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l'intervista

Rudi Garcia: «Fonseca va sostenuto. Il derby subito è una buona occasione»

L'ex tecnico di Roma e Lille: «Ho un legame particolare con i giallorossi. La squadra è forte, ma aspettiamo la fine del mercato. Florenzi è pronto per la fascia»

Il tecnico francese Rudi Garcia, giallorosso dal 2013 al 2016, di LaPresse

Il tecnico francese Rudi Garcia, giallorosso dal 2013 al 2016, di LaPresse

02 Agosto 2019 - 11:59

La Roma e il Lille si sfideranno domani in amichevole in Francia. «Forse sono la persona che conosce meglio le due squadre», ci dice Rudi Garcia, allenatore della Roma per due stagioni e mezza, dal 2013 al 2016, mentre sta per mettersi in viaggio proprio con destinazione Roma: «La vedrò da lì l'amichevole, se la faranno vedere in tv». La vedrà, allora, il tecnico francese che si è affacciato nel grande calcio proprio nella città al confine con il Belgio e a due passi dalla Manica nel nord della Francia, dove aveva iniziato anche la sua carriera da calciatore, grazie a un'esperienza straordinaria: «Abbiamo fatto la doppietta, vincendo Coppa di Francia e Campionato nella stessa stagione, dopo che la squadra non vinceva nulla da più di cinquant'anni. Sono stati momenti indimenticabili. Ho avuto la possibilità di prendere la squadra e farla a mia immagine e somiglianza. L'abbiamo costruita questa squadra, soprattutto, per me la vittoria è arrivata al terzo anno. Ho un legame con la città di Lille e con i tifosi particolare. Come anche con i colori giallorossi ho un legame particolare».

A Roma, invece, c'è stato meno tempo.
«La storia, lo sappiamo, si è fermata dopo due stagioni è mezzo. Ma anche questa è un'avventura che ricorderò per tutta la mia vita. Sono stati anni nei quali ho avuto grandi rapporti con i tifosi e con la mia squadra, abbiamo vissuto grandi momenti di emozione collettiva. Abbiamo raggiunto due volte il secondo posto e la Champions League. Io sono una persona che preferisce sempre ricordarsi i momenti belli piuttosto che quelli brutti».

Qual è stato il momento migliore alla Roma?
«Al di là delle dieci vittorie di fila e degli 85 punti del primo anno, il secondo anno è stato molto più difficile. Raggiungere la Champions vincendo quel derby nelle ultime giornate con il gol di Yanga-Mbiwa e quello di Iturbe è stato qualcosa di eccezionale, quindi è stato un secondo posto ancora più bello, perché avevamo avuto diversi infortuni. È stato il risultato migliore».

L'esultanza di Yanga-Mbiwa dopo il gol del 25 maggio 2015 che portò la Roma in Champions League per il secondo anno consecutivo con Rudi Garcia alla guida @LaPresse

Ha citato Iturbe, strappato per tanti soldi alla Juve (con tanto di ira di Conte) e che poi si è perso. Cosa gli è successo?
«Ci sono giocatori che si adattano di più facilmente e altri che si adattano meno a una squadra. Credo che il suo gioco fosse più da contropiedista, noi ci basavamo maggiormente sul possesso palla».

A proposito del primo anno, lei ha mai avuto la sensazione che quella Roma delle dieci vittorie consecutive, stoppate anche da qualche episodio contestato, potesse vincere lo scudetto nonostante la distanza dalla Juventus?
«Ricordo tutto, senza entrare nei dettagli, diciamo che ci siamo imbattuti in una Juve stratosferica, che ha superato i 100 punti, noi abbiamo fatto grandi cose fino a quattro giornate dalla fine. Quando non era più possibile raggiungerli. Abbiamo visto dei giovani di prospettiva in quelle partite, il primo posto era impossibile e il secondo già in tasca. L'unico "rimpiantino" che ho è che nel corso della stagione avremmo potuto fare ancora più punti».

Sente ancora i giocatori di quella Roma?
«Sento alcuni di loro, come De Rossi. Negli ultimi mesi e più di recente ci siamo sentiti per l'in bocca al lupo quando è andato al Boca, spero di andare a trovarlo e vedere una partita sua, così potrò incontrare di nuovo anche un altro mio giocatore, Nicolas Burdisso. Sento ancora Flore e il Capitano. Tengo ancora i rapporti con tanti giocatori che ho allenato, non solo romanisti, mando dei messaggi per le cose importanti, quando nasce un bambino, ad esempio, o per un grande risultato sportivo».

