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La partita

La Roma sbatte sui muri: 90 minuti di vano assedio e Chiffi nega un rigore solare

Basta un gol di Scalvini. Fa male perdere così: roba da non dormire per tutto il tempo che separa ogni romanista ora dalla sfida dopo la sosta con l’Inter a San Siro

Pellegrini protesta con Chiffi

Pellegrini protesta con Chiffi (GETTY IMAGES)

19 Settembre 2022 - 11:28

Fa male perdere una partita così, la più bella giocata quest’anno dalla Roma, forse la più dominata sull’Atalanta di Gasperini nella lunga storia dei confronti di questi anni in casa e in trasferta, di sicuro molto più controllata rispetto alle due partite vinte l’anno scorso. E invece alla fine è bastato un gol nel primo tempo di Scalvini per determinare adesso l’abisso di una classifica bugiardissima, con l’Atalanta al comando e la Roma addirittura sesta, che se fosse andata come doveva andare sarebbe stato il contrario. Roba da non dormire per tutto il tempo che separa ogni romanista ora dalla sfida dopo la sosta con l’Inter a San Siro. Il rammarico si poggia su tre motivi essenzialmente: perché Mou ha perso Dybala nel riscaldamento prepartita, perché una decina di palle gol (a due) non sono bastate per vincere la partita e perché l’arbitro ha guidato la gara a senso unico, spezzettando continuamente il gioco con fischi a volte ingiustificati, punendo sempre in ritardo i fallosissimi nerazzurri e non concedendo almeno uno dei tre rigori reclamati da Zaniolo. 

E non ci voleva certo il dato degli expected goal per capire come il risultato sia stato davvero ingeneroso nei confronti della Roma. La partita s’è snodata bella e combattuta come da rango delle squadre in campo, ma il gol dell’Atalanta, giunto all’improvviso al 35’ del primo tempo, ha rotto un equilibrio numerico che pareva già allora generoso nei confronti degli ospiti, tenaci nel solito controllo uno contro uno ma assai meno propositivi di quanto non si ricordasse con il pallone tra i piedi. Fino al gol era stata comunque la Roma a gestire il timone della gara, poi dopo il gol la reazione dei giallorossi è stata addirittura veemente, con quattro palle gol costruite nei cinque minuti finali del tempo, tutte vanificate dal soffio che le ha allontanate dal palo o dalla figura massiccia di Sportiello, eroe di giornata per caso, avendo dovuto sostituire a freddo il titolare Musso otto minuti dopo l’avvio delle ostilità: su un lancio in profondità Demiral si è buttato all’indietro per deviare il pallone proprio quando il suo collega con i guantoni si buttava in avanti per respingere di testa fuori area. Durissimo l’impatto, Musso ha avuto la peggio avendo sbattuto con la mandibola sulla testa del compagno ed è stato ricoverato al Gemelli. Auguri. Era il secondo protagonista a dover lasciare la scena. Il primo, Dybala, si era invece arreso ad un indolenzimento al flessore prima della partita: dentro Matic al fianco di Cristante, con Pellegrini confermato a trequarti con Zaniolo, alle spalle di Abraham.

Per un po’ si è trattato dello scontro tra due squadre di pari valore, col solito spirito ostruzionistico i bergamaschi, in inconsueta terza maglia azzurra, e con la baldanza, i romanisti, di chi sa quale sia la posta in palio: chi vince va primo in classifica alla prima sosta. Lo sapevano anche i 61335 tifosi accorsi a riempire ancora una volta lo stadio, magnifica prassi ormai: e l’effetto dello stadio fasciato da altrettanti stendardi giallorossi a colorare tutti i settori (tranne la Sud, giallorossissima di suo) all’inizio della gara è davvero da brividi. La Roma ha sentito l’atmosfera ed è partita a razzo, costringendo subito gli avversari ad abbassarsi. Solito 3421 per entrambe le contendenti, disegnato in non possesso dalle marcature per i nerazzurri (e quindi con De Roon, destinato su Zaniolo, a fare il terzo centrale e Scalvini rialzato a metà campo), e conseguentemente quasi a uomo pure per la Roma, con Smalling a portare a scuola per tutto il tempo il diciannovenne talento danese pescato da Percassi (complimenti) e messo da Gasperini al centro dell’attacco, con Pasalic e Ederson a cucire alle sue spalle, e una mediana completata da Hateboer, Koopmeiners e Maehle, mentre Toloi e Demiral erano i compagni di linea difensiva di De Roon. Col lutto per Dybala assente proprio nella partita in cui contava di più, la Roma si è sistemata presto comoda sul suo solito assetto. Atalanta ad ardori spenti, Roma assai più viva da subito. È clamoroso l’errore di Chiffi al 20’ quando una combinazione veloce tra Zaniolo e Abraham (velo e segui) è stata stroncata da De Roon che ha preso per la collottola Nicolò, con qualche romanista in protesta preventiva per chiedere un rosso un po’ pretenzioso (per il Dogso mancava sicuramente il requisito della distanza), e poi in assedio per l’incredibile decisione di non comminare neanche il giallo. Al 35’ l’unico spunto buono di Hojlund (niente di che: taglio verso la bandierina, palla ricevuta e controllata, girata e suggerimento a rimorchio) è diventato preziosissimo per Scalvini in arrivo a sostegno, con colpevole uscita ritardata di Cristante, e palla piazzata a baciare l’angolino alla sinistra di Rui Patricio. Da lì è stato un lungo e vano assalto romanista, già nel finale di frazione: al 40’ un altro clamoroso errore di Chiffi, con Zaniolo abilissimo a rubare il pallone a De Roon in area e l’atalantino a tirarlo giù per la maglia, ingenuo Nicolò a rialzarsi per tentare una sortita ormai vanificata, sordido l’arbitro a far proseguire. Furente Mourinho. Tra il 41’ e il 45’ altre tre occasioni: prima Pellegrini ha trovato Abraham oltre la linea difensiva, ma Tammy dopo l’ottimo controllo ha toccato la palla a scavalcare Sportiello mandandola però a un centimetro dal palo; poi si è trovato solo Ibañez l’azione successiva, ma stavolta ha sbattuto contro Sportiello. E infine ancora Abraham ha colpito il portiere da un metro su grandiosa ispirazione di Matic.

