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Nel derby il senso è sempre unico

Resta ancora immutato il distacco, la Roma comanda con diciannove vittorie in più. Loro invece si consolano con il +1 nelle partite amichevoli

27 Gennaio 2020 - 15:57

Il senso del derby per la Capitale è unico o quasi. La direzione è ovviamente quella della squadra che ne porta nome, colori e simbolo. In centottantanove sfide complessive, la Roma è avanti di diciotto vittorie rispetto ai rivali: il computo recita settantuno successi, sessantaquattro pareggi e cinquantatré andate male. Distacco che considerando le sole gare ufficiali si incrementa ulteriormente: sono sedici in più le partite vinte in campionato e tre in Coppa Italia, tanto per smentire luoghi comuni diffusi da un revisionismo sempre più serpeggiante e simile al negazionismo. Ma i numeri non mentono. La storia siamo noi. Fin dagli albori della sfida. E se qualcuno si sente offeso, può ripassare le cronache dall'8 dicembre 1929, giorno del primo derby. Sul campo avverso della Rondinella, Volk chiarisce subito come sarebbero andate le cose nei novant'anni a venire. Definitivo, quello sì. E a conferma di una superiorità congenita, anche il ritorno di quella prima stagione di incroci finisce con un successo giallorosso, stavolta per 3-1. Ne passano altri quattro prima di far conoscere ai dirimpettai che sapore ha la vittoria. Ma è un piacere effimero e di breve durata. Qualche mese dopo la Roma testaccina umilia senza pietà gli avversari con un 5-0 che ancora oggi rappresenta il massimo scarto della sfida. Fino al 1939 si alternano soltanto vittorie e pareggi, mentre nell'anno del primo tricolore dopo il botta e risposta fra Amadei e Piola, è Faotto a fine partita a fungere da antesignano di Paolo Negro. Ancora una volta la storia diventa ciclica e la gioia viene moltiplicata da un'autorete decisiva per lo scudetto, oltre che per la stracittadina. L'immediato dopoguerra non è felice per i colori giallorossi, che conoscono la serie cadetta. Ma la sofferenza di quegli anni fa da preludio a un nuovo periodo felice, a cavallo fra gli Anni 50 e i 60. Arrivano cinque vittorie consecutive (fra le quali un 4-0 e due 3-0), con uno score totale di 14 reti realizzate e una sola subita. La stessa partita comincia a diventare saltuaria, per la frequentazione assidua fra biancocelesti e Serie B.

A inizio Anni 70 gli avversari rialzano la testa per un anno, ma la stagione successiva la Roma coglie il tris, facendo sue entrambe le partite di campionato e quella di Coppa Italia. Poi mentre la squadra di Liedholm si accinge a entrare fra le Grandissime d'Europa, dei dirimpettai si perdono le tracce, fra coinvolgimenti in scandali vari, retrocessioni sul campo e d'ufficio, spettri di fallimento, penalizzazioni e spareggi per evitare la C. I successivi incroci sono per anni all'insegna dei pareggi: lo squadrone costruito da Viola non c'è più, mentre dall'altro lato si affaccia Cragnotti. Ma anche nel loro anno migliore i biancocelesti si vedono infliggere una sconfitta passata agli annali: 1-4, con le quattro reti romaniste arrivate tutte nella prima mezz'ora di match. Nel nuovo millennio la Roma continua a dettare legge: all'autogol di Negro che di fatto diventa decisivo per il terzo scudetto, fa seguito la striscia conseguita da Capello di altre sette gare senza sconfitte, che diventano nove con la doppia vittoria di Coppa Italia. Fra queste, memorabile il 5-1 firmato da uno strepitoso poker di Montella e dalla perla di Totti, che anche nel derby diventerà mattatore assoluto, superando Da Costa nella classifica dei bomber della sfida con undici centri. C'è ovviamente anche il suo marchio nelle cinque vittorie consecutive ottenute fra il 2009 e il 2011 con Ranieri prima e Montella poi (questa volta nelle vesti di tecnico). Altra striscia - questa volta di quattro successi - fra l'imbattuto Garcia e Spalletti, con la chicca del 4-1 in trasferta del 2016. Poi l'ultimo trionfo targato Pellegrini, Kolarov e Fazio, a settembre 2018. E il pari di ieri, che lascia statistiche e senso (unico) inalterato.

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