Come ha vissuto l'addio di Totti e De Rossi dalla Roma, è rimasto sorpreso da tempi e modi?
«Loro sono grandi personaggi al di là di essere due grandi calciatori, è sempre triste quando si fermano delle carriere così. Entrambi hanno dato il loro cuore e la loro vita per questa seconda pelle che è la maglia della Roma. Quello che ha fatto Francesco, di rimanere per tutta la carriera in un solo club, è quasi impossibile si possa ripetere. Daniele era più destinato a questo, è stata un'altra storia».

Su Florenzi a Roma sembra esserci sempre qualche perplessità, sul ruolo e sulla personalità. È pronto per essere il capitano della Roma?
«Certamente sì. Ha avuto una buona scuola, dei grandi esempi in casa sua, come Francesco e Daniele. È già stato capitano della Roma, chi meglio di lui per esserlo?».

Lo sa che a Roma si discute ancora del suo ruolo? Deve giocare alto o basso?
«Per un allenatore è una fortuna avere un giocatore come Flore. Credo che sia un uomo di fascia destra, lo puoi far giocare alto, come nel nostro primo anno e fece molto bene, o basso. Può fare anche la mezzala nel centrocampo a tre. Da terzino ha cross, fa avanti e indietro. Ha tutto per far bene ovunque. Qualcuno dice che essere polivalente sia uno svantaggio per un calciatore, perché non ha un posto fisso, ma per me è solo un vantaggio per tutti».

La nuova Roma di Fonseca riparte dopo una stagione deludente, serve un riscatto. C'è qualche similitudine con il suo arrivo nella Capitale?
«Credo che il suo arrivo sia un po' diverso dal mio. Non mi sembra che la Roma abbia perso una finale di Coppa Italia in un derby l'anno prima... Quando sono arrivato l'ambiente era in una depressione generale, era sotto terra. Quando è uscito il calendario, a Trigoria erano tutti preoccupati perché il derby arrivava troppo presto (il 22 settembre, vinto con i gol di Balzaretti e Ljajic nel finale, ndr), ma io dissi subito che non c'era occasione migliore che vincere quella partita alla quarta giornata e togliersi subito quel brutto ricordo. Quindi anche quest'anno la Roma deve sfruttare questo fattore nello stesso modo. E speriamo che funzioni».

A Roma c'è spesso scetticismo quando arriva un tecnico straniero e giovane, come fu con lei e come adesso accade con Fonseca. Come si supera questa fase?
«Io credo che da romanisti dobbiamo sostenere e dare credito e tempo alla squadra. Quando siamo dodici in campo siamo più forti, specialmente all'Olimpico, dove l'avversario trema».

A Perugia la Roma è stata accolta da uno striscione di rimprovero ma anche di sostegno. Un po' come avvenne quando nel 2013 arrivò lei ("Non saper rimediare a una sconfitta è peggiore della sconfitta stessa").
«Chi è romanista deve stare dietro la Roma, non ho mai visto una tifoseria che influisce così tanto soprattutto in casa sui risultati della propria squadra».

Lo striscione della Sud nel giorno della presentazione della squadra al primo anno con Garcia

Le piace la nuova Roma di giovani motivati?
«Sì, mi piace, per ora. C'è tanta qualità, a chi non piace uno come Zaniolo? C'è Dzeko davanti, Pellegrini. C'è ancora tanto tempo, non ho seguito moltissimo i movimenti, ma per giudicare la competitività della squadra bisogna aspettare. Dipenderà molto da chi ci sarà alla fine del mercato».

Che esperienza è stata la sua a Marsiglia?
«È stata una bella avventura, in una grande piazza. Con una tifoseria molto calda anche lì. Anche se è stato tremendo perdere l'Europa League e ci è mancata la qualificazione per la Champions League. Abbiamo vissuto tutto insieme alla squadra».

Strootman?
«È sempre un giocatore carismatico che mi serviva. Non è andata benissimo a Marsiglia perché abbiamo avuto dei problemi collettivi. In difesa, soprattutto, abbiamo avuto vari infortuni e abbiamo dovuto inserire giocatori giovani, di talento, ma che avevano bisogno di tempo. Kevin è stato come me lo aspettavo, un calciatore di esperienza e di talento. Aveva fatto una semifinale di Champions l'anno prima... Spero faccia ancora grandi cose perché ce le ha nei piedi».

Già, Roma-Barcellona. Ancora se ne parla. Che effetto le ha fatto?
«Exploit straordinario. L'ho vista in diretta, è stata una serata che fa la storia. Spero che la Roma possa viverne altre come quella».

Cosa c'è nel suo futuro?
«Ho avuto contatti con varie squadre: dall'Italia alla Premier, alla Liga, ma non ci sono stati progetti che non era possibile rifiutare. Se non c'è un progetto del genere, preferisco aspettare tranquillo».

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