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Verso la ricapitalizzazione

I conti sono di nuovo sotto controllo, ma Pallotta dovrà versare

I dati emersi dalle operazioni indicano l’obiettivo perseguito dai dirigenti romanisti. Serve l’intervento del presidente, ma il futuro è sereno

06 Settembre 2019 - 07:00

È un po' il giochino in cui si dilettano i giornali alla fine di ogni mercato. Si tira una riga sotto alla voce soldi (a volte virtuali) spesi, un'altra sotto la voce soldi (a volte virtuali) incassati e si trova un saldo, che magari neanche combacia perfettamente per via delle nuove specificità di ogni "contratto di acquisizione di diritti delle prestazioni sportive". Così tra pagamenti dilazionati, bonus, diritti di riscatto liberi o condizionati e obblighi spostati nel tempo non si capisce mai effettivamente se le voci di impegno spesa corrispondano a quelle che effettivamente poi una società deve sobbarcarsi.

Nell'ultima campagna acquisti della Roma, ad esempio, il giorno dopo la fine del mercato il nostro Fabrizio Pastore ha sommato per gli acquisti i costi effettivamente spesi a quelli obbligati, tenendo a parte quelli dei riscatti non obbligatori, e per le cessioni i prezzi effettivamente incassati sommati ai due (più o meno) sicuri di riscatto (Sassuolo per Defrel e Granada per Gonalons): le somme danno 117 milioni spesi e 116,8 incassati, per un saldo di -200.000 euro, un'inezia.

Il fatto è però che le tabelle di riferimento per le società calcistiche sono sostanzialmente composte di numeri differenti e semmai si avvicinano al quadro che riportiamo qui sotto (con allegata descrizione specifica) che fa riferimento soprattutto ai costi annuali di un gruppo squadra. Che a un certo punto erano diventati, alla luce dei mancati successi sportivi, insostenibili.

La tabella qui sopra è stata redatta da Marco De Santis, curatore del blog calcioealtrielementi.com, che ovviamente ringraziamo per il consenso alla pubblicazione. Contiene tutte le cifre (non tutte ufficiali) del mercato della Roma con specificati, di ogni giocatore in entrata, il prezzo del cartellino (al netto dei bonus), l'ingaggio lordo, gli anni di tesseramento, l'ammortamento annuale, il costo storico (cartellino più totale ingaggio), il costo annuale; di ogni giocatore in uscita, la plusvalenza, l'ingaggio risparmiato e gli anni di contratto residui, il risparmio dell'ammortamento residuo e la somma, da cui deriva il teorico guadagno derivante dalle operazioni del calciomercato estivo sul bilancio 2019/20. Teorico in quanto le plusvalenze realizzate nel mese di giugno (pari a circa 57,7 milioni) saranno verosimilmente contate sul bilancio 2018/19

L'obiettivo di Fienga e Petrachi

Per capirlo meglio, proviamo a valutare in quale direzione si sono mossi Ceo (che deve garantire l'equilibrio industriale e quello economico) e Ds (che nell'ambito dei limiti finanziari circoscritti dalla società deve garantire la competitività tecnica) all'inizio della loro avventura, cominciata quasi contemporaneamente peraltro. In estrema sintesi, alla luce della inevitabile contrazione dei ricavi determinata dalla mancata qualificazione alla Champions League, la mission era quella di diminuire il mostruoso costo-squadra di quasi 250 milioni di euro determinato dall'ammortamento annuale dei cartellini dei giocatori sommati agli ingaggi, mediamente peraltro piuttosto lunghi. Per capire il costo di ogni singolo giocatore facciamo l'esempio di Pastore, costato 24 milioni e con un ingaggio di 8 milioni lordi l'anno per quattro anni, con un costo annuale quindi di 14 milioni (24 diviso 4 fa 6+8 d'ingaggio).

Logico che per una società che vive di diritti tv e di trading (non potendo contare al momento su ricchi ricavi da biglietteria e di marketing, vedi articolo a fianco), avere contratti onerosi su giocatori in là con gli anni che peraltro sportivamente rendono poco o per niente è un peso quasi insostenibile. E il problema ulteriore è che giocatori così diventano invendibili. L'obiettivo dunque era ridurre sensibilmente questi costi cambiando almeno il 70% della rosa, visto lo scarso rendimento dello scorso anno, mantenendo ovviamente alta la competitività.

Obiettivo raggiunto? La maggior parte dei commentatori sportivi dicono di sì, con le 32 operazioni chiuse al 2 settembre scorso. Gli analisti finanziari valutano invece i dati pubblicati in alto e se dunque non è stato chiesto all'azionista ulteriore budget da investire e se è stato mantenuto quasi invariato il montante degli ingaggi, un indubbio riconoscimento va dato al fatto che il costo squadra è decisamente ridotto, con un risparmio (plusvalenze comprese) quantificabile in 68 milioni. Poi molti di questi costi risparmiati sono fatti ricadere nel bilancio chiuso al 30 giugno (Manolas e Luca Pellegrini, le due più evidenti plusvalenze), ma la sostanza non cambia. E a chi obietta che molti giocatori sono arrivati "semplicemente" in prestito si può contrapporre la teoria che il prestito secco (operazione compiuta ad esempio con Mkhitaryan, Kalinic, Smalling e Zappacosta) riduce drasticamente il tasso di rischio invendibilità. Ed è stato quindi posto come condizione dalla Roma.

La ricapitalizzazione

Ciò non toglie che come già emerso in queste ore, si dovrà comunque ricorrere ad una sostanziosa ricapitalizzazione del club attraverso l'immissione di denaro fresco direttamente dalle tasche del principale azionista della società, il presidente Pallotta. E sarebbe la terza volta che avviene, in nove anni di gestione. I soldi serviranno a coprire il disavanzo di gestione che verrà evidenziato dal CdA nella prossima chiusura del bilancio della società (allo scorso 30 giugno) nonostante l'evidente beneficio garantito dagli introiti della Champions League, che dovrebbero essere tra i 60 e i 70 milioni (furono 98 la stagione della semifinale di Champions).

Nel prossimo bilancio, però, questa cifra sparirà e verrà sostituita con quella ben più ridotta per la partecipazione all'Europa League che può arrivare a garantire una ventina di milioni alla squadra vincitrice più i premi derivanti dal market pool (una quota fissa divisi per le partecipanti dei vari paesi) e per i singoli risultati. Considerati gli alti costi del personale (intorno ai 150 milioni tra squadra, staff tecnici, personale e settore giovanile) e dei cosiddetti servizi (spese per consulenze varie durante le trattative di calcio mercato), è inevitabile l'intervento diretto.

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