ASCOLTA LA RADIO RADIO  

Di Francesco, Porto-Roma è decisiva per il suo futuro

Il ko nel derby ha lasciato il segno e per la prima volta la dirigenza medita un cambio in panchina. Spunta l'ipotesi di un traghettatore, voci su Panucci

Eusebio Di Francesco, di LaPresse

Eusebio Di Francesco, di LaPresse

04 Marzo 2019 - 08:00

Se era chiaro a tutti che le sfide con la Lazio e il Porto avrebbero detto molto sulla stagione della Roma, una mezza risposta è già arrivata ed è stata la peggiore possibile. E pensare che uno 0-3 come quello subito nel derby lasci tutto inalterato sarebbe da ingenui. La botta c'è stata ed è stata pesante. Ma per il momento a prevalere a Trigoria è il buon senso e il calendario obbliga tutti a dare la massima priorità all'imminente sfida di Champions League, per il ritorno degli ottavi di finale con il Porto, che peraltro ha appena perso la testa della classifica del campionato portoghese dopo la sconfitta di sabato col Benfica e dunque non vive certo il momento più felice della stagione. Quel che è certo è che il risultato del do Dragao sarà decisivo per il futuro di Di Francesco: a giocarsi le residue chances di qualificazione è giusto che sia lui, che fino a qui c'è arrivato e che lo scorso anno ha raggiunto proprio in Champions il più importante risultato tecnico dai tempi dello scudetto (con quel che ha significato per la società in termini finanziari, sia per gli incassi diretti sia per i ricaschi commerciali), ma se l'avventura europea dovesse finire mercoledì notte, al 99% il tecnico verrebbe congedato, con un esborso economico peraltro non indifferente per la Roma, impegnata con lui fino al 2020 per un residuo che al lordo sfiora, tutto compreso, gli otto milioni di euro.

Il dopo Difra

Anche Monchi, insomma, si sarebbe convinto. Chi prendere eventualmente al posto dell'attuale tecnico è al momento una domanda senza risposta, anche se qualche intermediario si è già messo al lavoro. Più di una voce si è concentrata ieri su Christian Panucci, impegnato al momento con la nazionale albanese, ma pronto a liberarsi in caso di offerta giallorossa. Lui, come qualsiasi altro allenatore/traghettatore, accetterebbe anche solo di firmare un contratto di quattro mesi, ma con l'opzione di rinnovo automatico almeno di un altro anno in caso di raggiungimento dell'obiettivo del quarto posto. E questa al momento è una condizione che la società non è disposta a riconoscere. Né ci sono all'orizzonte le candidature giuste per un progetto pluriennale. Le scelte a marzo sono decisamente più limitate rispetto a quelle di giugno. Tanto per fare un nome non a caso, a giugno potrebbero verificarsi le condizioni per poter chiedere una disponibilità anche a Maurizio Sarri, oggi impegnatissimo nella rincorsa alla Champions del suo Chelsea. Il panorama ad oggi dei tecnici disponibili non riscontra il favore di nessuno a Trigoria o per inaccessibilità economica o per scarso appeal: si va da Paulo Sousa a Lopetegui, da Ranieri a Guidolin, da Zidane a Conte, da Mourinho a Wenger, da Blanc a Montella, che peraltro ha appena rifiutato una proposta di 1,3 milioni di euro per allenare la Nazionale iraniana.

Le riunioni

Ieri peraltro a Trigoria l'argomento non è stato neanche affrontato. Senza i dirigenti - presenti tutti al campo ma rimasti ben lontani dagli spogliatoi - la squadra si è ritrovata prima dell'allenamento per un duro faccia a faccia con l'allenatore, ormai stanco per la ripetitività con cui vede smontarsi ogni piano tattico studiato in allenamento. Né vuole respingere responsabilità che gli competono direttamente perché se un allievo sbaglia tanti esami la colpa è sicuramente anche del maestro che lo sta preparando. I dirigenti tutto questo lo sanno e mentre pianificano l'ennesimo repulisti dei giocatori a fine stagione per la squadra del futuro, si rammaricano intanto per quello che (non) vedono nelle partite di oggi. Ne hanno parlato a caldissimo ancora nella pancia dell'Olimpico, un po' per far sbollire la rabbia, un po' per evitare di farsi vedere in giro magari al tavolo di un ristorante. Così, sboccoccellando un tramezzino, il vicepresidente Baldissoni, il Ceo Fienga, il ds Monchi, Totti e Di Francesco hanno discusso dei problemi della squadra al bar degli spogliatoi dell'Olimpico. Poi Di Francesco è andato a sottoporsi al giro delle interviste e Totti ha lasciato lo stadio. E hanno continuato la discussione solo gli altri tre.

L'insofferenza dei giocatori

Uno degli argomenti su cui si sono soffermati con più attenzione riguarda le insofferenze (non solo tecniche) mostrate da qualche giocatore e riferibili al rapporto con l'allenatore ed è questo anche il motivo principale per cui se pure ad Oporto si rivedessero certi atteggiamenti diventerebbe inevitabile congedare Di Francesco, con buona pace di chi - Totti e Monchi su tutti - fino a oggi lo ha strenuamente difeso. Nessun altro provvedimento è stato ritenuto al momento opportuno assumere, men che meno il ritiro punitivo. Stamattina ci sarà una nuova seduta, poi ci si rivedrà domani per la rifinitura e la partenza per Oporto.

Il ruolo di Totti

L'ultima riflessione riguarda Totti e il suo ruolo di dirigente cuscinetto tra la direzione sportiva (Monchi), l'allenatore e la squadra. Disconoscere i suoi meriti, in una stagione difficile in cui non sono mancati i momenti concitati, può farlo solo chi non percepisce gli umori di Trigoria. Magari a qualcuno non è piaciuto il fatto che si sia preso quattro giorni di vacanza proprio nell'imminenza del derby (da lunedì a giovedì l'ex capitano è stato a sciare con amici e famiglia), ma era un impegno preso (e concordato con la società) da tempo e vi avrebbe sicuramente rinunciato in caso di mancati risultati. Ma il filotto di vittorie più recenti lo aveva rassicurato. E venerdì pomeriggio era comunque a Trigoria. Quel che è certo, è che se il rapporto tra la Roma e Di Francesco, e anche tra la squadra e l'allenatore, fino a oggi è rimasto così saldo, si deve essenzialmente al suo contributo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA