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Aldair, una vita in giallorosso e un anno in B al Genoa

Lo storico difensore della Roma, dopo aver trascorso tredici stagioni nella Capitale, ha giocato diciassette gare in forza alla squadra rossoblù

Aldair portato in trionfo dai compagni nel maggio del 2002, di LaPresse

Aldair portato in trionfo dai compagni nel maggio del 2002, di LaPresse

05 Maggio 2019 - 11:18

È arrivato che era un 24enne con una gran chioma riccia, Pluto, ed è andato via tredici anni dopo, testa rasata e occhi pieni di lacrime per l'omaggio riservatogli da tutto lo Stadio Olimpico. In mezzo, 436 partite ufficiali con la maglia della Roma, una Coppa Italia, una Supercoppa e quello Scudetto tanto atteso e desiderato. Aldair non ha potuto festeggiarlo in campo a causa di un infortunio, ma c'è anche la sua firma in quella cavalcata indimenticabile. Basta rivedere i filmati nello spogliatoio giallorosso, quando il brasiliano fa il suo ingresso a torso nudo e in jeans neri. Il coro è immediato: «Aldaiiir, Aldair-Aldair-Aldair...», cantato da Totti, Batistuta, Delvecchio, Candela.

Arrivato nel 1990-91, ultima stagione della presidenza Viola, a Roma vive più di un decennio: due proprietà, sette allenatori e altrettanti presidenti del Consiglio italiano. All'inizio stenta un po', la saudade si fa sentire e l'ambientamento nel calcio italiano richiede tempo: parla poco, ma quella sarà una caratteristica che lo accompagnerà anche negli anni successivi; parla un italiano stentato, ma anche questa particolarità non è destinata a cambiare.

Se c'è una persona che merita la definizione di "leader silenzioso", quella è Aldair Nascimento do Santos, lo straniero che ha collezionato il maggior numero di partite con la maglia della Roma. L'ultima la gioca il 24 maggio 2003, all'Olimpico contro l'Atalanta, e il giro di campo che effettua a fine gara è scandito dagli applausi e dai cori dei suoi tifosi. Pochi giorni dopo, nello stesso stadio, va in scena l'Aldair Day: lui quasi si vergogna, non è fatto per stare al centro dell'attenzione.

Con il Grifone

La voglia di giocare a calcio, però, nonostante le 37 primavere è ancora più viva che mai: accetta la sfida propostagli dal Genoa, ricomincia dalla Serie B. Gioca soltanto 17 gare, ma si leva la soddisfazione di vestire la fascia di capitano che fu di leggende come Signorini, Onofri e Pruzzo. Segna anche un gol, in un 2-2 al "Franchi" contro la Fiorentina. È il 16 novembre 2003 ed è difficile dire quanti anni abbia, perché sulla sua data di nascita c'è un alone di mistero: 30 ottobre o 30 novembre? Tutta colpa dell'errore di un impiegato dell'anagrafe, anche se lo stesso brasiliano, pochi mesi fa, ha confermato di essere nato a fine ottobre.

Genova è la parentesi al termine di una carriera tinta quasi per intero di giallorosso: una carriera fatta di tackle eleganti e lanci degni di un regista, di silenzi e sorrisi imbarazzati. Come quando fallisce quel rigore contro il Piacenza: viene chiamato sul dischetto praticamente dalla Sud, Totti gli cede il pallone, lui calcia e Orlandoni para. L'intero Olimpico allora scandisce il suo nome ancora più forte: «Aldaiiir, Aldair-Aldair-Aldair...». Perché a volte, come Pluto stesso insegna con i suoi silenzi, le parole sono superflue.

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