Ma non avevamo visto ancora niente: perché il secondo tempo è stato un lungo, a tratti commovente e inesausto assalto romanista alla porta bergamasca, con l’Atalanta schiacciata alla stregua di una provinciale di una volta, eppure sempre in grado clamorosamente di restare a galla fino alla fine, salvandosi soprattutto per la mira un po’ approssimativa dei romanisti (21 i tiri totali conteggiati dalla Lega, appena 5 nello specchio) e per le altre decisioni risibili di Chiffi. All’inizio Gasperini, fiutando l’aria, ha rinforzato la trincea inserendo l’altro trottolino muscoloso Okoli (vicentino di origini nigeriane, cresciuto nel florido vivaio nerazzurro) per francobollare Zaniolo, rialzando il più esperto De Roon a centrocampo, e Muriel per dar tregua al danesino bullizzato da Smalling. Fallosissimi i nerazzurri: saranno sette gli ammoniti, contro zero romanisti. Ma c’è l’espulsione di Mourinho da conteggiare (e salterà la bollente sfida da ex a San Siro con l’Inter), entrato in campo ad un certo punto per fermare Hateboer che facendosi beffe di Chiffi era partito da solo mentre l’arbitro spiegava i motivi di un’altra decisione controversa. Visto che non lo fermava nessuno il furbetto, Mou è entrato in campo a farlo lui: e inevitabile è arrivato il rosso, per un regolamento che si ferma più alla forma che alla sostanza. Ovviamente nessun provvedimento per l’olandese che oltretutto ha provocatoriamente fatto finta di tirare una pallonata al portoghese che a quel punto si è infuriato e hanno dovuto tenerlo in due per evitare confronti fisici ulteriori. Bel clima nervosetto, ovviamente determinato dalle incertezze di Chiffi che al 10’, un minuto prima del rosso a Mourinho, aveva giudicato più falloso un pantaloncino tirato da Zaniolo che la maglia strattonata da Okoli, con caduta grossolana in area dell’atalantino sul romanista. E al 14’ il duello rusticano si è ripetuto: stavolta Chiffi ha punito prima una strattonatina di Nicolò all’avversario, ignorando la successiva strattonatona di Okoli, che ha quasi denudato il romanista. Tre decisioni su Zaniolo, zero rigori, due falli contro.

Quanto alla partita, l’Atalanta ha sfiorato il 2-0 solo con un tentativo di autogol di Celik sanato da Abraham. Per il resto è stato, come dicevamo, un lungo monologo romanista, a un certo punto con Belotti al posto di Matic (3412), poi con Shomurodov al posto di Abraham e infine con Zalewski al posti di Mancini, in un finale all’arma bianca. Si potrebbero contare le palle gol: Ibanez di testa su corner, alto di pochissimo; Pellegrini in transizione sul portiere; destro di Abraham controllato ancora da Sportiello; sinistro a giro di Zaniolo alto di pochissimo; e le cristalline tre occasioni per Shomurodov nei minuti finali: prima un colpo di testa fuori misura su delizia di Zaniolo per Celik e cross perfetto sul secondo palo, a Sportiello battuto, poi con una percussione centrale calciata fuori di poco e infine con un’altra percussione perfettamente assistita da Zalewski, con decisione finale di non tirare e invece servire Belotti che avrebbe potuto spingere il pallone nella porta vuota, ma sulla traiettoria si è trovato un difensore e la partita è finita lì. Anzi no, perché sul corner Cristante è entrato come fa lui in anticipo sul primo palo, ma alto.

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