta dell'ultimo regalo ai giovani dello Special One, esonerato il 16 gennaio successivo. Ma è un atto dovuto al sacrificio del nuovo 16 della Primavera. Che intanto più in basso fa il suo: 39 presenze, 3 gol, 7 assist. 3.112 minuti, di cui 154 nelle fasi finali. Quelle gare con Lazio e Sassuolo fatte di un sacrificio encomiabile. E quel ko in finale difficile da digerire. La consolazione è la presenza nella top 11 finale stilata da Sportitalia. Lui figura tra i migliori difensori del campionato.
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Con Falsini per crescere
2024-25, si riparte. In Primavera giunge Falsini e Mannini torna fin da subito centrale nello scacchiere del tecnico del trionfo in Under 16. Che sia a destra nella difesa a quattro o tra i tre di centrocampo. Ci sono però gli infortuni a condizionarne la costanza: resta fuori nel ko col Lecce di Coppa Italia e ne salta addirittura 22 in Campionato. Poco importa: la Roma, a febbraio, lo blinda con un contratto fino al 2028. Ribadendo la fiducia nei suoi giovani. La qualità, impedimenti a parte, è la stessa di sempre. Da terzino, si accentra, cerca trame di gioco interessanti, propone continuamente palloni verticali; da mezzala, va a contrasto, lotta e domina, corre. Suda. Chiude con 16 presenze, 2 reti e 5 assist. Uno score simile a quello dell'anno precedente. Prima della fase finale, al termine di una regular season dominata dalla Roma.
Davanti c'è la Fiorentina, in semifinale, per riscattare quel ko del 2024. Ma non tutto va secondo i piani. La Roma subisce la rimonta dopo il gol di Graziani (servito proprio da Mannini), cade e cerca di rialzarsi. Lo fa proprio col suo numero 16, anche se parzialmente. Le ultime tre chance sono le sue: un tiro dalla distanza, neutralizzato da Leonardelli; un palo colpito in seguito a un inserimento in area; una 'tacchettata' sul pallone a recupero inoltrato. Da pochi passi. Vana. Poco importa. In quel gesto c'è tanto. Della tenacia di "Manno", così lo chiamano compagni e allenatore, tanto quanto del Romanismo che c'è in lui. Quello non si cancella. E sarà vitale in futuro. "Giocare per questa squadra, in questa città, è qualcosa di veramente unico e inspiegabile a parole. Darò sempre tutto me stesso per questi colori". "Darò". Perché nulla è finito e c'è tanto da scrivere per Mannini. A lui, la Roma è entrata nel cuore. Un figlio acquisito. Questa squadra è anche questo. Amor.
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