AS Roma

AUDIO - Rizzitelli: “Gli avversari avevano paura di giocare al Flaminio"

Nel podcast “S.R.Q.R.”, l’ex attaccante ha ricordato la stagione 1989-90: “In quello stadio non sentivamo nemmeno la fatica. Radice? Non si rassegnava all’idea di lasciare il posto a Bianchi”

PUBBLICATO DA Alessandro Cristofori
24 Dicembre 2025 - 10:01

Nel terzo episodio di "S.R.Q.R - Sono Romanisti E Quasi Romani", il podcast di Radio Romanista dedicato ai calciatori nati altrove ma che si sono legati ai colori giallorossi, Ruggiero Rizzitelli ha ricordato la stagione 1989-90: “Lo stadio Flaminio era il nostro catino perché senza la pista d’atletica il nostro pubblico è devastante. Avvertivamo la presenza dei tifosi già dal riscaldamento ecco perché non vedo l’ora che la Roma abbia il suo stadio. Ricordo la paura degli avversari che venivano a giocare in un ambiente così caldo”. Nella puntata, disponibile da oggi sull’app dell’emittente radiofonica e su tutte le altre piattaforme streaming, l’ex attaccante rivela anche un altro dettaglio: “Quando giocavamo in casa, noi non sentivamo la fatica. Auguro a qualsiasi calciatore di scendere in campo con la maglia della Roma in un impianto così”.

In quell’anno la Roma era allenata da Gigi Radice, ingaggiato da Viola per via delle difficoltà nel mettere sotto contratto Ottavio Bianchi: “Tutti sapevamo che Bianchi sarebbe arrivato nella stagione successiva, compreso Radice. Ma il mister si era talmente innamorato della Roma che a fine campionato non voleva firmare per nessun’altra società. Infatti, mentre ero in vacanza, mi chiamò il suo vice pregandomi di convincere Gigi a rassegnarsi all’idea”.

Durante l’intervista non sono mancati altri ricordi, come quelli legati al gol nel derby della stagione ’91-92: “Arrivai su quel pallone pensando a tutti i romanisti che non avrebbero meritato lo sfottò dei laziali e così riuscii a staccare di testa e a pareggiare. Le partite con la Lazio le giocavo anche durante il sonno, visto che nel letto mi capitava di dare gomitate o simulare le mezze rovesciate per la disperazione di mia moglie che andava a dormire in un’altra stanza”.

Amaro e commovente il passaggio sulla fine della sua esperienza a Trigoria: “Ebbi dei grandi problemi con Mazzone che su di me si era fatto un’idea sbagliata. Nel tempo ci siamo chiariti ma in quella stagione non c’era verso di avere un rapporto. Negli ultimi mesi, grazie all’intervento di Sensi, fui reintegrato in rosa e sfiorammo l’Uefa ma poi era impossibile proseguire insieme”. Da qui la sofferta decisione di fare le valigie: “Per me è stato come morire calcisticamente, ancora oggi mi fa male parlarne perché io avrei giocato per la Roma anche senza prendere una lira”.

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