Cinque anni di Friedkin tra abbagli e medaglie
Scivoloni e imprese lodevoli Mou, Tirana, Budapest, DDR e il 22 luglio

(GETTY IMAGES)
Quante cose possono succedere, nell’arco di cinque anni. Era il 2020, nella notte tra il 5 e il 6 agosto il magnate texano Dan Friedkin chiudeva con James Pallotta per l’acquisto della Roma, che poche ore dopo scendeva in campo contro il Siviglia, perdendo 2-0 negli ottavi di Europa League. Si giocava in campo neutro, a Duisburg, e a porte chiuse in virtù del Covid-19, mentre adesso praticamente ogni gara casalinga dei giallorossi fa registrare il tutto esaurito. Ne è passata di acqua sotto ai ponti, da allora: in panchina sedeva Paulo Fonseca, il capitano era Edin Dzeko, che però proprio in occasione di quella gara ebbe i primi contrasti col tecnico. Il 17 agosto il closing sanciva l’ufficialità del passaggio del Club ai Friedkin; Dan e suo figlio Ryan affidavano le loro ambizioni al sito ufficiale: «La Roma è un po’ come un gigante addormentato - diceva Dan - ma non c’è motivo per cui, con il tempo, questo club non possa competere seriamente a tutti i livelli».
Tra alti e bassi
Dopo una prima stagione di transizione con Paulo Fonseca, che vede la Roma raggiungere le semifinali di Europa League e Tiago Pinto diventare General Manager, il 4 maggio 2021 arriva il primo grande colpo dei Friedkin: José Mourinho diventa il nuovo allenatore. Un ingaggio, quello dello “Special One”, che porta nel giro di un anno a un’impresa storica: la vittoria della neonata Conference League, il 25 maggio 2022 a Tirana, al termine di una cavalcata epica, non priva di ostacoli, ma entusiasmante, conclusa grazie al successo per 1-0 sul Feyenoord. La festa del giorno seguente, con il pullman che gira per il centro di Roma attraverso una fiumana giallorossa, resta finora l’immagine più bella della presidenza Friedkin.
A luglio i magnati americani battono un altro colpo, e che colpo: a Roma arriva Paulo Dybala, presentato in pompa magna al Colosseo Quadrato davanti a migliaia di tifosi. La “Joya” è tra i protagonisti della cavalcata in Europa League, con i giallorossi che raggiungono la finale, proprio contro il Siviglia che li aveva battuti tre anni prima. A Budapest la Roma viene derubata da Taylor, mancando il bis europeo. Mourinho, nonostante le proposte, decide di rimanere nella Capitale, e Dan Friedkin gli regala Romelu Lukaku. Le aspettative però rimangono deluse e, dopo un brutto avvio di stagione, lo “Special One” viene cacciato e sostituito da Daniele De Rossi in panchina. Resta invece la CEO Lina Souloukou. Con DDR arriva la semifinale di Europa League e il sesto posto: in estate i Friedkin (che intanto acquisiscono l’Everton) annunciano di voler costruire un progetto a lungo termine con De Rossi, rinnovato per tre stagioni. Ma, dopo tre punti nelle prime quattro giornate, Daniele viene mandato via da casa sua, e sostituito con Juric «per puntare ai trofei in questa stagione», si legge in un comunicato degli statunitensi. In città esplode la protesta, che porta Souloukou alle dimissioni: con Juric sono 53 giorni disastrosi, che spingono la proprietà e Ghisolfi a puntare su Claudio Ranieri. Scelta azzeccatissima: con lui la Roma risale in campionato, chiudendo al quinto posto. “Sor Claudio” resta, in virtù di Senior advisor dei Friedkin: è lui a indicare Gian Piero Gasperini quale suo successore, mentre nel ruolo di ds Frederic Massara sostituisce il deludente Ghisolfi. Il resto della storia, per quanto riguarda il campo, è ancora da scrivere.
Fuori dal campo
La politica di prezzi popolari per lo stadio ha fatto sì che l’Olimpico registrasse continui sold-out nel periodo post-Covid, ma negli ultimi tempi le cifre sono risalite. Il 7 giugno scorso, con un comunicato sul sito ufficiale del Club, i Friedkin hanno compiuto un passo storico: «Vogliamo riaffermare il nostro impegno nell’onorare la storia, le tradizioni e l’identità della Roma». Come? Stabilendo che il 22 luglio è «il nostro speciale giorno di festa» e annunciando «la progressiva riappropriazione dello storico stemma ASR, un simbolo che incarna l’anima di questo Club». Un messaggio chiaro ai tifosi. Così come è chiaro il messaggio lanciato al Comune di Roma: la volontà di costruire il nuovo stadio a Pietralata è solidissima. Ci sono stati errori, alcuni persino gravissimi, ma l’intenzione di risvegliare il gigante addormentato è concreta. Adesso non resta che metterla in pratica.
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