Delirio, senza paura
Alle 14.33 inizia l’era di Mourinho. L’aereo atterra, migliaia di tifosi sfidano l’afa a Ciampino Poi il saluto a Trigoria, l’inchino. La Lupa. E 2 anni e mezzo indimenticabili, coronati dalla notte di Tirana

(GETTY IMAGES)
Sembra passato un secolo e mezzo. Invece è “soltanto” un anno e mezzo che ci siamo salutati, ma dev’essere vero che quando si ha a che fare con Mourinho tutto si amplifica. L’intensità del rapporto è talmente alta che bisogna moltiplicare il tempo per cento. Almeno. Così i quattro anni dal suo approdo che ricorrono proprio oggi appartengono a un’era geologica differente. Perfino per il contesto: restrizioni, mascherine, quarantene (lo stesso José arrivando da Londra è costretto a osservarla). Anche quel lessico è finito in soffitta. E ponti fra Roma e Istanbul non ne esistono, se non quello ideale che collegava i due Imperi in passato e ci porta con la speranza al futuro: 20 maggio prossimo. Hai visto mai che proprio nell’attuale casa di Mou il Fato non ci rimetta in pari con quanto ci ha sottratto a Budapest. A noi e a lui...
Il 2 luglio 2021 si percepisce subito che la strada verso la gloria la percorreremo insieme. Ciampino bolle alle stesse temperature che viviamo ora e ribolle di passione quando alle 14.33 atterra l’aereo sul quale viaggia lo Special One. In migliaia sfidano l’afa, pur di assistere allo sbarco messianico. Una rete metallica divide la folla dalla pista e dal protagonista assoluto. Ma non c’è distanza: il Re e il Popolo sono tutt’uno, già un attimo dopo l’incoronazione. Delirio, senza paura. La consapevolezza di avere un ex nemico (di quelli odiati perché invidiati) da questo lato della barricata regala sicurezza. Il gigante è dalla parte nostra: il fortino sta per essere eretto, ma stavolta lui è al di qua. Sono pochi istanti, ma anche questi vanno moltiplicati per cento, forse per mille o per più infinito.
Il tempo di scendere dall’aereo, mettere al collo una sciarpa giallorossa, rispondere con un cenno della mano al boato dei tifosi, che corrono paralleli all’auto d’ordinanza. Il finestrino si abbassa, JM saluta ancora: sembra dare appuntamento a Trigoria. Detto fatto: un’ora dopo si affaccia dalla terrazza del Centro sportivo, si accendono i fumogeni, i cori diventano più forti, lui s’inchina e manda baci, mostra la sciarpa e indica la Lupa. E in quel gesto c’è già tutto: identità e percorso di grandezza. C’è il José che sposa gli ambienti in cui lavora fino a incarnarne le essenze più profonde e c’è il Mourinho ambizioso e famelico di vittorie. C’è il senso d’identità dei romanisti che riprende vigore e aspetta soltanto la fine delle restrizioni per sprigionarsi e tornare a essere fuoco. C’è l’attesa di un trofeo che manca da troppo e si tramuta in certezza di risplendere a breve da queste parti. C’è unità d’intenti mai così spiccata fra il popolo e il suo condottiero. A prescindere da consensi e dissensi, simpatie e antipatie, marce trionfali e addii laceranti.
Perché poi i sold out, Tirana, Budapest, gioie e sì, anche delusioni, di quei due anni e mezzo hanno reso orgogliosi tutti i romanisti. E non saranno cancellati nemmeno fra mille secoli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA