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La Cronistoria: 6 anni, 3 giunte e solo approvazioni per lo Stadio

Passaggi infiniti - L'impianto ha “attraversato” tutti i colori politici. Un progetto nato nel 2012 e sopravvissuto a tante modifiche

15 Giugno 2018 - 07:03

Non è un'inchiesta sullo stadio della Roma. Non è un'inchiesta sulla Roma. Le indagini in corso riguardano Luca Parnasi, la sua società Eurnova, e la sua rete di rapporti con i palazzi romani e non solo. Perché se fosse un'inchiesta sullo stadio della Roma, sarebbe un'inchiesta che dovrebbe raccontarci la storia degli ultimi 40 anni della città. Da quando il presidente Dino Viola pensò per primo di dover regalare alla Capitale d'Italia un impianto moderno e alla squadra una casa degna di questo nome. Ed ancor più dovrebbe raccontarci gli ultimi 6 anni circa, perché di questo stiamo parlando. Di un'idea che ha preso corpo, grazie alla caparbietà e alla risolutezza di un uomo venuto dall'altra parte dell'oceano, nel febbraio del 2012 con il completamento delle relazioni relative alle analisi dei siti da parte di Cushman & Wakefield, leader nel settore immobiliare in Italia e nel mondo, società individuata dalla Roma per arrivare sino a Tor di Valle. Cushman & Wakefield passarono al vaglio 80 possibili siti, dai quali emerse l'area di Tor Di Valle solo nel dicembre dello stesso anno, d'accordo con l'allora sindaco di Roma Gianni Alemanno.

 Ed ecco il primo miracolo americano, il sì di un'amministrazione guidata dal centro-destra, al termine del proprio mandato, che riteneva di potersi giocare la carta stadio anche dal punto di vista elettorale. Con l'ingaggio dell'architetto Dan Meis per la progettazione dello stadio del gennaio del 2013 si arriva poi alla fase più concreta e pubblica. Passando per un'altra amministrazione cittadina, di un colore diverso rispetto alla precedente, quella di centrosinistra guidata da Ignazio Marino. E proprio il medico, il marziano che guidava la Capitale, volle che nel progetto venissero inserite delle importanti (e costose) infrastrutture a carico dei privati. Motivo per cui dalla primavera del 2014, in cui venne presentato il primo plastico dello stadio, abbiamo visto sorgere (e poi sparire) le famose tre torri di Daniel Libeskind, che vennero inserite nella delibera di pubblico interesse votata dall'Assemblea capitolina il dicembre successivo. Seconda amministrazione, ma stesso esito: progetto approvato.

 Nel periodo del commissariamento della città sotto la guida del prefetto Tronca, la Roma e i suoi dirigenti hanno continuato a lavorare e investire sul progetto stadio (ad oggi si parla di circa 70 milioni di euro), senza esitazioni. Per arrivare poi al terzo miracolo. Terza amministrazione, questa volta a guida 5 Stelle, con Virginia Raggi che tentenna, chiede tagli corposi (spariscono le torri), sacrifici apparentemente non tollerabili finanziariamente, ma poi alla fine cede. Modificando profondamente il progetto precedente, ma sposando una causa e una storia che sino a due giorni fa sembrava destinata ad una solo conclusione possibile. Tre amministrazioni ed un commissario, 6 anni, 5 Presidenti del Consiglio diversi, il passaggio in Regione (per due volte), sempre con lo stesso esito.  Questa sarebbe l'inchiesta sullo stadio, ma stiamo parlando per fortuna di altro.

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