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in tribunale

Verona-Roma, confermato il 3-0 a tavolino. Ma Fienga valuta il ricorso al Coni

La Corte sportiva d'Appello ha confermato la sentenza di primo grado per il caso Diawara. La difesa puntava su buona fede e assenza di vantaggi

Amadou Diawara, di Mancini

Amadou Diawara, di Mancini

11 Novembre 2020 - 07:00

Quattordici punti erano, quattordici punti sono rimasti. Niente da fare. La Corte sportiva d'appello ha respinto il ricorso presentato dalla Roma contro la sentenza di primo grado che aveva sancito la sconfitta a tavolino nella prima di campionato a Verona, causa mancato inserimento del nome di Amadou Diawara nella lista degli over ventidue, sconfitta che cancella il pareggio senza reti con cui si era conclusa la sfida del Bentegodi.

L'ufficialità è arrivata ieri, a metà pomeriggio, ventiquattro ore dopo la discussione che per quasi un'ora e mezza era andata in scena, in videoconferenza, nel primo pomeriggio di lunedì scorso. Un ritardo che in qualche misura aveva alimentato la speranza che la Corte potesse dare ragione alle motivazioni, più che legittime, presentate dall'avvocato Antonio Conte che aveva puntato sulla differenza tra errore, quello commesso indubitabilmente dalla Roma e ammesso anche in sede di dibattimento come peraltro fatto notare anche nelle motivazioni della sentenza di ieri, e dolo. Tutto inutile perché le richieste del club giallorosso sono state rispedite al mittente con motivazioni che lasciano poco spazio alla fantasia.

Sanzione da regolamento

La Roma ha sbagliato e, secondo la norma, la sanzione comminata al club giallorosso deve essere quella sancita dal regolamento, cioè sconfitta per tre a zero a tavolino. Ma proprio su questo aveva puntato l'avvocato Conte, cioè non c'era stato nessun dolo, si era trattato soltanto un errore che, logica vuole, non può essere equiparato al dolo. Da parte della Corte ci sarebbe stato bisogno di un pizzico di coraggio per ribaltare la sentenza di primo grado. Ovvero prendere coscienza che la norma così come è non si può definire equa e, quindi, attraverso una sentenza che avrebbe fatto giurisprudenza, dare il via a un processo di revisione della norma stessa. Cosa, peraltro, che a Trigoria sono convinti che prima o dopo accadrà.

Del resto che il dubbio fosse stato instillato nei giudici, in qualche modo è stato confermato anche dall'ufficialità del ritardo della sentenza (di solito viene ufficializzata poche ore dopo l'udienza). E pure dal fatto che, da quello che ci risulta, la decisione della Corte è stata presa a maggioranza e non all'unanimità. Ovviamente l'eventuale cambio della norma se ci sarà, accadrà fuori tempo massimo per la società giallorossa che ha dovuto incassare la conferma della sentenza di primo grado che la costringe a rinunciare al punto conquistato sul campo del Verona, oltretutto senza aver avuto nessun vantaggio dall'errore commesso. Quel punto in più per la Roma avrebbe voluto dire salire al secondo posto in classifica a due dalla capolista Milan, agganciando il Sassuolo. E, consentiteci il pensiero maligno, l'attuale posizione in classifica della squadra di Fonseca potrebbe anche aver avuto un piccolo peso nella sentenza resa nota ieri.

È finita qui?

A leggere con attenzione le motivazioni, la risposta non potrebbe essere che affermativa. In realtà a Trigoria e viale Tolstoj si sta valutando di proseguire nella vertenza, ovvero presentare un nuovo ricorso, stavolta di fronte al Collegio di sorveglianza del Coni. In qualche maniera lo ha fatto capire l'amministratore delegato dottor Guido Fienga in una dichiarazione che, nel tardo pomeriggio di ieri, ha rilasciato all'agenzia Ansa: «Pur con il doveroso rispetto dei magistrati sportivi che hanno deliberato in tal senso, evidentemente dopo una lunga e dibattuta Camera di Consiglio, non posso non esprimere tutta la mia amarezza per una sentenza che reputo profondamente ingiusta. Si è persa l'occasione per intervenire e modificare un'evidente lacuna normativa, ma soprattutto non si è voluto evitare che venisse comminata una sanzione palesemente sproporzionata rispetto al fatto commesso. Abbiamo fatto il massimo depositando un ricorso di grande importanza che proponeva una soluzione giuridica che avrebbe permesso un giusto riesame di equità su questa norma che non distingue l'errore dal dolo. Riservandoci di analizzare ulteriori nostre azioni, allo stato ci limitiamo a prendere atto che si è semplicemente deciso per una drastica chiusura a qualsiasi ipotesi di revisione di tale norma che riteniamo iniqua e ingiusta».

Parole, quelle del dottor Fienga, che lasciano un piccolo spiraglio sull'intenzione della Roma di proseguire in questa vicenda, nella consapevolezza, ancora una volta ribadita, che la società ha commesso un errore, grossolano quanto si vuole, ma che rimane un errore e che certo non si può equiparare a un'azione dolosa. La Roma da ieri ha trenta giorni per decidere se ricorrere al Collegio di vigilanza del Coni. L'impressione è che ci sia l'intenzione di andare avanti, pur nella consapevolezza che le stesse motivazioni della sentenza d'appello di ieri non lasciano troppo spazio alla speranza di una cancellazione del tre a zero sancito a tavolino a favore del Verona.

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