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Il difensore

Kumbulla: "Sogno di diventare un pilastro della Roma e aiutarla a vincere qualcosa"

Il centrale albanese, arrivato in estate dall'Hellas Verona, racconta i primi mesi a Trigoria: "La presenza dei Friedkin ci aiuta nei momenti difficili"

Marash Kumbulla, di LaPresse

Marash Kumbulla, di LaPresse

La Redazione
20 Marzo 2021 - 09:46

Nato l'8 febbraio del 2000 a Peschiera del Garda da genitori albanesi, Marash Kumbulla a 21 anni è difensore centrale della Roma e dell'Albania. Ha infatti deciso fin da giovane di rappresentare la nazionale delle sue origini, con orgoglio e provando ad essere d'esempio per i tanti giovani che vivono in Italia e con una storia simile alla sua. L'ex Hellas Verona si è raccontato ai microfoni di Sportweek, di seguito alcuni passaggi della sua intervista. 

Come ci si sente a rappresentare un po' dell'Albania?
"Sono nato e cresciuto in Italia, la cultura italiana ce l'ho dentro e ne sono felice. Ma a casa, ovviamente, ho acquisito anche quella albanese, della mia famiglia. Unendo le due cose, può nascere un futuro nuovo per l'Albania".

L'esperienza del Covid.
"Una brutta esperienza, anche se io non sono stato male, ero solo un po' stanco i primi giorni. Ma con oltre centomila morti, è evidente come sia uno dei momenti più brutti della storia d'Italia. Prima o poi ne usciremo, quando non lo so. Ma ho la sensazione che la soluzione del problema non sia così vicina come si spera".

Cambierà anche il mondo del calcio: meno investimenti, meno ricchezza per tutti.
"Il Covid ha stravolto il mondo, non solo il calcio. Si è già visto nell'ultimo calciomercato, con pochi trasferimenti e meno investimenti rispetto al passato. E sarà così per un po'". 

Tra poco iniziano le qualificazioni a Qatar 2022. L'Albania non è mai andata ad un Mondiale...
"È il mio sogno più grande. Siamo un Paese piccolo, il traguardo è difficile. Ma noi albanesi siamo forti, un popolo patriottico, riusciamo a colmare il gap con il carattere e la voglia di arrivare. Il girone non è facile, ci sono squadre forti come Inghilterra e Polonia. Ma quando entri in campo lo fai solo per vincere. E noi per il nostro Paese puntiamo a vincere ogni partita".

L'ambientamento a Roma come va?
"All'inizio ho fatto fatica, la città è grandissima. Io poi a Verona non vivevo neanche in centro, ma in periferia. È tutto un altro mondo, un'altra cosa: la prima esperienza lontano da casa, la prima volta che ho cambiato squadra. All'inizio è stato complicato, ma ora mi sento come a casa". 

Lo sa che il primo albanese a giocare in Italia fu Naim Krieziu, che con la Roma vinse lo scudetto del 1942? Esattamente come lei, l'acquisto più caro dell'era Friedkin.
"Krieziu so chi è, me ne hanno parlato in tanti. Per quanto riguarda me, essere il giocatore più pagato della nuova società è motivo di orgoglio. Ma non deve pesarmi, altrimenti rischio di farmi male. Non ci penso, voglio solo migliorare. E arrivare il più in alto possibile". 

La presenza dei Friedkin si sente a Trigoria?
"Certo, è molto importante. Guardano ogni allenamento, sono sempre a disposizione. Mi hanno fatto subito un'ottima impressione. La loro presenza aiuta nei momenti felici, ma soprattutto in quelli di difficoltà".

Sentite la pressione di dover vincere presto qualcosa? A Roma oramai non succede da 13 anni...
"Quando si entra in campo lo si fa solo per vincere. Ma ansia no, piuttosto direi la voglia di portare qualcosa a società e tifosi. Non è facile, ma facciamo di tutto per arrivarci. E io non vedo l'ora di conoscere i tifosi della Roma, finora mi è successo solo per strada o a Trigoria. Ma immagino l'Olimpico con 60mila persone dentro...".

Dove l'ha aiutata a crescere Fonseca? E come è cambiato il suo modo di essere difensore da Juric al portoghese?
"Fonseca mi ha fatto crescere sulla selezione delle scelte e sul posizionamento. Che poi sono anche le cose che dovrò continuare a migliorare in futuro. Ma nella fase difensiva non è cambiato molto: con Juric giocavamo uomo a uomo a tutto campo, con Fonseca solo in alcune zone del campo. In fase di possesso, invece, è tutto diverso. La Roma fa sempre la partita, devi partecipare di più all'azione". 

Le piacerebbe un giorno diventare un pilastro della Roma?
"Sono giovane, sto crescendo e imparando. Cerco di dare il mio massimo nel presente, sapendo che posso migliorare. Ma questo è l'altro mio grande sogno: diventare un pilastro della Roma, aiutandola a vincere qualcosa".

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